Studiò giurisprudenza all'università di Padova, pur dedicandosi nel frattempo alla poesia. Giovanissimo, cantò il matrimonio di Isabella Minucci e, alla sua prematura scomparsa, ne compose l'elogio. Poco dopo stese un poemetto pastorale, La metamorfosi della Brenta e del Bacchiglione, pubblicato a Ferrara nel 1612; notevole fu, in questo caso, l'influenza di Torquato Tasso.
Intrapresa la carriera ecclesiastica, fu vicario generale della diocesi di Treviso essendo vescovi Vincenzo Giustiniani e Silvestro Morosini. In seguito venne costretto a lasciare la Repubblica di Venezia e a trasferirsi a Roma per dei contrasti che lo opposero al foro secolare. Di questa vicenda non si sa altro, certamente va inquadrata nell'ambito dei difficili rapporti tra lo Stato Pontificio e Venezia (erano gli anni dell'interdetto e di Paolo Sarpi).
Fu vicario a Tuscolo, Porto, Ostia e, infine, a Velletri; qui rinnovò l'accademia locale, rinominandola dei Riaccesi.
Colpito da una grave malattia, dovette abbandonare la carriera ecclesiastica e, tornato in patria, si ritirò in una villa a Tarzo. Iniziò qui la sua opera più rilevante, il poemaGiudicio estremo, rivolgendosi ad Angelico Aprosio per la correzione dell'opera. Nel 1640 ebbe il rettorato del Collegio dei Nobili di Padova, ma l'istituzione venne chiusa nel 1642, allorché il Costantini si trasferì presso il fratello Severino, noto avvocato.
Note
^Come si deduce dall'edizione del 1648 del Giudicio estremo, in cui l'autore è ritratto con la scritta anno aetatis suae LXXII.
^Improbabile, come afferma Carlo Laurenti, che il Costantini fosse morto nel 1648. Certamente era vivo il 3 dicembre di quell'anno, quando il Consiglio della Comunità di Serravalle stabilisce di ringraziare il poeta per la copia del Giudicio estremo da lui donata alla città e di comunicargli che verrà riposta nella cancelleria con estrema cura. Forse era in vita anche nel 1651, anno in cui uscì la terza edizione del poema "ricorretto, abbellito et accresciuto dall'istesso autore".