Contribuì al consolidamento della monarchia del primo periodo Joseon grazie a una serie di iniziative,[2] ma, poiché salì al potere usurpando il trono di suo nipote Danjong, fu oggetto di continue critiche durante le generazioni successive.[3]
Biografia
Primi anni
Nacque nel 1417 con nome proprio Yi Yu, secondogenito di Sejong il Grande e della regina consorte Soheon. Ebbe diversi nomi di cortesia nel corso della sua vita: gran principe Jinpyeong, gran principe Hampyeong, gran principe Jinyang e, dal 1428, gran principe Suyang. Quest'ultimo è quello maggiormente utilizzato nei registri storici prima della sua ascesa al trono.[3][4] Al contrario del fratello maggiore Hyang (re Munjong) e del fratello minore Yong (il gran principe Anpyeong), che erano dediti alla scrittura e alla calligrafia, Suyang era schietto e avido, arrogante e condiscendente.[3][5] Particolarmente versato in equitazione e tiro con l'arco, gli piaceva cacciare con il falcone: a 13 anni, durante una battuta di caccia, mandò sette frecce a segno nel collo di un cervo.[3] Sejong era orgoglioso delle sue abilità, ma anche preoccupato che la sua ambizione potesse minare la stabilità dello Stato.[3]
Nel 1428 sposò la figlia del secondo consigliere di Stato, la futura regina Jeonghui.[4]
Durante i suoi anni da principe, Suyang dimostrò di avere una profonda conoscenza di diverse materie quali musica e linguistica, aiutando il padre nella traduzione e nella pubblicazione di libri buddhisti, e nell'organizzazione di spartiti.[3] Nel 1447 stilò il Seokbosangjeol (Vita e sermoni di Buddha estratti dalle scritture buddhiste) in prosa, sia per pregare per la propria madre defunta che per indottrinare il popolo:[6] fu il primo testo buddhista scritto in hangul.[7]
Regno
Quando Munjong morì improvvisamente nel 1452, Suyang organizzò un colpo di Stato contro il proprio nipote Danjong: il 10 ottobre 1453 prese il potere, e l'11 giugno 1455 (secondo il calendario lunare) costrinse il re ragazzo, che in seguito avrebbe esiliato e fatto giustiziare, ad abdicare in suo favore.[4][8] Durante i primi anni del suo regno, furono molti i tentativi per riportare Danjong al potere, e il nuovo sovrano – il cui nome templare sarebbe stato Sejo – li represse nel sangue, decisione di cui, anni dopo, si pentì.[9] Coloro che si opposero a lui, per la maggior parte appartenenti alla fazione Sarim, sono ricordati in epoca moderna come Sayuk-sin (i Sei Lealisti Morti, che vennero giustiziati dopo aver cercato di deporlo) e Saengyuk-sin (i Sei Lealisti Vivi, che si ritirarono completamente dalla vita politica attiva per protesta).[10] Sejo fece anche arrestare, esiliare e giustiziare suo fratello Anpyeong.[5]
Nel 1457 gli fu proposta la realizzazione di un codice di leggi, che venne avviata l'anno successivo: l'opera, nota come Gyeongguk daejeon, venne completata sotto il regno di Yejong, suo figlio.[11] Riformò l'organizzazione statale di contee e prefetture e promosse l'agricoltura facendo pubblicare diversi libri a riguardo.[4] Istituì inoltre un corpo di ispettori che venivano inviati in incognito nelle province per supervisionare l'operato di governatori e magistrati.[9] Aspirando a rafforzare la propria influenza, si circondò di un maggior numero di guardie del corpo, gestì di persona le principali questioni amministrative e accentrò il potere politico nelle mani del re.[12] Primo sovrano della dinastia Joseon a sostenere apertamente il buddhismo, fece costruire in centro Seul la pagoda di Wongaksa, e istituì un ufficio per la pubblicazione delle scritture buddhiste.[13]
Sejo credeva che gli interessi nazionali del Joseon fossero più importanti di quelli della Cina Ming, perciò non ritenne necessario servire l'impero con zelo: si autoproclamò re senza attendere che la corte cinese riconoscesse la sua legittimità,[14] dopodiché adottò una politica di distacco, stabilendo che il Joseon inviasse meno tributi a Ming e che il popolo parlasse il coreano anziché il cinese. Agli Stati meno civilizzati, che riteneva barbari, impose invece il vassallaggio, dichiarando nel 1458 che Giappone e Jurchen erano suoi sudditi e che avrebbe tenuto in conto i loro interessi se l'avessero servito con sincerità.[8] In seguito conferì titoli e fece regali ai capi tribali Jurchen per stabilire rapporti amichevoli con loro a beneficio del Joseon, un'iniziativa che, insieme ad altre che violavano le istruzioni di Ming, suscitò la disapprovazione dell'imperatore Tianshun.[15] Sejo mobilitò comunque diecimila soldati per partecipare alla campagna dell'imperatore Chenghua contro gli Jurchen quando questi ultimi iniziarono a razziare i territori confinanti con il Joseon, anche se ordinò ai comandanti di non mescolarsi con la milizia cinese e di attaccare solo una volta che l'esercito Ming avesse già colpito.[16]
Nel 1463 scrisse un trattato di medicina in cui espresse le sue opinioni sulla medicina tradizionale.[17]
Morte
Negli ultimi anni del suo regno, Sejo sviluppò delle malattie croniche,[3] per cui venne aiutato nella gestione delle questioni politiche dalla moglie.[18] Nel settembre 1468, quando le sue condizioni divennero critiche, abdicò a favore del principe ereditario: spirò due giorni dopo nelle sue stanze al Suganggung,[3][4] e venne sepolto nella tomba reale Gwangneung a Namyangju.[19]