«Messer Biagio da Cesena maestro delle cerimonie e persona scrupolosa, che era in cappella col Papa, dimandato quel che gliene paressi, disse essere cosa disonestissima in un luogo tanto onorato avervi fatto tanti ignudi che sì disonestamente mostrano le lor vergogne, e che non era opera da cappella di papa, ma da stufe e d’osterie. Dispiacendo questo a Michelagnolo e volendosi vendicare, subito che fu partito lo ritrasse di naturale senza averlo altrimenti innanzi, nello inferno nella figura di Minòs con una gran serpe avvolta alle gambe fra un monte di diavoli.»
(Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, 1568)
Giorgio Vasari nel suo Le Vite riporta questo celebre episodio relativo alla biografia di Michelangelo. Papa Paolo III, vedendo l'affresco del Giudizio Universale ormai quasi concluso, chiese al suo cerimoniere che cosa ne pensasse. L'opinione di Biagio da Cesena fu estremamente critica, sostenendo che i nudi raffigurati erano inadatti per un luogo sacro come la Cappella Sistina e l'opera sarebbe stata forse più appropriata in bagni pubblici o taverne.
Michelangelo, profondamente risentito, si vendicò inserendo il maestro di cerimonie in una scena del Giudizio. Lo si trova nella parte in basso a destra, quella dedicata alle anime dannate, nelle vesti del giudice infernaleMinosse, con le orecchie d'asino, a simbolo di somma stupidità, e con il corpo nudo cinto da un serpente che passando da dietro sotto l'inguine gli morde il membro virile.
Biagio da Cesena protestò della cosa con il Papa, ma questi liquidò la faccenda e l'affresco rimase immutato:
«Né bastò il raccomandarsi di Messer Biagio al Papa et a Michelagnolo che lo levassi, che pure ve lo lassò per quella memoria, dove ancor si vede.»
(Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, 1568)