Vasari spiegò nelle Vite i termini dell'allogazione delle Storie di san Filippo Benizi ad Andrea del Sarto da parte dei padri serviti, con l'interessamento in particolare del sagrestano fra' Mariano dal Canto delle Macine, il quale arrivò a minacciare l'artista di offrire il prestigioso incarico al Franciabigio e a un compenso molto più basso. Le fonti d'archivio non hanno restituito documenti esatti circa gli affreschi, ma solo sulla preparazione delle pareti per la stesura della pittura.
Shearman poi ritenne invece più probabile la datazione tradizionale.
La Devozione dei fiorentini alle reliquie di san Filippo è l'unico ad essere datato (1510), e di esso si conserva un disegno preparatorio al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi (n. 21707).
Descrizione e stile
«San Filippo è nella bara morto, et intorno è suoi frati lo piangono, aggiuntovi un putto morto anch'egli, che nel farli toccare la bara dove è San Filippo, risuscita», così Vasari descrisse questo affresco, che è ambientato in una grande scarsella di una chiesa, coperta da volta a botte e dalla fastosa decorazione all'antica. Un prete mostra le sacre reliquie a un gruppo di persone arrivate per venerarle, con dei bambini pronti a indossare le vesti del santo per ottenerne guarigione e benedizione.
Vi si possono cogliere molteplici spunti presi dal Ghirlandaio, come la citazione del nudo seduto sui gradini con la fiaschetta, presente anche nella Presentazione della Vergine al Tempio nella Cappella Tornabuoni.