Con il decreto Venerabilis Abbatia Sublacensis della Congregazione per i vescovi, il territorio è stato limitato ai soli monasteri di Santa Scolastica e di San Benedetto (o Sacro Speco) e alle proprietà benedettine sul monte Taleo e nell'altura di Collelungo.
All'interno del monastero di Santa Scolastica si trova la cattedrale omonima, che è anche l'unica parrocchia dell'abbazia territoriale.
Fondamentale per la conoscenza della storia del monastero e delle varie esenzioni e privilegi di cui fu dotata è il Regesto sublacense. Dopo la distruzione ad opera dei Saraceni, il monastero dei santi Benedetto e Scolastica (oggi Santa Scolastica) fu ricostruito e ottenne da papa Leone VII le prime proprietà e soprattutto, il 29 maggio 939, l'esenzione dalla giurisdizione episcopale.[2] Un'ulteriore concessione fu data dall'imperatore Ottone I l'11 gennaio 967, in base alla quale l'abbazia sublacense ottenne l'immunitas su una serie di terre e castelli di sua proprietà, diventando così uno stato autonomo nel contesto del Sacro romano impero; l'autonomia temporale perdurò fino al 1753.[3]
«Un altro documento importante del Regesto è il privilegio di Giovanni XVIII (1004-1009) del 21 luglio 1005, con cui venivano confermati i possedimenti e i diritti dell'abbazia ed erano sottratti ai poteri d'ordine del vescovo diocesano non solo il monastero, ma anche le chiese rurali. Quindi si può parlare di abbazia nullius[4] solo per il monastero e le chiese incorporate a esso. Il privilegio venne confermato anche da Leone IX (1049-1054) nel 1051.»[5]
L'XI e il XII secolo è l'età d'oro del monastero di Subiaco, governato da «figure di abati di grande rilievo»[5], tra cui Pietro II (992-1003), venerato come santo, Umberto (1051-1060), che costruì la prima cappella del "Sacro Speco", e Giovanni VII (1068-1120), che il Chronicon sublacense chiama gloriosissimus abbas.
Nella seconda metà del XIV secolo l'abbazia entrò in crisi, sempre più alla mercé dei casati e delle famiglie più potenti dell'epoca, turbata anche dallo scisma che divideva allora la Chiesa cattolica. Papa Urbano VI nel 1388 depose l'abate Francesco da Padova e nominò al suo posto Tommaso da Celano, documentato per la prima volta come abate di Subiaco il 15 dicembre 1389. Con questa decisione, il papa tolse ai monaci la libertà di scegliere il proprio abate, e dette inizio alla serie degli abati curiali, nominati cioè dalla Santa Sede. Scrive Egidi, che «la riforma di Urbano VI fu suggerita assai probabilmente dal bisogno che sentiva il papa di avere l'abbazia più sicura e meno facile a prestare orecchio ai suoi nemici… Tra i monaci e l'abate scelto dalla curia spesso non v'era legame di comune religione monastica, sempre v'era naturale contrasto d'interessi. L'abate curiale in fondo non è che un ufficiale pontificio e assai spesso un favorito, un membro di una potente famiglia; governa per conto e in favore della Corte romana, riscuotendo le decime e i censi, ma non trascura, spesso anzi l'ha in cima dei suoi pensieri, il proprio interesse, e fa fruttare più lautamente che gli è possibile la carica che occupa.»[6]
Qualche decennio dopo, anche l'abbazia di Subiaco, come molte altre istituzioni ecclesiastiche dell'epoca, fu concessa in commendam ai cardinali di Curia. Quando i monasteri sublacensi furono annessi alla Congregazione cassinese (1514), si venne a creare una duplice gerarchia: da una parte i cardinali abati commendatari, che esercitavano la giurisdizione temporale e spirituale sui territori e le chiese che dipendevano dal governo abbaziale; dall'altra gli abati claustrali[7], eletti dal capitolo della Congregazione cassinese, che avevano la sola funzione di amministrare la vita religiosa interna ai due monasteri di Subiaco.[8] Il primo abate commendatario è stato Juan de Torquemada, che entrò in carica il 16 gennaio 1456: durante il suo governo l'abbazia fu dotata nel 1465 di una tipografia, la prima in Italia.
Rodrigo Borgia, futuro papa Alessandro VI e abate commendatario dal 1471 alla sua elezione al soglio pontificio, portò a termine i restauri della rocca di Subiaco, iniziata dai suoi predecessori, che divenne da questo momento la dimora abituale dei commendatari nei periodi in cui soggiornavano a Subiaco. Dopo Rodrigo Borgia, la commenda abbaziale passò alla famiglia dei Colonna, che la mantenne per oltre un secolo, fino al 1608.
Secolari furono i contrasti con i vescovi di Tivoli per la giurisdizione spirituale sulle parrocchie contese fra le due istituzioni. La questione fu risolta nel XVII secolo quando divennero abati commendatari i Barberini, che attraverso una serie di "transazioni" con i vescovi limitrofi definirono una volta per sempre il territorio di competenza dell'abbazia nullius sublacense. Nel 1638 una prima transazione, quella con il vescovo di Tivoli Giulio Roma, pose fine alla giurisdizione del vescovo tiburtino su Subiaco e altri castelli del territorio; questa transazione fu approvata da papa Urbano VIII, pure lui della famiglia Barberini, con la bollaSacrosanctae militantis ecclesiae del 15 novembre. L'anno successivo altre due transazioni con i vescovi di Palestrina e di Anagni portarono sotto la giurisdizione spirituale degli abati commendatari sublacensi i territori di Ponza (oggi Arcinazzo Romano) Affile, Roiate, Civitella (oggi Bellegra), Jenne e Trevi; anche queste transazioni furono approvate da Urbano VIII.
Queste decisioni costituirono in via definitiva la diocesi abbaziale di Subiaco. Ai commendatari spettò il compito di creare una organizzazione diocesana con le proprie strutture, con una propria curia e con un proprio archivio separato e distinto da quello del monastero. Questi conservano gli atti di numerose visite pastorali compiute dai commendatari; la prima è quella fatta nel 1640 da Emilio Bonaventura Altieri, vescovo di Camerino e futuro papa Clemente X, su incarico del cardinale Antonio Barberini.[9] Nella bolla Sacrosanctae militantis ecclesiae Urbano VIII ingiunse al commendatario Antonio Barberini la celebrazione di un sinodo diocesano, che tuttavia non celebrò. Il primo sinodo venne indetto nel mese di giugno del 1674 nel monastero di Santa Scolastica dal commendatario Carlo Barberini, abbatiae sublacensis abbatem, et perpetuum commendatarium, eiusque Dioeceseos Ordinarium.[10]
Con la nascita di una vera e propria diocesi, i commendatari utilizzarono sempre più spesso la collegiata di Sant'Andrea, nel centro di Subiaco, come cattedrale "de facto", entrando così in contrasto con i monaci, che rivendicavano per la loro chiesa abbaziale di Santa Scolastica il privilegio della cattedralità. La chiesa di Sant'Andrea subì notevoli restauri e rifacimenti con il cardinale Giovanni Angelo Braschi, che mantenne il titolo di abate commendatario anche quando, il 15 febbraio 1775, venne eletto papa con il nome di Pio VI. A lui si deve anche l'istituzione del seminario diocesano nell'edificio adiacente a Sant'Andrea, che dotò con una ricca biblioteca di oltre 5.000 volumi, che costituiscono oggi il fondo più importante della biblioteca monastica.[11]
Papa Pio X è stato l'ultimo abate commendatario. Infatti, con la costituzione apostolicaCoenobium Sublacense del 21 marzo 1915, papa Benedetto XV soppresse dopo quattro secoli la commenda e il titolo di "abate commendatario"; in un primo momento, la diocesi abbaziale fu affidata in amministrazione apostolica all'abate generale sublacense Mauro Serafini, fino alla nomina del primo abate ordinario nel 1917 nella persona di Simone Lorenzo Salvi, già abate claustrale dal 1909.
Negli anni Trenta del XX secolo l'abate Salvi trasferì il seminario diocesano dall'antica sede presso la concattedrale di Sant'Andrea all'interno del monastero di Santa Scolastica.[11]
^Egidi, I monasteri di Subiaco, I. Notizie storiche, p. 141.
^Dal 1516 al 1909 furono circa 140 gli abati claustrali che ressero il governo delle due abbazie sublacensi. Lugano, L'Italia benedettina, pp. 147-151.
^Filippo Caraffa, Visite pastorali nel Lazio meridionale dal concilio di Trento al secolo XIX, in Quaderni dell'Associazione Archivistica Ecclesiastica, anno XXII-XXIII (1979-1980), pp. 258-259.
^Jannuccelli, Memorie di Subiaco e sua badia, pp. 282-283.
^Informazione contenuta nella bolla Coenobium Sublacense di Benedetto XV del 1915.
^Egidi, I monasteri di Subiaco, I. Notizie storiche, pp. 207-216.
^Egidi, I monasteri di Subiaco, I. Notizie storiche, pp. 216-217.
^Egidi, I monasteri di Subiaco, I. Notizie storiche, pp. 217-218; Jannuccelli, Memorie di Subiaco e sua badia, pp. 225-360; Lugano, L'Italia benedettina, pp. 147-151. Il testo di Lugano riporta anche l'elenco di quasi 140 abati claustrali dal 1516 al 1909.
^Il titolo di "abate ordinario" è quello utilizzato dalla Santa Sede nelle nomine pubblicate sugli Acta Apostolicae Sedis.
^Gli abati Teuzone e Benedetto sono menzionati nel Sacramentario ma senza riscontri nel Regesto sublacense. Secondo Egidi (p. 209) sarebbero stati abati in epoca imprecisata tra il 984 e l'elezione di Giovanni VII nel 1068.