Nel bassorilievo spicca la figura del sovrano, venerato dai suoi guerrieri come un dio, accompagnato dai due vessilliferi alla sua sinistra e reso divino dalla presenza di due astri sopra di lui. Da notare il particolare copricapo del re Narām-Sîn, una tiara con corna, simbolo, queste ultime, della divinità. Un richiamo dunque alla deificazione in vita del sovrano accadico, il primo sovrano mesopotamico a vantare la propria umanità divinizzata, testimoniata anche dalle iscrizioni che antepongono al suo nome il determinativo, proprio degli dèi, dingir. Al re, fedele custode ed esecutore della volontà del dio poliade proprio dei Sumeri, si sostituisce, con l'accadico Narām-Sîn, il re che si fa dio stesso. Narām-Sîn indossa un arco e impugna una freccia incedendo altero sui corpi dei nemici. Un'altra sua freccia ha appena ferito alla gola un guerriero nemico che gli si pone soccombente di fronte. Anche le dimensioni delle figure, testimoniata proprio da quella della freccia che ha ferito il guerriero nemico, mostrano la "grandezza" fisica sovrumana propria del sovrano accadico. Sebbene la stele sia rovinata nella parte superiore, essa ancora rivela chiaramente la gloria, l'orgoglio e la divinità di Narām-Sîn.
L'esercito accadico, collocato nella parte sinistra della stele, è composto da guerrieri che marciano in modo ordinato, il che è in netta contrapposizione con il caos che regna tra i guerrieri lullubi, nella parte inferiore destra della lastra, collocati a terra sul campo di battaglia roccioso e impervio per la natura montagnosa dei monti Zagros. La stele sembra spezzare la tradizione usando disposizioni diagonali delle figure per comunicare la storia all'osservatore, sebbene registri orizzontali più tradizionali siano visibili sui frammenti più piccoli[4].