Nacque a Monterotondo il 13 settembre 1904,[1] figlio secondogenito di Bernardo Cecconi e Caterina D'Orazi.[2] Dopo aver completato le scuole elementari a Monterotondo, nel 1911 si trasferì ad Amelia per completare gli studi. Nel 1922 si iscrisse ai Fasci di Combattimento di Monterotondo, conseguendo poi il diploma presso l'Istituto Tecnico Industriale di Fermo nel corso del 1923.
Capocorso del corso Aquila in Accademia Aeronautica
Nello stesso anno si arruolò nella neo costituita Regia Aeronautica, venendo ammesso a frequentare la Regia Accademia Aeronautica[1] appena istituita nella sede iniziale di Livorno, che condivideva provvisoriamente la struttura con la preesistente Accademia Navale. Cecconi faceva parte del primo corso dell'Accademia, battezzato "Aquila", e poiché risultava il primo della graduatoria, nella sua veste di capocorso, il 28 marzo 1926 ricevette dall'allora comandante dell'accademia, colonnello Giuseppe Valle, la bandiera di istituto consegnata dal Re Vittorio Emanuele III. Nel 1926, al termine dei tre anni di corso, fu nominato sottotenente. Nel 1927 divenne pilota d'aeroplano conseguendo il brevetto su biplanoAnsaldo S.V.A., e nello stesso anno conseguì anche il brevetto di pilota militare su velivolo Ansaldo A.330/4.
Cecconi rimase ucciso il 19 marzo 1931 a causa dell'esplosione in volo dello S.64 Bis con il quale stava effettuando un normale volo di trasferimento da Cinisello Balsamo[3] a Montecelio. Comandante dell'aereo era il tenente colonnello Maddalena che era in procinto di iniziare una trasvolata da record.[1] Sull'aereo vi era anche il sottotenente motorista Giuseppe Da Monte.[3] Il corpo di Maddalena non venne mai rinvenuto, al contrario di quello dei due compagni di equipaggio.[3]
In ricordo della tragedia, in prossimità di dove avvenne l'incidente, sono intitolati i Bagni Maddalena ove si trova anche una colonna commemorativa (proveniente dalla demolizione della vecchia chiesa di San Lorenzo in Kinzica, una volta presente in Piazza Chiara Gambacorti a Pisa.
Dopo che la commissione di inchiesta appositamente istituita per indagare sulle cause del disastro venne in possesso di tutte le parti del velivolo recuperate,[4] e dei verbali dei testimoni[5] che assistettero all'incidente,[N 1] due furono ritenute le cause più probabili: la rottura della coda a causa di oscillazioni irregolari,[4] già verificatosi raramente nell'S.55 del quale l'S.64 manteneva la struttura a doppia trave di coda e l'esplosione provocata da un accumulo nella parte inferiore della cabina di pilotaggio di vapori infiammabili generati dalle esalazioni del combustibile.[4] Maddalena era un irriducibile fumatore e non riusciva ad astenersi dal consumare le sue sigarette neppure durante il volo. I danni erano compatibili con una detonazione per ignizione a causa dell'accensione di un fiammifero.
A Fausto Cecconi è intitolato lo stadio di Monterotondo, una scuola elementare e media nel quartiere romano di Centocelle e numerose vie, tra cui a Monterotondo, Mentana, Frascati, Capena, Uboldo, Massa d'Albe, Corato e Guidonia Montecelio.
Il portale web dell'Aeronautica Militare ha proposto una pagina, intitolata "I grandi aviatori", dove vengono citate le maggiori personalità storiche dell'aviazione italiana, ponendo Cecconi tra di esse.[6]
«Espressione purissima della rinnovata generazione Italica si elevò tra i primi nuovi piloti dell'Ala Fascista per la sua fede adamantina e per le nobilissime doti di mente e di cuore. Assertore convinto, entusiasta, indefettibile della necessità di - credere - obbedire - combattere - dedicò tulla la sua rigogliosa giovinezza alla sempre maggiore affermazione dell'Arma aerea sia nel campo dello studio che in quello dell'impiego più ardimentoso. Dopo aver fatto rifulgere le sue splendide doti di coraggio e valore e la sua eccezionale perizia di pilota nella prima crociera atlantica, conquistava all'Italia, in epico volo, i primati mondiali di durata e di distanza in circuito chiuso. Durante la preparazione di altro volo, che avrebbe dovuto dare all'Aeronautica nuove glorie nel campo internazionale, trovava morte gloriosa nel cielo della Patria. Esempio imperituro di alte virtù militari e civili e di ardimento spinto sino al sacrificio. Cielo di Mezzapiaggia, 19 marzo 1931.» — Regio Decreto 27 ottobre 1937.[7]
Luigi Mancini (a cura di), Grande Enciclopedia Aeronautica, Milano, Edizioni Aeronautica, 1936.
Annunziato Trotta, Testo delle motivazioni di concessioni delle Medaglie d'Oro al Valor Aeronautico, Roma, Ufficio Storico dell'Aeronautica Militare, 1978.
Periodici
Ovidio Ferrante, Tra cielo e mare, in Rivista Aeronautica, n. 1, Roma, Editore Ministero della Difesa, febbraio 2011, pp. 104-111.