Nonostante il nome, il termine è pressoché fuorviante, poiché Berlino era già diventata tecnicamente la capitale federale della Repubblica Federale Tedesca nel 1990 grazie ad una delle clausole del Trattato di Unificazione.[1]
Decisione ed attuazione
Contesto e voto parlamentare
Con la riunificazione della Germania, Berlino divenne nuovamente la capitale del paese, status che aveva già mantenuto dal 1871 al 1945.
Tuttavia, la sede del governo rimase comunque a Bonn, che era stata la capitale "provvisoria" della Germania Ovest dal 1949 al 1990. Difatti, vi era una certa opinione a favore del mantenimento della sede del governo nella cittadina (il che avrebbe creato una situazione analoga a quella dei Paesi Bassi, dove Amsterdam è la capitale ma L'Aia è la sede del governo), sia per quanto riguarda il timore del passato legame di Berlino con la Germania nazista e sia per la maggiore vicinanza di Bonn a Bruxelles, già sede delle sempre più importanti Comunità europee.
Oltre a ciò, in aggiunta, un altro fattore importante fu quello geografico: difatti, Bonn si trovava anche nella regione più ricca e densamente popolata della Germania, mentre gli ex stati della Germania dell'Est che circondavano Berlino erano economicamente depressi e relativamente poco popolati, cosa che non avrebbe avvantaggiato la capitale nel suo sviluppo e nella sua interconnessione col resto del paese.
Nonostante ciò, fu presto molto sentita transpartiticamente, e dunque introdotta, la proposta denominata "Completamento dell'unità della Germania", con l’obiettivo di stabilire la futura sede del governo a Berlino. Tra i proponenti vi erano importanti membri dell’SPD come Willy Brandt, Hans-Jochen Vogel e Wolfgang Thierse, ma anche membri dell’FDP come Burkhard Hirsch, Hermann Otto Solms, Rainer Ortleb, della CDU/CSU come Günther Krause, Wolfgang Schäuble e Oscar Schneider e dell’Alleanza 90 (il solo Wolfgang Ullmann).
Giunta in assemblea, dunque, dopo più di dieci ore di discussione, il Bundestag passò infine alla votazione: con 338 favorevoli e 320 contrari, il progetto fu approvato, con reazioni varie. A causa di un errore iniziale, tuttavia, il conteggio iniziale era compreso tra 337 e 320, ma il numero dei voti sì è stato successivamente determinato in 338.
Il voto si è sviluppato in gran parte lungo linee regionali, con i legislatori del sud e dell’ovest a favore di Bonn e i legislatori del nord e dell’est che hanno invece votato per Berlino[2][3]. Nello specifico, dei 328 deputati eletti direttamente, 169 hanno votato per Bonn e 153 per Berlino, mentre dei deputati eletti tramite le liste regionali, 185 erano per Berlino e 151 per Bonn. Il voto ha rotto, in questo senso, anche i confini generazionali: i legislatori più anziani, con ricordi della gloria passata di Berlino, la preferirono, mentre i legislatori più giovani, in ottica futura, preferirono Bonn.
Degno di nota, tuttavia, è che alla fine, i voti dei parlamentari dell’ex-Germania dell’Est hanno effettivamente fatto pendere la bilancia a favore di Berlino, dato che senza il loro contributo la votazione sarebbe potenzialmente potuta fallire.[4]
Come risultato di questa decisione, furono dunque approvate numerose mozioni successive a diversi livelli di governo per facilitare il trasferimento della capitale tedesca a Berlino.
Tuttavia, per garantire una "equa divisione del lavoro" tra le città, in seguito, si è anche deciso di trasferire i seguenti uffici governativi a Berlino, pur mantenendo un ufficio secondario e più piccolo a Bonn:
Successivamente, fu anche approvata la famosa Legge Berlino-Bonn nel 1994. Originariamente, essa prevedeva che il trasferimento dei ministeri federali a Berlino sarebbe stato avviato per il 1995, ma questa scadenza non fu alla fine rispettata, portando così il governo a determinare che il trasferimento avrebbe dovuto essere completato entro il 2000, con un budget non superiore a 20 miliardi di DM (10,2 miliardi di euro).
Durante questo periodo furono prese altre decisioni fondamentali, tra cui:
Andreas Salz: Bonn-Berlin. Die Debatte um Parlaments-und Regierungssitz im Deutschen Bundestag und die Folgen. Monsenstein e Vannerdat, Münster 2006, ISBN 3-86582-342-4 (zugleich: Bonn, Univ., Magisterarbeit).