Il disco si compone di tredici tracce, scritte e composte da Paradiso con la produzione di Matteo Cantaluppi.[2][3] Il cantautore ha raccontato che rispetto al precedente progetto Space Cowboy, il cui intento era di «sconfiggere il dolore e la solitudine della pandemia», le nuove tracce esprimono una «sfera più entusiasta».[4][5][6] In un comunicato stampa, Paradiso ha spiegato il significato del progetto:[7]
«È il manifesto di ciò in cui credo, delle storie che ho vissuto, della mia estetica, della mia poetica, di ciò che sono diventato e di ciò che sono stato. Con questo disco, con queste canzoni vi sto dando tutto me stesso. Vi prego di proteggerlo insieme a me»
In un'intervista rilasciata a Vanity Fair, Paradiso ha spiegato l'artwork della copertina dell'album:[8]
«La copertina è nata in un modo assolutamente casuale. Ero col mio amico fotografo Alessandro Treves al mare, nella mia casa in Toscana. Lui mi ha seguito in spiaggia e ha iniziato a scattare. È venuta fuori questa foto all'Argentario, e la mia fidanzata [Carolina Sansoni], mi ha detto "Amore, questa foto ti rappresenta al cento per cento". Le ho dato subito ragione. [...] Sono molto affezionato al concetto foscoliano secondo cui l'arte, in qualsiasi sua forma, conserva la memoria di ciò che accade nelle nostre vite.»
Francesco Lo Torto di Vanity Fair definisce il progetto «senza sorprese» poiché «è esattamente il disco che ci si attendeva da lui; [...] lascia un po' d'amaro in bocca a chi si aspettava qualche novità, una evoluzione». Il giornalista definisce i brani «orecchiabili e bevibili» anche se «manca il guizzo in più e forse un pizzico di tormento», trovandoli «un compendio di tutto ciò che è la poetica dell’artista romano, ma nel modo più scontato del termine». Tuttavia Lo Torto rimane piacevolmente colpito dalle due tracce finali, scrivendo che Figlio del mare sia «il pezzo più poetico e tormentato dell'album, con l'arrangiamento che esplode in un momento di emozione» e L'ultimo valzer, un brano strumentale definito una «sorpresa inaspettata».[12]
Elena Palmieri di Rockol scrive che si tratta di «un lavoro che non tradisce la sua dimensione» ma «senza sorprese» rispetto alla carriera discografica precedente, poiché attraverso i brani «trasmettere liberamente quello che sente e che prova, e senza colpi di scena» dando «un'impostazione ancora più netta» della personalità artistica di Paradiso. Dal punto di vista sonoro il progetto si imposta su «chitarre accattivanti, tastiere, synth e una ritmica sostenuta» con riferimenti alla musica anni ottanta e novanta.[11]