Targhetta MacGregor

Targhetta MacGregor
Autoresconosciuto
Datametà XXX secolo a.C. (I dinastia egizia)
Materialeavorio
Dimensioni4,5×5,3×0,3 cm
UbicazioneBritish Museum, Londra
Coordinate26°11′06″N 31°55′08″E

La Targhetta MacGregor (o Placchetta MacGregor) è un importante manufatto egizio, probabilmente proveniente dalla tomba a mastaba del faraone Den, della I dinastia egizia, che regnò per più di quarant'anni a partire dal 2970 a.C.[1] Stando alla iscrizioni, la targhetta era originariamente posizionata su un sandalo del sovrano.

Provenienza e descrizione

Il manufatto fu probabilmente rinvenuto nella tomba a mastaba di re Den ad Abido[2] - frutto degli scavi dell'archeologo francese Émile Amélineau, egittologo e coptologo[3]. Il reperto è esposto al British Museum di Londra, con il numero d'inventario BM EA 55586 da quando fu acquisito nel 1922; in precedenza era parte della Collezione MacGregor[4]. La targhetta è in avorio e misura 4,5 centimetri di altezza e 5,3 di larghezza e 0,3 di spessore, per un peso di 10 grammi[2].

Sul lato frontale compare il faraone Den. Indossa un perizoma da cui pende una coda toro (simbolo di vitalità feroce e fertilità) e reca il copricapo nemes (in una versione arcaica) con l'ureo. Den è identificato con il suo nome d'Horus[2]. La sua posa appartiene allo stilema dell'abbattimento del nemico, che rimase in uso per tutta la storia egizia: il braccio del re è già alzato e impugna una mazza; con la mano sinistra tiene fermo il nemico stringendolo per i capelli. Il nemico è già a terra, in una posizione instabile e impacciata, eppure tenta di scongiurare il colpo del faraone: può essere identificato come asiatico grazie alla sua barba a punta e alle lunghe trecce. Sotto ai due è rappresentato anche il terreno, forse desertico. Il corpo di Den è giovane, atletico e ben proporzionato, lontano dallo schematismo delle illustrazioni più arcaiche; inoltre la sua posa si differenzia da quella di re Narmer, sempre intento ad abbattere un nemico, sulla celebre Tavoletta di Narmer[2]. Sulla destra, l'iscrizione in caratteri geroglifici recita:

«Prima occasione di colpire [o del colpo] in oriente.»

accompagnata dall'insegna del dio Upuaut, regolarmente sormontata da uno sciacallo[2]. I geroglifici di fronte al sovrano, incisi con poca cura, sembrano significare:

«Essi non devono esistere.»

chiaramente riferito ai nemici dell'Egitto[2]. Sulla sinistra compare il nome di un alto funzionario, Inika o Inka (jnkʒ)[5]. Sul retro della targhetta sono incisi un paio di sandali, a indicare il tipo d'oggetti a cui era applicata, anche se la porzione sinistra del disegno è molto danneggiata. Sui sandali regali d'epoca anche più tarda saranno comuni le immagini di nemici, di modo che il faraone potesse "schiacciarli" a ogni passo[2].

Note

  1. ^ Wolfgang Helck: Untersuchungen zur Thinitenzeit. (Ägyptologische Abhandlungen, Volume 45), Harrassowitz, Wiesbaden 1987, ISBN 3-447-02677-4. pp. 124, 160-2, 212-4.
  2. ^ a b c d e f g label, su British Museum. URL consultato il 29 gennaio 2017.
  3. ^ E. Amélineau, ‘Les Nouvelles Fouilles d’Abydos’ I, (1895-6), 221-2 & tav. XXXIII.
  4. ^ 'Macgregor Sale Catalogue (1922)', 677 & tav. 1, XX.
  5. ^ P. Kaplony, 'Die Inschriften der Ägyptischen Frühzeit I (Wiesbaden, 1963), 423.

Bibliografia

  • Wolfgang Helck. Untersuchungen zur Thinitenzeit (= Ägyptologische Abhandlungen. Vol. 45). Harrassowitz, Wiesbaden 1987, ISBN 3-447-02677-4, S. 161 & 187.
  • R. B. Parkinson, Whitfield Diffie, Mary Fischer, R. S. Simpson. Cracking codes: the Rosetta stone and decipherment. Vol. 2. California Press, New York 1999, ISBN 0520222482, p. 74.
  • A. J. Spencer. Early Dynastic Objects (= Catalogue of the Egyptian Antiquities in the British Museum.). British Museum, London 1980, ISBN 0-7141-0927-4, p. 65, No. 460.