Nel 1874 sposò Emma Lavinia Gifford e si stabilì in una casa di campagna, Max Gate, presso Dorchester, dove trascorse l'intera vita senza alcun evento degno di rilievo.
Divenne in breve tempo un importante intellettuale, nonché romanziere di successo. Jude l'oscuro è il suo ultimo romanzo: esso è anche la sua opera più pessimistica e piacque talmente poco al pubblico vittoriano da indurre lo scrittore a pensare di aver raggiunto la fine della prosa; i suoi ultimi lavori sono infatti poesie. Nel 1914, due anni dopo la scomparsa di Emma, si sposò una seconda volta con Florence Emily Dugdale, che sarà la sua biografa. Morì al suo tavolo di lavoro nel 1928 e fu sepolto nel Poets' Corner dell'abbazia di Westminster, a fianco di Charles Dickens. Il suo cuore venne espiantato e sepolto a Stinford, nella stessa tomba di sua moglie Emma, come aveva richiesto Hardy stesso.
La filosofia di Hardy
L'opera di Hardy sembra tracciare un collegamento tra il periodo vittoriano ed il modernismonovecentesco, di cui vengono anticipati i temi, così pessimisti. Hardy non crede in un Dio creatore e buono, che si preoccupa di portare giustizia, ma in un destino immanente di ispirazione schopenhaueriana: l'Immanent Will, che fa perdere ogni potere all'uomo, così piccolo nell'universo.
L'obiettivo di Hardy era illustrare "il contrasto tra la vita ideale desiderata da un uomo e quella reale e squallida che egli era destinato ad avere"; un destino ostile, maligno, che finisce con l'annientamento della felicità e della speranza.
La Natura
La Natura si configura come personaggio importante nell'intera opera di Hardy: una Natura indifferente all'uomo, che la combatte inutilmente: è presente in lui la schopenhaueriana "volontà di vivere", l'istinto alla sopravvivenza che rende possibile il proseguimento della specie nonostante le sofferenze. Tutti i romanzi di Hardy sono ambientati nel Wessex, nome fittizio per indicare quell'area a sud-ovest dell'Inghilterra chiamata Dorset in cui egli stesso era cresciuto, un'area agricola costellata di memorie del passato: tumuli, tracce e rovine di accampamenti e fortezze romane. Lo studio dell'architettura e l'essere cresciuto in quei luoghi fanno di Hardy un ottimo descrittore: dai paesaggi alle tradizioni campestri, ogni dettaglio è accurato e realistico. I personaggi sono generalmente semplici uomini e donne di campagna, umili e rustici.
La lingua
La lingua è dettagliata, sostenuta, e ricorre ad espressioni dialettali. Hardy è influenzato dall'arte degli Impressionisti: "un romanzo è un'impressione, non un ragionamento", perciò basa ogni sua opera su certi toni di colore: "Jude l'Oscuro" ad esempio, sul marrone e sul grigio, e le figure sono soprattutto geometriche.
La traduzione italiana del 1953, riedita nel 1984, del Il Sindaco di Casterbridge, è di Luigi Berti. Quest'ultima edizione contiene una nota introduttiva di Enzo Siciliano e una cronologia con nota bibliografica di Attilio Brilli. Siciliano scrive che «Hardy, narratore vittoriano, così vorrebbero i cataloghi letterari, è poi in pieno diritto, a suo modo, novecentesco. Come Conrad, è di quegli scrittori che del secolo che si apriva davanti alla loro maturità presagirono tormenti, angosce, vitalità, la crisi radicale».[3]
Tecnica narrativa
Hardy usa una tecnica di narrazione innovativa, che può essere definita “cinematografica”: anticipa cioè la cinematografia. Il narratore è onnisciente: questo fa sì che i lettori di Hardy, e gli spettatori, accettino la macchina da presa come veritiera e trasparente, non considerandola un mezzo che li distanzia dalla storia e dai personaggi.
Hardy rinuncia al mezzo verbale (monologhi, dialoghi...) per presentare il materiale in termini visivi. Usa panoramiche, dissolvenze, zoom e primi piani.
L'interesse di Hardy per il teatro ha sofferto del vizio, sottolineato da B.Ifor Evans in Breve storia del teatro inglese, della critica del tempo che tendeva ad indirizzare l'interesse più verso l'aspetto letterario di un testo drammatico che verso la sua rappresentazione. «Thomas Hardy, i cui ripetuti tentativi di adattare i propri romanzi per la scena non ebbero fortuna, giunse a chiedersi nella sua prefazione a The Dynasts se la rappresentazione mentale non era l'unica sorte riservata a tutto il teatro ad eccezione di quello di ambiente contemporaneo e leggero»[4]
Il titolo si riferisce al concetto hardiano di campagna: un mondo quasi idilliaco, in cui l'uomo e la natura coesistono in perfetta sintonia e in cui ogni tentativo di rottura di questa armonia finisce in un clamoroso fallimento. Il titolo è una voluta citazione da "Elegia scritta in un cimitero campestre" del poeta della scuola cimiteriale Thomas Gray.
In questo romanzo sono descritti una serie di catastrofici eventi che avvengono alla protagonista, un'umile fanciulla di campagna colpevole di avere dei genitori che hanno voluto sfidare il Fato tentando di cambiare classe sociale e spezzando, così, l'equilibrio uomo-natura. Nel romanzo c'è spazio anche per la denuncia sociale: Hardy infatti intende dimostrare l'innocenza di Tess, sedotta tendenziosamente da un provincialotto, mentre la comune mentalità vittoriana vorrebbe che ella si comportasse come una “fallen woman”, una "donna caduta". Il caso e la società cospirano contro la ragazza, che si trova a dover lottare per vivere.
Ultimo romanzo di Hardy (1895), fu mal accettato dalla critica vittoriana per la denuncia sociale in esso presente: Jude l'Oscuro racconta la storia di un disgraziato ai limiti della società che non riesce ad appartenere ad alcun ceto e, per questo motivo, non si sente "abitante né tra gli uomini né tra i fantasmi", essendo fantasma agli occhi degli uomini: è “oscuro” perché non viene né visto né sentito da essi.
Le convenzioni vittoriane vengono derise e criticate aspramente, anche se, in linea con la sua filosofia, Hardy non trova comunque soluzione per Jude, vittima impotente.
Il primo volume di versi fu pubblicato nel 1898 e si intitola Wessex Poems; in essi è ben visibile l'impressione dell'opera darwinianaL'origine delle specie, sottolineando ancora una volta la vittoria nella lotta per la vita e la pena di vivere, al di là di ogni possibile visione provvidenziale. Postumo è il volume Winter Words (1928) e, tra il 1903 e il 1908, Hardy scrisse un poema drammatico ispirato all'epopea napoleonica: The Dynasts, ricco di allusioni alle tragedie greche.
Opere
Romanzi
The Poor Man and the Lady, 1867 [non pubblicato e distrutto dall'Autore]
Estremi rimedi (Desperate Remedies), 1871
Sotto gli alberi[5] (Under the Greenwood Tree: A Rural Painting of the Dutch School), 1872
Nel bosco (The Woodlanders, 1887), trad. di Stefano Tummolini, a cura di Viola Papetti, Roma, Fazi, 1995; Collana Oscar Classici, Milano, Mondadori, 2023.
Tess dei D'Urbervilles (Tess of the D'Urbevilles: A Pure Woman Faithfully Presented), 1891-1892
L'amata (The Well-Beloved: A Sketch of a Temperament), 1897 [prima serializzato dal 1892]
Raccolte poetiche
Poesie del Wessex (Wessex Poems and Other Verses), 1898
Poems of the Past and the Present, 1901
Gli zimbelli del tempo (Time's Laughingstocks and Other Verses), 1909
Poems 1912–13, 1914
Satire di circostanza (Satires of Circumstance), 1914
Moments of Vision and Miscellaneous Verses, 1917
Late Lyrics and Earlier with Many Other Verses, 1922
Human Shows, Far Phantasies, Songs and Trifles, 1925
Winter Words in Various Moods and Metres, 1928, postuma
Drammi
I Dinasti (The Dynasts: An Epic-Drama of the War with Napoleon), Introduzione e trad. di Simone Saglia, e-book 2008, self publishing 2010 [dramma epico in forma teatrale]
The Dynasts, Part 1 (1904)
The Dynasts, Part 2 (1906)
The Dynasts, Part 3 (1908)
The Famous Tragedy of the Queen of Cornwall at Tintagel in Lyonnesse (1923) (Atto unico)
Alla fine degli anni 1960, per commemorare il quarantennale della morte dello scrittore, la città di Dorchester aveva organizzato un festival. Poiché Thomas Hardy aveva decantato le qualità della birra della città in una sua opera, una birreria locale decise di dedicare a questi una speciale birra di stile barley wine, la Thomas Hardy's Ale. Da allora la produzione millesimata è proseguita rendendo la birra famosa come la più alcolica prodotta in Gran Bretagna.[7]
Note
^Thomas Hardy, su treccani.it. URL consultato il 31 ottobre 2022.
^(EN) Map of Thomas Hardy's Wessex, su bl.uk. URL consultato il 31 ottobre 2022 (archiviato dall'url originale il 17 giugno 2017).
^ Enzo Siciliano, Nota introduttiva, in Il sindaco di Casterbridge, n. 1491, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 1884, pp. V-VI.
^ B. Ifor Evans, Breve storia del teatro inglese, in Universale Cappelli serie spettacolo, n. 75, Bologna, 1948, pp. 13-18.
^Questo è il titolo della traduzione italiana, Roma, Fazi editore, 2002
^ Michael Jackson, Le birre, traduzione di Helga Thurnwalder Rosso, Le guide cucina A. Vallardi, Milano, Garzanti, 1985, pp. 95-96.
Bibliografia
Mario Praz, Storia della letteratura inglese, Sansoni editore, Firenze, 1998
Renzo D'Agnillo, “Music and Metaphor in Under the Greenwood Tree”, The Thomas Hardy Journal, 9, 2 (May 1993), pp. 39–50.
Renzo D'Agnillo, “Between Belief and Non-Belief: Thomas Hardy's 'The Shadow on the Stone'”, in Thomas Hardy, ed. Francesco Marroni and Norman Page, Pescara, Edizioni Tracce, 1995 pp. 197–222.
Emanuela Ettorre, Lo specchio e la clessidra. Uno studio della narrativa di Thomas Hardy, Liguori Editore, Napoli, 2007.
Francesco Marroni, La poesia di Thomas Hardy, Adriatica Editrice, Bari, 1997.
Francesco Marroni, “The Three Strangers and the Verbal Representation of Wessex”, The Thomas Hardy Journal, 7, 2 (May 1992) pp. 26–39.
Francesco Marroni,“The Negation of Eros in Barbara of the House of Grebe”, The Thomas Hardy Journal, 10, 1 (February 1994) pp. 33–41.
Francesco Marroni, “The Poetry of Ornithology in John Keats, Leopardi and Hardy: A Dialogic Analysis”, The Thomas Hardy Journal, 14, 2 (May 1998) pp. 35–44.
Francesco Marroni, “Meeting the Grand Old Man of English Literature at Max Gate: Thomas Hardy under a Multifaceted and Multifocal Lens”, Rivista di Studi Vittoriani, 4, 11 (gennaio 2001) pp. 127–131.
Francesco Marroni,“Thomas Hardy and the Use of Landscape in The Return of the Native and The Woodlanders”, Merope, 35-36 (gennaio-maggio 2002, Special Issue on “Victorian Landscape”, ed. M. Costantini and J. Woolford), pp. 163–177.
Francesco Marroni, "Thomas Hardy and the Landscape of Melancholy", in Literary Landscapes, Landscape in Literature, ed. Michele Bottalico, Maria Teresa Chialant, Eleonora Rao, Carocci Editore, Roma, 2007, pp. 80–87.
Francesco Marroni, “An 'unutterable melancholy': Astronomy and Ontology in Thomas Hardy's Two on a Tower”, The Thomas Hardy Journal, 26 (Autumn 2010) pp. 61–77.
Francesco Marroni, “Metapoetic Liminality: Thomas Hardy and the Making of a Lyric”, The Hardy Society Journal, 11, 1 (Spring 2015) pp. 19–35.