St Mary-le-Bow (letteralmente: "chiesa di Santa Maria dell'arco") è una storica chiesa del centro della Città di Londra, nel quartiere di Cheapside. Le sue campane definivano un tempo un vero Cockney.
Storia
Già esistente in epoca sassone, la chiesa medioevale venne distrutta nel tornado che sconvolse Londra nel 1091. Durante il breve periodo normanno il suo nome era St Mary de Arcubus, era infatti caratterizzata da due archi di pietra. Con i Plantageneti il campanile e le sue campane, le Bow Bells, che si sentivano anche oltre le paludi di Hackney, divennero cari a tutti i londinesi, tanto che erano loro a segnalare il coprifuoco alla cittadinanza. L'edificio bruciò completamente durante il Grande incendio di Londra nel 1666. La sua ricostruzione venne affidata a Sir Christopher Wren, il cui progetto venne ultimato nel 1680. Considerata la seconda chiesa più importante della City dopo la Cattedrale di Saint Paul, proprio per questo motivo fu una delle prime ad essere riedificate. Nel 1914 una pietra della sua cripta venne collocata nella Trinity Church di New York in ricordo del fatto che Guglielmo III d'Inghilterra garantì alla chiesa americana gli stessi diritti di St Mary le Bow. Nel 1941 venne gravemente danneggiata durante un bombardamento tedesco, durante il crollo, le sue campane rovinarono al suolo. Il loro restauro, iniziato nel 1956 terminò, grazie ad una forte campagna di sensibilizzazione, cinque anni più tardi.
L'edificio non dà direttamente sulla strada, ma su una piazzetta interna; la facciata molto semplice[1], è a capanna, con paramento murario in mattoni. Terminante con un semplice frontonetriangolare, presenta, al centro, il portale e, sopra di esso e ai suoi lati, tre grandi finestroni ad arco, ognuno dei quali è sormontato da un rosone. La torre campanaria, alta 68 metri, si suddivide in tre parti sovrapposte: quella inferiore, a pianta quadrata, con il doppio ingresso, uno sul lato principale e uno sul lato destro, entrambi sormontati da una finestra murata, e che termina con una balaustramarmorea; quella intermedia, a pianta circolare, con colonnato composto da dodici colonnecorinzie; quella superiore è costituita dalla cuspideconica, sormontata dalla statua dorata di un dragone.
L'interno della chiesa è a tre navate di tre campate ciascuna, separate da colonnecorinzie in marmo e coperte con volta a botte. In fondo alla navata di sinistra, nell'ultima campata, adibita a sacrestia, vi è l'altare dei norvegesi, sormontato da una scultura in bronzo di Ragnhild Butenschon raffigurante San Giorgio e il drago; in fondo alla navata opposta, invece, si trova il pregevole tabernacolo ligneo e dipinto, sormontato da un'alta guglia. L'ultima campata della navata centrale è occupata interamente dal presbiterio, rialzato di un gradino rispetto al resto della chiesa. Al centro vi è l'altare e, alle sue spalle, gli stalli lignei per il clero; sulla destra, in posizione avanzata, il pulpito. Sopra l'altare, pende dal soffitto il gruppo scultoreo con Gesù in croce con San Giovanni evangelista, la Madonna, Santa Maria Maddalena e San Longino, in legno dipinto. In un angolo dalla navata di destra, vi è un busto di Arthur Phillip, il fondatore della città australiana di Sydney.
Nei pressi del presbiterio, vi è un secondo organo a canne[3], destinato all'accompagnamento dei canti nella liturgia, di costruttore ignoto.
Racchiuso entro una cassa neogotica in legno, ha un'unica tastiera di 54 tasti ed è privo di pedaliera. La sua disposizione fonica è la seguente:
Manual
Open Diapason
8'
Stopped Diapason
8'
Dulciana
8'
Principal
4'
Fifteenth
2'
Curiosità
Si pensa che fu il suono delle campane di St Mary le Bow a persuadere Dick Whittington a tornare a Londra per diventare poi sindaco. Le distanze stradali dalla capitale vengono misurate in base alla London Stone, in Cannon Street, ma la misura del percorso tra qui e Lewes parte dal portone di Saint Mary le Bow.
Galleria d'immagini
L'organo maggiore
L'altare dei Norvegesi
Il tabernacolo
Il busto di Arthur Phillip
La cripta
Note
^La facciata della chiesa, su panoramio.com. URL consultato il 4 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 10 settembre 2018).