L'erezione della diocesi si deve all'iniziativa del re Ladislao II Jagellone, che inviò missionari per l'evangelizzazione della Lituania nel 1387 e inviò Dobrogost, arcivescovo di Poznań come ambasciatore presso il papa Urbano VI con una petizione per l'erezione di una sede episcopale a Vilnius e per la nomina di Andrzej Wasilko (già vescovo di Siret e confessore della regina Elisabetta d'Ungheria). Per accondiscere alle richieste del re, papa Urbano VI, con la lettera apostolicaRomanus Pontifex, incaricò Dobrogost, vescovo di Poznań, di costituire una diocesi a Vilnius, di erigere la cattedrale e di consacrare Andrzej Wasilko come primo vescovo diocesano.[3] Fu autorizzata anche l'istituzione di un capitolo di dieci canonici. Sotto l'episcopato di Wasilko, furono costruite le chiese di san Giovanni, che divenne la parrocchiale della città, di san Martino e sant'Anna (rispettivamente nei castelli superiore e inferiore).
Alla morte di Wasilko nel 1398, gli succedette un francescano, Jakub Plichta (1398-1407), durante il cui episcopato la cattedrale di Vilnius fu distrutta da un incendio. Fra i suoi successori furono: Piotr Krakowczyk di Kustynia (1414-1421), che fu investito da papa Martino V di pieni poteri per convertire gli ortodossi di Lituania alla Chiesa cattolica; Matthias di Trakai (1421-1453), lituano, che inviò propri rappresentanti al Concilio di Basilea e si servì l'Inquisizione per combattere gli Ussiti, fondò molte chiese e difese strenuamente i diritti e i privilegi dei lituani.
Con Jan Łosowicz (1467-1481) molti ruteni furono convertiti al cattolicesimo e i francescani bernardini si stabilirono a Vilnius. Albert Tabor, lituano, invitò i domenicani a Vilnius e affidò loro la chiesa dello Spirito Santo; Albert Radziwiłł (1508-1519) morì in odore di santità; a Giovanni di Lituania (1519-1537) succedette il principe Paweł Holszański (1534-1555) restaurò la cattedrale in stile gotico; Walerian Protasewicz Suszkowski (1556-1580) dovette combattere per il celibato ecclesiastico e per l'uso del latino come lingua liturgica; introdusse a Vilnius i gesuiti, fra i quali vi era Piotr Skarga.
I vescovi di Vilnius, presiedendo una vasta diocesi e godendo della carica temporale di senatori di Lituania, non potevano dedicare tutta la loro attenzione alle necessità spirituali del loro gregge; per ovviare al problema, dal XV secolo si avvalsero di vescovi coadiutori o ausiliari. Molti di questi, particolarmente nel XVI e XVII secolo, erano vescovi titolari di Methone (nel Peloponneso). Fra i più celebri si può menzionare Jurgis Kazimieras Ancuta (1723-1737), autore dell'opera "Jus plenum religionis catholicae in regno Poloniae", che mostrava che protestanti e ortodossi non avevano gli stessi diritti dei cattolici. A partire dal XVII secolo erano anche ausiliari per la Bielorussia
L'epoca della Riforma
Il principe vescovo Jerzy Radziwiłł (1579-1591) diede impulso all'Università di Vilnius, fondò il seminario diocesano, e lo pose sotto la direzione dei gesuiti, introdusse i decreti del Concilio di Trento, e dopo essere stato creato cardinale, fu trasferito alla diocesi di Cracovia nel 1591. Il capitolo di conseguenza incaricò dell'amministrazione della diocesi il vescovo ausiliare, Ciprian. Alla sua morte nel 1594, il clero si divise in fazioni per la scelta del successore, fino a che Sigismondo III nominò Benedykt Wojna (1600-1615), che s'impegnò efficacemente per la canonizzazione del re san Casimiro, ad onore del quale nel 1604 fu posata la prima pietra di una chiesa a Vilnius. Ebbero successo i suoi sforzi per avere san Casimiro come santo patrono della Lituania. Il suo successore, Eustachy Wollowicz (1616-1630), fondò ospedali, invitò i Canonici regolari lateranensi a Vilnius, e combatté energicamente i protestanti e gli ortodossi. Abraham Wojna (1631-1649) introdusse i Fatebenefratelli e si oppose strenuamente al Calvinismo. Jerzy Tyszkiewicz (1650-1656) annesse tutta la Curlandia alla diocesi. Aleksander Sapieha (1666-1671) eresse la chiesa dei santi Pietro e Paolo a Vilnius, prendendo a modello la Basilica di San Pietro. La diocesi comprendeva a quel tempo 25 decanati con 410 chiese. Konstanty Kazimierz Brzostowski (1687-1722) introdusse a Vilnius gli scolopi e incoraggiò lo sviluppo degli ordini religiosi. Durante l'episcopato di Mikołaj Jan Zenkowicz (1730-1762), sorsero conflitti fra i gesuiti e gli scolopi, che risultarono nella chiusura delle scuole degli scolopi. Il principe Ignacy Jakub Massalski (1762-1794) promosse la riforma del clero e devolvette il suo immenso patrimonio alle chiese della diocesi facendo anche ricostruire a sue spese la cattedrale di Vilnius nelle forme attuali. Fu attento anche alla cultura e all'educazione essendo a capo dal 1773 al 1776 della commissione per l'educazione nazionale[4], istituì circa trecento scuole parrocchiali e trasformò l'ex collegio dei gesuiti di Vilnius in una vera università. La sua visione politica conservatrice considerata filorussa provocò l'odio dei seguaci di Tadeusz Kościuszko, che si concretizzò nel 1794, quando una folla ostile assaltò il suo Palazzo e lo fece impiccare.[5]
La fiorente vita religiosa nella diocesi di Vilnius è attestata dal grande numero di sinodi che vi si tennero. Il primo ebbe luogo nel 1502, convocato dal vescovo Tabor. Fecero seguito i sinodi del 1526; del 1528, per raccogliere fondi per il restauro della cattedrale; del 1555, per opporsi alla diffusione del luteranesimo; del 1582; del 1607, che emanò molti regolamenti per l'amministrazione dei sacramenti e la disciplina del clero; del 1630, per regolare l'amministrazione dei beni ecclesiastici; del 1654, per soccorrere lo stato con nuove imposte; del 1669 con i suoi regolamenti disciplinari; del 1685, con ordinanze relative all'amministrazione dei sacramenti e alla vita del clero; del 1744, con regolamenti riguardo al catechismo, ai matrimoni misti e agli esercizi spirituali. Dopo il sinodo del 1744, non ne furono tenuti altri, ma i vescovi indirizzeranno al clero lettere pastorali, di cui alcune notevoli per importanza.
Sotto il dominio dell'Impero russo
Dopo l'annessione della Lituania all'Impero russo nel 1795, la diocesi di Vilnius non godé più di libertà di relazioni con la Santa Sede, tuttavia gran parte del clero cattolico accolse favorevolmente il governo russo dopo che il vescovo di Vilnius principe Massalski era stato assassinato dai rivoluzionari di Kościuszko nel 1794.[5] Nel 1795 il capitolo nominò David Pilchowski vicario in spiritualibus. La diocesi di Inflanty, il cui vescovo[6] era stato anch'esso assassinato dai rivoluzionari nel 1794, fu accorpata a Vilnius e Jan Nepomucen Kossakowski (1798-1808) fu nominato vescovo. Fece molto per la prosperità del seminario[7]. Alla sua morte il capitolo fu coinvolto in un conflitto con il metropolita cattolico di Mogilёv (oggi Mahilëŭ), residente a San Pietroburgo, Siestrzencewicz (già vescovo ausiliare a Vilnius), che in base alla legislazione russa e all'interpretazione di un breve pontificio del 1783 impose al di sopra del capitolo, come amministratore della diocesi, Hieronim Strojonowski (1808-1814), poi confermato dal papa, quindi vescovo di Vilnius, dopo la cui morte assunse il governo della diocesi attribuendosi il titolo di primate di Lituania. Nel 1798 la diocesi, fino ad allora suffraganea di Gniezno, era entrata a far parte della provincia ecclesiastica dell'arcidiocesi di Mahileŭ, perdendo contemporaneamente una parte del suo territorio per l'erezione della diocesi di Minsk.
Nel 1827, dopo la morte di Siestrzencewicz, il vicario capitolare, Milucki, amministrò la diocesi per un breve periodo. Nel 1828 Andreas Klagiewicz fu nominato amministratore; fu inviato nell'interno della Russia durante l'Insurrezione del 1831, ritornò nel 1832, fu eletto vescovo di Vilnius nel 1839 e prese possesso della sede il 28 giugno 1841. Morì lo stesso anno, dopo aver assistito alla rovina della Chiesa greco-cattolica nella sua diocesi (nel 1839 il sinodo della provincia ecclesiastica greco-cattolica di Polack aveva annullato l'Unione di Brest chiedendo di far parte della Chiesa ortodossa russa) e alla repressione del Cattolicesimo di rito bizantino. Il capitolo elesse allora Jan Cywiński come vicario, che ebbe il dolore di veder chiusa l'Università di Vilnius, il clero e le chiese della diocesi completamente spogliate delle loro proprietà. Morì il 17 novembre 1846. Nel 1848 gli succedette Wacław Żyliński, che fu trasferito alla sede metropolitana di Mahilëŭ nel 1856, ma continuò a governare la diocesi fino al 1858.
Adam Stanisław Krasiński fu espulso dalla diocesi in conseguenza dell'Insurrezione del 1863, ciononostante continuò a governare la diocesi fino al 1883, quando si rifugiò a Cracovia. Il suo successore, Karol Hrynieweki, fu esiliato a Jaroslavl' dopo due anni di episcopato, e nel 1890 rinunciò alla cattedra vescovile e si ritirò in Galizia. Durante il suo esilio governò la diocesi come vicario patriarcale Ludwik Feliks Zdanowicz. Nel 1889 fu eletto vescovo Antanas Pranciškus Audzevičius, canonico di San Pietroburgo e dotto teologo. Morì nel 1895; la diocesi allora fu governata da Ludwik Feliks Zdanowicz, vescovo titolare di Dionisiade. Nel 1897 gli successe il canonico Steponas Aleksandras Žvėravičius, e fu trasferito nel 1902 alla sede di Sandomierz. Prese il suo posto il barone Eduard von der Ropp, che si dedicò ad organizzare il movimento cattolico nella diocesi, incorrendo per questo nell'ostilità del governo russo. Esiliato a Pskov il vescovo Ropp, la diocesi fu affidata a Kazimieras Mikalojus Michalkevičius come amministratore apostolico.
L'antica diocesi di Livonia, soppressa nel 1797, era stata incorporata nella diocesi di Vilnius, ma nel 1848 parte di questo territorio (quello dell'ex diocesi di Curlandia) fu annesso alla diocesi di Samogizia (oggi arcidiocesi di Kaunas). Il 16 marzo 1799, in forza della bolla Saepe factum est di papa Pio VI, Vilnius cedette 90 parrocchie a vantaggio dell'erezione della diocesi di Wigry (oggi diocesi di Łomża).
XX secolo
Dopo la prima guerra mondiale, la diocesi si trovò divisa fra due stati: la maggior parte del territorio, con la sede episcopale, era entro i confini della restaurata nazione polacca, mentre una porzione si venne a trovare in Lituania. Negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra furono intavolate trattative per la riorganizzazione delle diocesi in quella parte dell'Europa, in base al principio che i confini diocesani dovevano coincidere con quelli politici.[8]
L'anno successivo, il 4 aprile 1926, in forza della bollaLituanorum gente di papa Pio XI, cedette la parte dell'antico territorio che si trovava in Lituania, costituito di 5 decanati e 62 parrocchie, a vantaggio dell'erezione della diocesi di Kaišiadorys.[8]
Nel 1938 l'arcidiocesi comprendeva 30 decanati e 448 parrocchie per circa un milione e mezzo di fedeli.[8]
Durante gli anni dell'occupazione sovietica i cattolici soffrirono la feroce persecuzione del potere statale. L'arcivescovo coadiutore Mečislovas Reinys fu incarcerato e morì in prigione nel 1953. Molti dei suoi parenti furono incarcerati e durante gli interrogatori gli offrirono la liberazione in cambio della sottomissione a Mosca, senza risultato. La curia arcivescovile fu trasferita nella parte della diocesi in territorio polacco, a Białystok, e la circoscrizione, governata da vicari, fu costretta ad utilizzare il nome di "arcidiocesi di Białystok", poiché era proibito definirla di Vilnius. Il successore dell'arcivescovo Jałbrzykowski (morto nel 1955), Julijonas Steponavičius (amministratore apostolico dal 1957 al 1989 poi arcivescovo) nel 1961 fu deportato fuori dai confini dell'arcidiocesi. Trascorse 28 anni da deportato. Più di venti sacerdoti furono imprigionati. La vita della Chiesa subì pesanti restrizioni: furono proibiti l'insegnamento della Bibbia nelle scuole, il catechismo dei bambini, la pubblicazione di periodici e libri religiosi, il culto pubblico. Tutti i monasteri vennero chiusi, la maggior parte dei beni della Chiesa furono confiscati e ventitré chiese furono chiuse, compresa la cattedrale di Vilnius, trasformata in pinacoteca.
Nel 1991 i territori dell'arcidiocesi che si trovavano all'estero furono ceduti a nuove diocesi: il 13 aprile i territori bielorussi furono ceduti alla nuova diocesi di Hrodna e il 5 giugno i territori polacchi alla nuova diocesi di Białystok, che l'anno successivo è stata elevata ad arcidiocesi metropolitana.
Cronotassi dei vescovi
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
^La commissione per l'educazione fu inizialmente creata per decidere cosa fare delle scuole dei gesuiti, soppressi nel 1773 da papa Clemente XIV, divenne poi il primo ministero del genere in Europa.
^abSaulius Sužiedėlis, Historical Dictionary of Lithuania, Scarecrow Press 2011, p. 185.
^Jozef Kossakowski era dal 1791 anche coadiutore della diocesi di Vilnius. Konrad Eubel, Hierarchia Catholica, VI vol., p. 435. Da non confondere con il cugino Jan Kossakowski, che gli succedette come vescovo di Inflanty e divenne nel 1798 vescovo di Vilnius.
^Con un decreto di Alessandro I di Russia del 18 luglio 1803 il seminario di Vilnius fu dichiarato seminario centrale dell'Impero con obbligo per il futuro "alto clero" cattolico russo (vescovi, canonici, giudici ecclesiastici) di studiarvi e prendervi la laurea in teologia o diritto. Per il suo mantenimento veniva stabilita una dotazione annua di 180.000 rubli a carico dell'erario imperiale. Giuseppe Pelczar, Pio IX e il suo pontificato sullo sfondo delle vicende della Chiesa nel secolo XIX, vol. I, Torino, 1909, p. 235. Il seminario di Vilnius rimase il centro principale di studi per il clero cattolico fino all'erezione dell'Accademia teologica cattolica di San Pietroburgo nel 1831, posta sotto la direzione diretta dell'arcivescovo Ignacy Ludwik Pawłowski.
^Dall'11 agosto 1673 amministratore apostolico. Cfr. Eubel, vol. 5, p. 416.
^Era già amministratore della diocesi di Vilnius dal 1808.
^Dal 1815 al 1826 l'arcivescovo di Mogilёv Siestrzeńcewicz ne fu l'amministratore, dal 1828 al 1840 lo fu Andrej Kłągiewicz, poi nominato vescovo di Vilnius.
^Il 19 giugno 1891 fu nominato arcivescovo titolare di Perge.
(LA) Konrad Eubel, Hierarchia Catholica Medii Aevi, vol. 1, p. 529; vol. 2, p. 269; vol. 3, p. 334; vol. 4, pp. 369–370; vol. 5, p. 416; vol. 6, pp. 442–443; vol. 7, p. 397; vol. 8, pp. 591–592