Nel 1929 Angelo Biancini s'iscrisse all'Istituto d'Arte di Firenze ed ebbe come maestro Libero Andreotti che raccomandava sempre ai suoi allievi di confrontarsi sempre con la natura e di non perdersi in inutili virtuosismi formali.
Biancini trovò uno studio in un ex convento e lì si dedicò prima alla maiolica, quindi alla modellatura in creta e alla scultura. Nel 1934, con la Lupa vinse la sezione scultura ai Littoriali dell'arte che si tennero a Roma ed eseguì un ritratto di donna - ora alla Pinacoteca comunale di Faenza - identificabile nella stessa persona ritratta l'anno dopo, nel bronzo Donna romagnola. La giovane era sua moglie Dina, i cui tratti idealizzati si ritrovano anche nella Preghiera e nella Fede del 1937, e nella Vittoria Alata del monumento ai Caduti di Lavezzola, del 1936.
Gaetano Ballardini lo aiutò a trasferirsi a Laveno dove, dal 1937 al 1940, Biancini collaborò con Guido Andlovitz, direttore artistico dell'azienda, formando i ceramisti ed eseguendo sculture in ceramica per rilanciare il nome della Società Ceramica Italiana, che nel 1940 vinse il Gran Premio per le Ceramiche artistiche, alla Triennale di Milano.[1]
Nel 1942 Biancini insegnò all'Istituto d'Arte per la Ceramica di Faenza e nel dopoguerra subentrò a Domenico Rambelli, nella cattedra di Plastica, che manterrà fino all'età della pensione. Accanto all'attività didattica, Biancini continuava quella artistica. Nel 1943, a una personale, organizzata nell'ambito della IV Quadriennale Romana, ottenne il premio "Nazionale". Nel 1946 ricevette il Premio "Faenza" con Annunciazione, un grande pannello in ceramica, smaltato da Anselmo Bucci. Otterrà identico riconoscimento nel 1957, con il bassorilievo Gesù tra i dottori.
Nel dopoguerra Biancini è stato presente alla grande mostra della Scultura italiana, organizzata dalla Galleria "La Spiga" di Milano nel 1946; nel 1948 la Galleria "Cairola" gli ha organizzato una personale, presso la Galleria dell'Illustrazione Italiana a Milano, con 36 opere tra gessi, ceramiche, bronzi. Ricevette le lodi del critico d'arte Leonardo Borgese. Seguì la personale del 1956, alla Galleria "San Fedele", dove Biancini presentò cinquanta sculture.
Nel 1960 fece dodici bassorilievi rappresentanti i mesi dell'anno divisi nelle quattro stagioni sulla parete esterna della palestra del Liceo Scientifico Luigi di Savoia ad Ancona.
Al palazzo delle Esposizioni di Milano Biancini vinse il Bagutta per la scultura, nel 1961; nello stesso anno è stato premiato per il bronzo San Giovanni nel deserto, alla Mostra internazionale di arte sacra di Trieste, premio che vinse nuovamente, nel 1963, con Il Pastore Sacro.
Si fece notare a Padova, alla Mostra Internazionale del bronzetto, nel 1963. Tra le sue opere monumentaliː i rilievi per la nuova Basilica di Nazareth del 1959, il baldacchino del Tempio dei Martiri Canadesi a Roma del 1961 e le sculture per l'Ospedale Maggiore di Milano del 1964.
A Monopoli, nel 1978, su incarico del Vescovo Antonio D'Erchia, eseguì nella rinascimentale chiesa di San Domenico la decorazione dell'altare dei Santi Medici.
Nel 1980 il Comune di Faenza gli conferì la medaglia d'oro, la cittadinanza onoraria e allestì una grande antologica, dove furono esposte centocinquanta sue sculture. In quella stessa occasione egli donò alla città di Faenza tre sue opere scultorie: un San Tomaso d'Aquino, un ritratto di Alfredo Oriani, e un busto del pittore Roberto Sella.
Dopo la morte dell'artista, la città di Faenza gli ha dedicato nel 1988 un'altra antologica, con sculture e con ceramiche.
Nel 1995, a seguito di una mostra inaugurata il 9 ottobre 1994 a Castel Bolognese, fu allestito il Museo all'aperto Angelo Biancini (MaAB) che arricchisce tutt'oggi la città natale dell'artista con un ideale percorso dell'evoluzione artistica di Biancini dagli inizi degli anni '30 fino alla morte.
^«Ascendenze "primitive" (l'arte alto medioevale soprattutto, ma anche la sensibilità decisamente cubo-futurista nel sommuovere personaggi e dettagli figurativi) si riscontrano in modo più accentuato nel romagnolo Angelo Biancini (Castel Bolognese, 1911), uno dei più estrosi e affascinanti "narratori in ceramica" del nostro tempo [...] la cui "grafia" bizantineggiante e il gusto decorativo della materia (intesa anche come colore) approdano a risultati di vera e propria scultura ed a una espressività a metà tra la favola e la più schietta e anche burbera umanità.» Fallani, p. 88.
^Antonello Nave, Virgilio Milani e la scultura del Novecento nel Polesine, Rovigo, Minelliana, 2004, pp. 205-207
Bibliografia
Giovanni Fallani, Valerio Mariani, Giorgio Mascherpa, Collezione vaticana d'arte religiosa moderna, Milano, Silvana Editoriale d'arte, 1974, pp. 88, ill. 11 e 301-309, SBNSBL0571031.
Vittorio Sgarbi (a cura di), Scultura italiana del primo Novecento, Bologna, Grafis Edizioni, 1993, pp. 46-47, SBNCFI0264302.