Canonici regolari della Congregazione del Santissimo Salvatore lateranense
I canonici regolari del Santissimo Salvatore lateranense (in latinoCongregatio Sanctissimi Salvatoris lateranensis) sono un istituto religioso maschile di diritto pontificio: i canonici regolari di questo ordine, detti semplicemente canonici lateranensi (anticamente rocchettini), pospongono al loro nome la siglaC.R.L.[1]
Storia
La storia della congregazione del Santissimo Salvatore lateranense può essere suddivisa in tre fasi: la prima, che vide la nascita di un priorato di canonici regolari per la cura della basilica lateranense (XII secolo); la seconda, in cui sorse e si diffuse la congregazione (XV secolo); e la terza, iniziata nel 1823 con la fusione con la congregazione renana.
La cura della parrocchia della basilica nel 1106 venne affidata da papa Pasquale II direttamente ai canonici di San Frediano, ma papa Anastasio IV nel 1153 restituì l'indipendenza al priorato lateranense.[5]
La congregazione lateranense
Nel 1299papa Bonifacio VIII diede la basilica a una comunità di canonici secolari. Intanto, a causa dello scisma d'Occidente, la vita canonicale ebbe un periodo di rilassamento disciplinare: ciò spinse Leone Gherardini e Taddeo da Bagnasco, canonici dell'abbazia di San Pietro in Ciel d'Oro di Pavia, ad abbandonare la loro comunità per fondarne una riformata in Santa Maria di Frigionaia, presso Lucca, nell'attuale frazione di Maggiano, dove venne ristabilita la perfetta osservanza della regola di sant'Agostino. La riforma venne abbracciata da numerose comunità canonicali che papa Martino V, il 30 giugno 1421, decise di riunire in una congregazione.[6]
Intanto molte prestigiose comunità canonicali si erano unite alla congregazione del Santissimo Salvatore lateranense: i canonici di Santa Croce di Mortara (1449), quelli di Santa Maria di Piedigrotta (1453), quelli di Sant'Andrea a Vercelli (1472), quelli di San Frediano di Lucca (1517). Papa Gregorio XII abolì anche l'obbligo della stabilità per i canonici che, potendo trasferirsi facilmente, contribuirono a un'ulteriore diffusione della riforma.[7]
Dopo il grande sviluppo del XVI secolo, nel XVII secolo la congregazione conobbe una fase di declino (pur continuando a contare oltre 60 case e 1300 membri), che nel XVIII secolo divenne crisi: verso la metà del secolo i governi di Toscana, Veneto e Piemonte ottennero dai pontefici dei brevi di soppressione per le case dell'ordine presenti nel loro territorio e ne incamerarono i beni; tutte le altre scomparvero sotto Napoleone. Solo la comunità di Santa Maria di Piedigrotta a Napoli sopravvisse.[8]
La restaurazione della congregazione
La restaurazione della congregazione avvenne a opera di Vincenzo Garofali, arcivescovo titolare di Laodicea, con il sostegno del cardinale Bartolomeo Pacca: nel 1823 unì gli elementi superstiti della congregazione di Santa Maria in Reno ai canonici di Santa Maria di Piedigrotta dando un nuovo inizio alla congregazione del Santissimo Salvatore lateranense, di cui Garofali venne eletto abate generale.[8]
La prepositura polacca di Corpus Christi a Cracovia si unì alla congregazione nel 1892: da essa sorsero numerose filiali, che consentirono l'erezione di una provincia polacca dell'ordine. A opera dei canonici belgi, sorse anche una casa in Congo.[10]
La struttura organizzativa
La congregazione è a regime centralizzato, sottoposta a un unico abate generale risiedente a Roma (presso la basilica di San Pietro in Vincoli). La congregazione è divisa in province, che sono però delle semplici circoscrizioni geografiche con fini amministrativi.[11]
I canonici si dedicano all'apostolato pastorale nelle parrocchie e nelle missioni e all'istruzione e all'educazione cristiana della gioventù; alla congregazione fanno capo anche le pie unioni delle Figlie di Maria diffuse in tutto il mondo, con sede centrale in Sant'Agnese fuori le Mura. Le loro case sono dette monasteri o canoniche.[11]
Il loro abito consiste in una veste talare bianca con un rocchetto (donde il nome "rocchettini", con il quale venivano popolarmente indicati) di lino bianco che scende fino a un palmo sotto il ginocchio; la cappa, alla quale è unito un piccolo cappuccio, è nera, aperta sul davanti dal petto in giù.[13]