Lasciò Siviglia nel 1638 e, segnalato da Velázquez, venne chiamato alla corte di Madrid, dove fu attivo nella decorazione pittorica delle fabbriche reali.
La sua maniera pittorica risentì fortemente, oltre che del classicismo del maestro Pacheco, anche dell'opera dei venetiTiziano Vecellio e Paolo Veronese, di cui vide i lavori nella capitale spagnola, che ebbe anche modo di restaurare dopo l'incendio del 1640. In una sua seconda fase pittorica, spinto dal gusto naturalistico del
Velázquez affrontò temi sacri impreziositi da elementi terreni. La sua produzione tarda rivelò un ritorno al primitivo plasticismo.[1]
Accusato, nel 1644, di aver ucciso la propria moglie, si rifugiò a Valencia e si fece frate.[1]
Dopo aver ottenuto la protezione di Filippo IV, rientrò a Madrid e assunse l'incarico di sopraintendente della cattedrale di Granada.
Progettò l'arco di trionfo per celebrare l'ingresso a Madrid di Maria Anna d'Austria, moglie di Filippo IV, e dal 1650 fu architetto della cattedrale di Toledo.
Come architetto introdusse in Spagna lo stile esuberante di derivazione portoghese denominato churrigueresco e diversamente da molti suoi contemporanei, non seguì ciecamente i dettami del Barocco, ma rispettò, in molti casi, gli schemi rinascimentali italiani.
Più originale fu la sua attività di scultore, soprattutto di opere lignee policrome destinate alla devozione. Venne influenzato inizialmente dall'italianeggiante Juan Martinez Montañés ed in un secondo tempo dal Bernini
Nel 1652, grazie a Filippo IV, ottenne la nomina a canonico della cattedrale di Granada, la sua città natale, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita: morì tra il 3 e il 5 ottobre del 1667.