L'edificio è stato costruito nel 1913 dall'ingegnere Aristide Leonori per volere di papa Pio X, come solenne celebrazione del XVI centenario dell'Editto di Milano (313). Fu lo stesso pontefice a sostenere le spese di costruzione, ed il luogo scelto fu quello in cui, secondo la tradizione, l'imperatore Costantino I fece suonare le trombe per annunciare alla città la fine delle ostilità contro i cristiani. I lavori di costruzione iniziarono il 17 ottobre 1912, e la chiesa venne inaugurata il 29 dicembre dell'anno successivo. Essa fu però consacrata solo nel 1918 da monsignor Giuseppe Pallica, arcivescovo di Filippi. Nel frattempo, il 19 marzo 1914, fu elevata a parrocchia con la costituzione apostolica di Pio X "Quod iam pridem"[1] ed affidata ai preti Stimmatini. Nel 1964, Paolo VI l'ha elevata al rango di basilica minore. Infine, la basilica è sede del titolo cardinalizio di “Santa Croce in Via Flaminia”, istituito da papa Paolo VI il 5 febbraio 1965.
Tra gli arredi della chiesa è conservata una riproduzione moderna, riccamente ornata con ricami e gioie, dell'antico Labaro Costantiniano, l'insegna militare sulla quale Costantino fece porre il Segno della Croce in seguito alla famosa visione (In hoc signo vinces)[2].
Illustri nella storia parrocchiale sono stati il P. Emilio Recchia, parroco dal 1934 al 1965, e il P. Cornelio Fabro, insigne filosofo.
La facciata della chiesa riprende lo stile basilicale romanico. Essa è preceduta da un portico con sei colonne di granito con capitelliionici. Nella trabeazione è inserito un fregio fatto a mosaico con un'iscrizione che ricorda il XVI centenario dell'editto di Milano: "An. Chr. MCMXIII Pius X P.M. in memor. pacis a Constantino eccl. datae Cruci SS. DD. ab edicto a. MDC". Nella facciata è posto un mosaico, opera di Biagio Biagetti, con la raffigurazione di tre scene: al centro il Trionfo della croce, ai lati l'Editto di Milano e la Vittoria di Costantino a Ponte Milvio. A fianco della chiesa è la torre campanaria a sei piani, fortemente ispirata a quella della basilica di Santa Maria in Cosmedin risalente al XII secolo[3], ai piedi della quale è posta una statua marmorea raffigurante la Madonna orante, ex voto a ricordo dello scampato pericolo di un bombardamento della zona nell'agosto 1943. Il campanile ospita un concerto di sei campane in La♭3 inceppate alla veronese, l'unica chiesa a Roma a possedere un concerto di tale fattura.
L'abside della navata centrale è illuminata da cinque finestre, tre delle quali con vetrate artistiche, opera di Giuseppe Moroni, raffiguranti l'Invenzione della croce da parte di sant'Elena, il Redentore davanti alla croce e l'Imperatore Eraclio che reca sulle spalle la croce. L'altare maggiore, posto sotto un alto ciborio di ispirazione paleocristiana[4], è affiancato da una croce in bronzo dorato ove sono inserite le reliquie. L'affresco del catino absidale, opera del Moroni, rappresenta il Giudizio universale. Nel loggiato dell'abside si trova l'organo a canne della ditta Balbiani-Vegezzi Bossi (1928), dotato di 12 registri su due manuali e pedale.