Castelbarco è un'antica famiglia nobile, di cui si hanno notizie fin dalla prima metà del XII secolo, che legò il suo nome alla Vallagarina, dominata dalla dinastia per alcuni secoli, salvo poi insediarsi nel territorio milanese.
Storia
Origini medievali: i Da Castelbarco
Le origini della famiglia Castelbarco non sono certe. La provenienza boema fu smentita da Giuseppe Gerola con ricerche svolte tra il 1901 e il 1910 e le prime notizie di una certa fondatezza risalirebbero al 1172 quando ad ArcoAldrighetto di Castelbarco avrebbe ucciso il vescovo di TrentoAdelpreto II.[1] Questo fatto tuttavia non è unanimemente riconosciuto, e nella ricostruzione degli eventi è intervenuto anche lo studioso roveretano Girolamo Tartarotti. Il vescovo potrebbe quindi essere morto a Rovereto nel 1177. I Castelbarco probabilmente furono una famiglia di milites maiores inizialmente feudatari dei vescovi di Trento e, a partire dal XII secolo, iniziarono a manifestare una sempre maggiore autonomia. Il nome della stirpe deriverebbe dal manieroCastel Barco presso Chiusole.
L'erede di Aldrighetto, Briano Castelbarco rafforzò le basi politico-militari della dinastia durante gli anni di crisi del vescovado trentino con Corrado di Beseno. Briano riuscì ad impossessarsi del castello di Avio e di castel Lizzana, garantendo l'insediamento della casata in Vallagarina. Il successore Azzone Castelbarco trasformò il sito di Avio, fino ad allora un castello-recinto con mastio, in un grande castello residenziale. Soppresso provvisoriamente il principato vescovile di Trento per volontà dell'imperatoreFederico II di Svevia nel 1236, Azzone si alleò con il vicario imperiale Ezzelino III da Romano, iniziando ad allargare il suo potere nell'area vicina alla fortezza di Avio.
Guglielmo Castelbarco morì senza eredi diretti nel 1320, le sue fortune vennero così spartite tra i nipoti. Aldrighetto Castelbarco divenne signore di Lizzana, Rovereto (fu forse lui ad avviare la costruzione del castello cittadino), Pietra e Beseno. Ampliò poi i suoi domini acquistando (1324) le proprietà dei signori di Gardumo in Val di Gresta. Con la generazione dei nipoti di Aldrighetto originò una frammentazione dei domini familiari. Dai figli di Federico Castelbarco, figlio di Aldrighetto, originarono le linee dei Castelbarco di Gresta e dei Castelbarco di Albano e Nomesino.
Al volgere dell'età medievale, la schiatta dei Castelbarco continua a sfornare condottieri: tale Azzone Castelbarco figura tra gli allievi del grande maestro di scrima (scherma tradizionale italiana) Fiore dei Liberi (1350-1420). Da un punto di vista politico, i Castelbarco sono ormai più impegnati a difendere i loro domini dagli appetiti delle potenze che si contendono le terre gravitanti intorno all'arco alpino orientale, la Repubblica di Venezia e gli Asburgo, che a tentare di costituire un principato autonomo. Alla pari dei conti Lodron, cui spesso si imparentarono, i Castelbarco dovettero barcamenarsi tra la Serenissima e i conti del Tirolo per tutto il XV secolo. Nel 1405, Venezia estendeva infatti il suo protettorato sulla Val Lagarina e nel 1411 Azzone Castelbarco, signore di Avio, Ala, Brentonico e parte di Mori, lasciò in eredità i suoi feudi alla Serenissima: da questo lascito ebbero origine i "Quattro Vicariati" della Val Lagarina.
Rinascimento: i Castelbarco tra Venezia e gli Asburgo
Nel 1441 Venezia conquistò e demolì i castelli castrobarcensi di Lizzana, Albano e Nomesino, che non vennero più ricostruiti; le giurisdizioni, equivalenti alla porzione orientale della Val di Gresta e Mori, passarono sotto la Serenissima. Nel febbraio del 1456 i due fratelli Giorgio e Pietro Lodron, sobillati da Giorgio Hack, vescovo di Trento, occuparono quattro castelli di Giovanni Castelbarco: il Castello di Castelnuovo di Noarna, il Castello di Castellano, Castel Corno e il Castello di Nomi. Castelnuovo e Castellano passarono sotto l'egida dei Lodron e nacque così il Feudo di Castellano-Castelnuovo, mentre Castel Corno e Nomi andarono al principe-vescovo.
Nel 1497 Antonio Castelbarco, già alleato dei veneziani, risolse di schierarsi al fianco degli Asburgo e accettò l'investitura da Massimiliano I d'Asburgo, conte del Tirolo. Nel 1508, mentre la Lega di Cambrai voluta dall'Asburgo combatteva i veneziani, la popolazione della Val di Gresta scacciò le truppe della Serenissima ma fu solo a seguito della Battaglia di Agnadello (14 maggio 1509) che la Vallagarina e il basso Trentino si liberarono dei veneti passando sotto il dominio austriaco. I Castelbarco di Gresta, unico ramo sopravvissuto dell'antica famiglia, rimasero padroni delle giurisdizioni tirolesi di Castelbarco e Gresta: quest'ultima comprendeva i paesi di Ronzo, Chienis, Varano, Pannone e Valle; Mori era uno dei "Quattro Vicariati", con Ala, Avio e Brentonico, la cui giurisdizione era vescovile.
Seicento: crisi e rinascita del casato
Nella seconda metà del XVII secolo, la storia dei Castelbarco subì un radicale mutamento. Nel 1652 il feudo avito di Castelbarco passò ai Lodron. Nel 1654, mancando eredi maschi al principe-vescovo Carlo Emanuele Madruzzo di Trento, l'imperatore Ferdinando III si dimostrò favorevole a riconoscere gli antichi diritti dei Castelbarco sulla Val Lagarina. Nel 1663, i "Quattro Vicariati" vennero resi ai conti Carlo, Francesco (1620-1695) e Giovanni Battista Castelbarco, figli del conte Scipione Castelbarco. Sede dinastiale divenne il Palazzo Castelbarco di Loppio. Giovanni Battista Castelbarco (1657-1713) sposò Clarice Rangoni, ma non ebbe figli. Nel 1699 fu ambasciatore plenipotenziario dell'imperatore Carlo VI in Italia e successivamente fu il primo governatore del ducato di Mantova dopo il suo ritorno all'impero.
Il fratello Sigismondo Carlo Castelbarco (1661-1708) divenne principe-vescovo di Chiemsee.
Il terzo fratello Scipione Giuseppe Castelbarco (1665-1731), sposò Costanza Visconti nel 1696. Essa era figlia ed erede di Cesare Visconti, marchese di Cislago, conte di Gallarate e grande di Spagna, ultimo del ramo dei Visconti di Cislago. Il matrimonio aumentò considerevolmente la ricchezza di Giuseppe Scipione, che ereditò il marchesato di Cislago, la contea di Gallarate (che comprendeva Gallarate, Ferno, Samarate, Cassina Verghera, Bolladello, Solbiate sopra l'Arno, Peveranza, Arnate, Cedrate, Santo Stefano e Cardano) a cui era unito il Grandato di Spagna di Prima Classe, le consignorie di Somma, Crenna ed Agnadello, e il feudo di Quinzano con Montonate, Villa in parte, San Pancrazio, Vizzola, Cimbro e Cuvirone per metà, sempre nel territorio di Varese. Giuseppe Scipione fu consigliere dell'imperatore Carlo VI e suo ambasciatore al Duca di Savoia. La ricchezza e il potere dei Castelbarco al volgere del Seicento viene ben testimoniata dal loro possesso di quattro strumenti realizzati dal maestro liutaioStradivari: tre violini (1685, 1699 e 1714, quest'ultimo tramutato in una viola dal liutaio Jean-Baptiste Vuillaume[3]) e un violoncello datato 1697.
Bisognoso di alleanze in una Milano da poco passata sotto il dominio austriaco (v. Trattato di Utrecht), Scipione Giuseppe risolse di legarsi ai Simonetta, famiglia nobile oriunda della Calabria insediatasi da tre secoli nel territorio milanese con ottimi agganci politici. Teresa Castelbarco (1704-1768), figlia di Scipione e Costanza Visconti, venne data in sposa ad Antonio Simonetta (1693-1759), ciambellano degli Asburgo in Milano, e sposò poi in seconde nozze, morganaticamente, Francesco III d'Este, Duca di Modena e Reggio e feudatario di Varese vita natural durante. Carlo Francesco Ercole Castelbarco (…-1734), fratello di Teresa, ottenne dall'imperatore Carlo VI investitura dei feudi viscontei materni, divenendo marchese di Cislago (1716), e proseguì nella scelta paterna di alleanza con i Simonetta. Fu ufficiale nell'esercito di Eugenio di Savoia al servizio di Carlo VI. Nominato colonnello nel 1731 divenne aiutante generale del maresciallo de Mercy, morendo però nella battaglia della Crocetta presso Parma nel 1734. Il 2 giugno 1749, Cesare Ercole Castelbarco (1730-1755), figlio di Carlo Francesco Ercole, sposò la cugina Francesca Simonetta (1731-1796), nata dal matrimonio Castelbarco-Simonetta, sancendo l'unione dei due casati. Il matrimonio fruttò ai Castelbarco anche il possesso della Villa Contessa, grossa proprietà dei Simonetta nel territorio di Vaprio d'Adda tenuto in locazione dalla chiesa di Milano.
Ottocento: i Castelbarco-Albani
All'epoca del conte Cesare Pompeo Castelbarco (1782-1860), figlio di Carlo Ercole Castelbarco (1750-1814) del fu Cesare Ercole e di Maria Litta Visconti Arese (1761 - 1815), i Castelbarco vivevano ormai gran parte dell'anno a Milano o nelle loro vaste proprietà in Lombardia (oltre alla Villa Contessa entrarono anche in possesso di un vasto stabile ad Imbersago e della villa-castello dei Visconti di Cislago). Le giurisdizioni feudali trentine venivano gestite da capitani e vicari, mentre le proprietà familiari erano affidate ad amministratori.
Il 15 giugno 1831 il conte Carlo Castelbarco (1808-1880), figlio di Cesare Pompeo, sposò Antonia Litta Albani (1814-1855), ottenendone in dote Villa Albani a Roma e il diritto al doppio cognome Castelbarco-Albani per gli eredi a seguito dell'infeudazione (1848-1858) di Montignano Albani[4]. I Castelbarco Albani ottennero il titolo principesco nel 1848, riconosciuto sia in Italia che in Austria.
Novecento: i Castelbarco-Pindemonte-Rezzonico
Emanuele Castelbarco Visconti Simonetta (poeta, pittore, organizzatore culturale e mecenate), marito di Ercolina Erba (nipote ex fratre di Carlo Erba), con R.D. 29/02/1912, aggiunse il cognome della madre, Maria Luigia Pindemonte Rezzonico, dando vita al ramo Castelbarco Pindemonte Rezzonico.
Gian Luigi Falabrino, Storia della famiglia Castelbarco, Milano, Viennepierre, 2008.
Elisabetta Castelbarco, I Castelbarco ed il Trentino, Mori, 2004.
R. Colbacchini, Il Trentino fra Trecento e Quattrocento, in Le vie del Gotico, Trento, 2002.
Claudio Tartari, La storia di Vaprio d'Adda : v. 3. (1536-1796), Vaprio d'Adda, 1998.
Enrico Castelnuovo, Gian Maria Varanini; Renato Bazzoni; Francesca d'Arcais; Serenella Castri, Castellum Ava. Il castello di Avio e la sua decorazione pittorica, Trento, Temi editrice, 1987.
A. Less, Gardumo Val di Gresta, Mori, 1981.
Luigina Chiusole, Castelli lagarini alla destra dell’Adige, Trento, 1980.
Silvino Pilati, I Castelbarco signori di Gresta, in San Marco, a. IV (1912), pp. 81–104.
Renato Bazzoni, Il castello di Sabbionara d’Avio, Sesto San Giovanni, 1900.
Giovan Battista di Crollalanza, Dizionario storico blasonico delle famiglie nobili o notabili italiane estinte e fiorenti, vol.1, A.Forni, 1886, SBNRAV0179678.