Srđan Dizdarević (anche Srdjan) (Sarajevo, 29 settembre 1952 – Sarajevo, 16 febbraio 2016[1]) è stato un giornalista, diplomatico e attivista bosniaco.
Biografia
Dizdarević proviene da una famiglia antifascista di spicco di ascendenza bosgnacca, i cui membri sono stati politici e diplomatici jugoslavi. Suo fratello Nijaz Dizdarević è stato ambasciatore a Baghdad, Algeri e Parigi; suo zio Faik Dizdarević è stato a lungo ambasciatore a Teheran, Algeri e Madrid; e il suo altro zio Raif Dizdarević è stato ministro degli esteri e presidente di turno della Presidenza della Bosnia ed Erzegovina (1978-82) e della Jugoslavia (1988-89).[2] Srdjan Dizdarevic ha sposato Dubravka il 12 agosto 1972.[3]
Srđan Dizdarević si è laureato nel 1976 presso la Facoltà di Filosofia dell'Università di Sarajevo.[2] ha quindi studiato scienze politiche a Parigi.[4] Durante gli anni universitari è stato responsabile per le relazioni internazionali della Associazione dei Giovani Socialisti.[3]
Carriera giornalistica
Per un decennio ha lavorato come giornalista professionista.[4] Nel 1978 ha lavorato come direttore della "stampa giovanile" del quotidiano Oslobodjenje; dal 1981 è stato vicedirettore di Oslobodjenje.[2]
Carriera diplomatica
Dopo la morte di Tito, poiché il suo nome di famiglia stava diventando un peso, cerca un periodo all'estero.[3] Perfetto francofono, dal 1987 al 1991 Dizdarević lavora nel servizio diplomatico jugoslavo come Primo Segretario dell'Ambasciata della Jugoslavia a Parigi,[2] fino a quando - disse - "divenne impossibile lavorare per un'ambasciata della Grande Serbia".[3]
A Sarajevo durante l'assedio
Dizdarević tornò a Sarajevo il 2 aprile 1992, quattro giorni prima dell'inizio della guerra in Bosnia, e trascorse in città i tre anni dell'assedio di Sarajevo,[3] rifiutando ogni offerta di lasciarla. Dichiarò più tardi a Libération: "c'erano momenti in cui pensavo che Sarajevo avesse solo una possibilità su centinaia di sopravvivere. Ma quella singola possibilità bastava".[5]
Attivista per i diritti umani
Alla fine della guerra, nel 1995, Dizdarević si è impegnato in varie iniziative della società civile. È ricordato come "un difensore di spicco dei diritti umani e delle libertà in Bosnia-Erzegovina, un forte critico del crimine e della corruzione e un determinato sostenitore della pace e della convivenza".
[6]
È stato eletto nel 1995 primo presidente del Comitato Helsinki per i diritti umani in Bosnia-Erzegovina, incarico che ha mantenuto fino al 2014; è stato anche membro dell'associazione degli intellettuali indipendenti Circle 99; L'anno successivo è stato eletto membro del Comitato Esecutivo della Federazione Internazionale di Helsinki e membro della Presidenza del Parlamento Civico Alternativo. Nel 1997 è stato nominato membro e Ministro degli affari esteri del Consiglio Alternativo dei Ministri.
Nel 1998 Dizdarević è nominato membro della Commissione elettorale provvisoria, e membro della Commissione Indipendente sui Media. Lo stesso anno, una decisione dell'Alto rappresentante per la Bosnia-Erzegovina lo nomina nel gruppo di lavoro sulla legge elettorale permanente.[2]
Nel 2005 scrisse:[5]
I partiti nazionalisti stanno bloccando ogni evoluzione del paese, per paura di perdere il potere. Le autorità religiose li sostengono, e coloro che si oppongono al nazionalismo, la società civile emergente, ancora non hanno abbastanza peso per farsi sentire. (...) Non c'è democrazia in Bosnia ed Erzegovina, nemmeno a livello costituzionale, poiché gli abitanti del paese non sono considerati come cittadini, ma come membri di comunità etniche predeterminate.
Seguendo il proprio impegno per una Bosnia ed Erzegovina civica e non nazionalista, nel 2008 Dizdarević si unisce al gruppo, guidato dal regista Danis Tanović, che fonda il partito Naša Stranka.[5] Il partito rimane tuttavia marginale alle successive elezioni.[5]
Muore a Sarajevo nel febbraio 2016 all'età di 63 anni.[6]
Note
Collegamenti esterni