Il nome di questo genere (Euphrasia) venne introdotto per la prima volta da Linneo nel 1735 ed è derivato da un vocabolo greco "εuφροσύνη" il cui significato è pressappoco "ilarità" oppure "diletto, gioia". Qualche altro testo fa riferimento a una delle "tre Grazie" (celebrate nell'opera più conosciuta di Antonio Canova), chiamata appunto "Eufrosine", figlia di Zeus.[2]
I dati morfologici si riferiscono soprattutto alle specie europee e in particolare a quelle spontanee italiane.
Le piante di questo genere sono definite "emiparassite": ossia vivono sulle radici di altre piante per prelevare acqua e sali minerali, mentre sono capaci di svolgere la funzione clorofilliana (al contrario delle piante "parassite assolute"). L'altezza di queste piante varia da pochi centimetri fin quasi a 50 cm. La forma biologica prevalente è terofita scaposa (T scap), ossia sono piante erbacee che differiscono dalle altre forme biologiche poiché, essendo annuali, superano la stagione avversa sotto forma di seme, sono inoltre munite di asse fiorale eretto con poche foglie. Altre specie hanno un ciclo biologico perenne. Le superfici delle piante possono essere sia pubescenti sia glabre.
I fusti sono eretti o eretto-prostrati e poco ramosi.
Foglie
Le foglie in maggioranza sono sessili e sono disposte in modo alternato nella parte basale, e in modo opposto nei pressi dell'infiorescenza (in questo caso sono delle brattee). In genere la dimensione delle foglie basali è minore di quelle verso l'infiorescenza. Il margine è sempre dentato (pochi denti per lato, più uno apicale). I denti possono essere acuti, aristati o più o meno lobati. La forma delle foglie è molto variabile: ovale, ellittica, lanceolata o lineare. La pagina inferiore è quasi sempre percorsa da grossolane nervature. Entrambe le pagine sono verdi, quindi svolgono la normale funzione clorofilliana.
Infiorescenza
L'infiorescenza è formata da fogliose spighe terminali di pochi fiori. Questi sono disposti in modo sessile all'ascella di brattee che in genere sono poco differenziate dalle foglie. Anche queste foglie-brattee sono dentate.
X, K (4), C (2+3), A 2+2, G (2) (supero), capsula[4]
Calice: il calice, gamosepalo a forma tubulosa-campanulata, ha quattro denti (tetramero) che sono divisi più profondamente nella parte mediana che in quella laterale.
Corolla: la corolla, pentamera (a cinque lobi), simpetala, è bilabiata; il labbro superiore ha una forma che ricorda un elmo con un orlo spesso rivolto all'indietro; il labbro inferiore è a tre lobi anch'essi con i bordi smarginati e a loro volta divisi in due lobi. La corolla è priva di sperone, sacco o gozzo. I due labbri formano un angolo più o meno retto.
Androceo: gli stami sono quattro didinami (due lunghi e due corti); sono inseriti nel tubo corollino, in particolare ascendono sotto il labbro superiore della corolla. Le antere sono conniventi e hanno una loggia portante un cornetto allungato. Le sacche polliniche hanno l'estremità inferiore a forma di freccia[5].
Il frutto è del tipo a capsuladeiscente. La forma è oblunga, cavato-compressa e contiene diversi piccoli semi striati. La capsula può essere cigliata oppure no.
Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
Dispersione: i semi cadendo a terra sono successivamente dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria).
Distribuzione e habitat
Il genereEuphrasia è distribuito in Europa, Asia settentrionale e Nord America; le sue specie preferiscono climi freddi e temperati delle regioni extratropicali. Comprende circa 170 - 350 specie di cui almeno 18 sono presenti nella flora spontanea italiana.
Delle 17 specie spontanee della flora italiana 13 (a parte le sottospecie) vivono sull'arco alpino. La tabella seguente mette in evidenza alcuni dati relativi all'habitat, al substrato e alla diffusione delle specie alpine[6].
Substrato con "Ca/Si" si intendono rocce di carattere intermedio (calcari silicei e simili); vengono prese in considerazione solo le zone alpine del territorio italiano (sono indicate le sigle delle province). Comunità vegetali: 3 = comunità delle fessure, delle rupi e dei ghiaioni; 9 = comunità a emicriptofite e camefite delle praterie rase magre secche; 10 = comunità delle praterie rase dei piani subalpino e alpino con dominanza di emicriptofite; 11 = comunità delle macro- e megaforbie terrestri; 12 = comunità delle lande di arbusti nani e torbiere; 14 = comunità forestali
Ambienti: B2 = ambienti ruderali, scarpate; B6 = tagli rasi forestali, schiarite, strade forestali; C2 = rupi, muri e ripari sotto roccia; C3 = ghiaioni, morene e pietraie; C4 = campi solcati; E1 = paludi e torbiere basse; F2 = praterie rase, prati e pascoli dal piano collinare al subalpino; F3 = prati e pascoli mesofili e igrofili; F4 = prati e praterie magre rase; F5 = praterie rase subalpine e alpine; F7 = margini erbacei dei boschi; G1 = lande e popolamenti a lavanda; I1 = boschi di conifere; I2 = boschi di latifoglie
Tassonomia
La famiglia di appartenenza della specie (Orobanchaceae) comprende soprattutto piante erbacee perenni e annuali semiparassite (ossia contengono ancora clorofilla a parte qualche genere completamente parassita) con uno o più austori connessi alle radici ospiti. È una famiglia abbastanza numerosa con circa 60 - 90 generi e oltre 1700 - 2000 specie (il numero dei generi e delle specie dipende dai vari metodi di classificazione[5][8]) distribuiti in tutti i continenti.
Famiglia: Orobanchaceae, definita dal botanico francese Étienne Pierre Ventenat (Limoges, 1º marzo 1757 – 13 agosto 1808) in una pubblicazione del 1799.
La circoscrizione del genere Euphrasia all'interno della tribù Rhinantheae è proposta anche in base agli ultimi studi filogenetici sul DNA.[11] In particolare secondo una recente ricerca di tipo filogenetico[12] la famiglia Orobanchaceae è composta da sei cladi principali nidificati uno all'interno dell'altro. Il genere Euphrasia si trova nel penultimo clade più interno (relativo alla tribù Rhinantheae) insieme ai generi Bartsia, Lathraea, Rhinanthus, Rhynchocorys, Parentucellia, Odontites, Tozzia e Melampyrum. Nella ricerca citata il genere Euphrasia risulta "gruppo fratello" dei generi Odontites, Parentucellia e di alcune specie del genere Bartsia. Sempre secondo questa ricerca il genere è monofiletico. Il cladogramma a lato, tratto dalla ricerca citata e semplificato, mostra la struttura filogenetica relativa ad alcune specie di Euphrasia.
La separazione tra questi due gruppi però non è ben definita in quanto esistono diversi ibridi.
Usi
Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.
Farmacia
Le proprietà farmacologiche di queste piante (derivate soprattutto dalla medicina popolare antica) sono tutte riconducibili a un'unica specie: Euphrasia rostkoviana chiamata comunemente "Eufrasia officinale". Il nome di Euphrasia officinalis dato inizialmente da Linneo sembra sia in realtà un nome collettivo di varie specie affini e poco distinguibili (attualmente è considerata una denominazione ambigua). In effetti la variabilità delle specie del genere Euphrasia è molto marcata creando non poche difficoltà ai vari botanici intenti a dividere tassonomicamente le varie specie. Per questa specie e quindi per tante altre specie simili dello stesso genere sono indicate fin dai tempi antichi le seguenti proprietà curative[15]: tonica (rafforza l'organismo in generale), digestiva, astringente (limita la secrezione dei liquidi), diuretiche (facilita il rilascio dell'urina) e vulneraria (guarisce le ferite). In particolare l'Euphrasia rostkoviana era considerata tonico-risolutiva e rafforzativa della memoria nonché oftalmica[2]. A questo proposito sembra che gli estratti di questa pianta possano alleviare le infiammazioni della congiuntivite e blefarite[15].
Un rapporto[16] dell'Agenzia Europea per i Medicinali classifica le proprietà astringenti e anti-infiammatorie dell'Euphrasia come solo ipotizzabili e la sua efficacia basata solo sulla tradizione. Per questo motivo, vista la mancanza di studi clinici, il suo utilizzo terapeutico in ambito oculistico viene sconsigliato.