Nel medioevo la menzione più antica di luoghi usati come carceri spetta alle Burellæ, i sotterranei con volte dell'anfiteatro romano e del teatro, che rimasero visibili per buona parte del medioevo. In seguito vennero usate a tale scopo alcune torri, riadattate o costruite appositamente per questo scopo, come la torre della Pagliazza. Altri luoghi di incarceramento si trovavano nei sotterranei del Palazzo del Capitano, ovvero il Bargello.
Le prigioni erano appaltate a privati e i detenuti erano tenuti a pagare una libbra al giorno per ogni giorno di carcere a copertura delle spese: così i più facoltosi potevano anche ottenere un trattamento migliore dietro il pagamento di una cifra adeguata. I non abbienti ricevevano un trattamento durissimo, legato per lo più alle elemosine altrui, che vedeva l'unica speranza nelle periodiche amnistie, per un numero molto limitato di dannati, in occasione di particolari celebrazioni o feste religiose. Da questa usanza restavano comunque esclusi i colpevoli di gravi reati, come l'omicidio, e i detenuti politici.
In questo carcere si tennero soprattutto i prigionieri di guerra e i colpevoli di reati politici. La prigione ospitò buona parte dei nemici politici del tiranno Gualtieri VI di Brienne e fu presa d'assalto dai fiorentini insorti alla sua cacciata. Per ricordare l'evento fu affidato all'Orcagna un affresco, la Cacciata del Duca d'Atene, dove sant'Anna riconsegna ai fiorentini le bandiere delle Arti, mentre un angelo caccia dalla città il dispotico Gualtieri. L'affresco, già nel cortile del carcere, è stato staccato e oggi è nel museo di Palazzo Vecchio.
Sul lato sud erano addossati alla struttura i lavatoi pubblici, costruiti attorno al 1428, e oggi ricordati da via dei Lavatoi.
Le Stinche furono alienate nel 1833, e sul suolo ricavato dalla loro parziale demolizione furono eretti una sala per spettacoli equestri e una sala per la Società Filarmonica Fiorentina, la quale lo trasformò in un teatro, detto "di Pagliano", oggi teatro Verdi.
Dopo la chiusura del carcere delle Stinche, la zona penitenziaria si spostò di alcuni isolati più a est, nel complesso delle Murate.
Descrizione
Le Stinche erano una costruzione quadra, recintata da un muraglione altissimo, ben diciotto metri, continuo e privo di aperture, nonché circondato da un fossato: per questa caratteristica ebbero il nome di "Isola delle Stinche". Esse avevano per unico ingresso una porticina con sopra scritto Oportet misereri (occorre compatire, alludendo a come il mantenimento dei detenuti fosse basato sulla carità dei privati, non sul denaro pubblico) e il popolo la chiamava la "Porta della miseria".
Lungo via Ghibellina passavano i tristi cortei dei condannati che andavano verso il luogo delle esecuzioni capitali, presso la torre della Zecca. Per dare conforto ai malcapitati lungo tutto il percorso furono eretti una serie di grandi tabernacoli, come il Tabernacolo delle Stinche, dipinto da Giovanni da San Giovanni (1616, risistemato nell'Ottocento dall'architetto Luigi Cambray-Digny).
Buonomini delle Stinche
Oltre i Buonomini di San Martino altri si muovevano a carità verso i carcerati delle Stinche, da ricordare i Buonomini delle Stinche, una sotto-compagnia della Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio. La Compagnia, oltre la famosa sotto-compagnia dei Battuti Neri eleggeva a sorteggio quattro Capitani, appunto i Buonomini delle Stinche che si occupavano di gestire l'opera pia presso il Carcere delle Stinche, cioè fornire assistenza spirituale e materiale ai prigionieri.
All'epoca i carcerati vivevano di privazioni e stenti e solo chi poteva permettersi di pagare otteneva un trattamento migliore. La Confraternita cercava di alleviare queste sofferenze prestando la sua opera all'interno delle carceri e per far questo i congregati si occupavano di amministrare le donazioni e i lasciti che venivano usati per vitto e cure dei prigionieri. Assunsero tanta autorità per i loro meriti che fu concesso loro di poter liberare dalla prigionia chi era detenuto per debito con la promessa di vigilare se i debiti stessi venissero ripagati assumendo quindi un ruolo di garanti (A pag 17). Nel 1428 la Repubblica Fiorentina autorizzò la Compagnia ad assumere del personale che i Buonomini delle Stinche potessero usare per essere aiutati nella loro opera pia; furono assunti un medico, un cappellano, un custode ed un barbiere (A pag. 13/14). Questa opera svolta con solerzia rese la Compagnia benvoluta dalla gente tanto da farle ricevere delle sovvenzioni pubbliche pari a 112 fiorini d'oro all'anno oltre alle donazioni e lasciti dei fiorentini.
Fruttuoso Becchi, Sulle Stinche di Firenze e su' nuovi edifizi eretti in quel luogo, Firenze 1839;
Della Compagnia di S. Maria della Croce al Tempio, Lezione recitata il 27 gennaio 1861 alla Società Colombaria Gio. Battista Uccelli, Firenze, Tipografia Calasanziana 1861.