«La via che conduce alla Luna è pavimentata di mattoni, di acciaio e calcestruzzo qui, sulla Terra, e non può essere percorsa senza il rigoroso e meno noto lavoro di integrazione e collaudo delle attrezzature di lancio.»
La sua carriera alla NASA fu «folgorante»[2]: da giugno 1966 a settembre 1969 fu direttore delle operazioni di lancio allo John F. Kennedy Space Center della NASA, e dal 1969 fu direttore dell'intero Programma Apollo.
Dal 1973 al 1974 fu direttore del Marshall Space Flight Center della NASA, la terza persona chiamata a quella carica. Petrone fu anche il primo direttore di origini non tedesche.
Biografia
I primi anni
Nacque ad Amsterdam, cittadina dello stato di New York, poco distante da Schenectady, dove si erano stabiliti i suoi genitori[3], due immigrati italiani provenienti da Sasso di Castalda, in Basilicata.[4]
Suo padre, operaio ferroviario, morì per un incidente sul lavoro lasciandolo orfano ancora bambino[3]. Sua madre era operaia in una fabbrica di guanti e Rocco dovette darsi da fare per aiutare la famiglia effettuando consegne a domicilio di ghiaccio[3].
«Credo che il maggior merito dell'esplorazione spaziale sia stato quello di aver dato all'umanità un obiettivo comune, un motivo d'orgoglio e di esaltazione che non conosce frontiera. L'impresa di Armstrong, Aldrin e Collins sarà sempre ricordata non come una conquista degli Stati Uniti, ma di tutti gli uomini.»
Nel 1960, Petrone fu trasferito alla NASA[3], dove presiedette allo sviluppo del vettoreSaturn V e alle relative operazioni di lancio, quelle vere e proprie "maratone di cinque mesi", come egli le ebbe a battezzare, che toccavano il loro culmine nel momento del lancio, ovvero poco prima che tutto giungesse a conclusione.
Petrone era descritto dai suoi colleghi alla NASA come una persona molto esigente. Humboldt C. Mandell Jr., un manager in pensione del Lyndon Johnson Space Center, ricorda questo episodio significativo:
«La NASA teneva sulla graticola il personale delle ditte appaltatrici per via di alcuni ritardi nel programma. Rocco era quello che non si accontentava mai di una risposta e si mise a fare il terzo grado su questo a uno dei giovani ingegneri di quella ditta, il quale mostrò in breve i limiti della sua competenza. Il giovane, invece di ammetterlo, cercò di bluffare. Pessimo errore. Rocco lo sollevò di forza dalla pedana e […] rivolto al superiore di quel giovanotto, gli comunicò la rimozione dal programma. Brutale? Forse, ma fece sì che da quel giorno ognuno di noi conoscesse fino in fondo le materie di propria competenza[3]»
Si congedò dall'esercito nel 1966, ma continuò il suo lavoro nei siti della NASA, venendo promosso quello stesso anno all'incarico di "Direttore delle operazioni di lancio" del centro spaziale Kennedy.
Nel 1969, poco dopo il successo della missione Apollo 11, fu nominato direttore dell'intero Programma Apollo[8], succedendo nella carica al generale Samuel C. Phillips[3]. Nel 1972 gli furono conferite ulteriori responsabilità quale direttore del programma NASA nel progetto sperimentale congiunto Apollo-Sojuz, tra Stati Uniti e Unione Sovietica[9].
L'anno dopo, durante l'odissea della missione Apollo 13, fu Rocco Petrone a mantenere i contatti con gli interlocutori politici che chiedevano informazioni su cosa stesse succedendo e su quali iniziative la Nasa intendesse adottare per mettere in salvo l'equipaggio[3].
Direttore del Marshall Space Flight Center
Petrone lavorò per un anno come amministratore del Marshall Space Flight Center, il primo direttore non tedesco dopo Wernher von Braun e Eberhard Rees. A quel tempo la NASA stava subendo drastici tagli alle dotazioni finanziarie, e il suo mandato fu contrassegnato da molti avvicendamenti o siluramenti[3]. Nel 1974, Petrone lasciò il Centro Marshall per accettare l'assegnazione al terzo gradino nella gerarchia della NASA, quello di Associate Administrator[9].
Dopo la NASA
Il National Center for Resource Recovery
Nel 1975, Petrone si congedò dalla NASA e divenne presidente e amministratore delegato del "National Center for Resource Recovery" ("Centro nazionale per il recupero di risorse"), un'iniziativa congiunta, tra industria e lavoratori, per incoraggiare e sviluppare metodologie per il recupero di materiali ed energia dai rifiuti solidi.
Prima della partenza dello Space Shuttle Challenger, nella missione STS-51-L del Programma Shuttle, egli consigliò di non effettuare il lancio. Era infatti preoccupato che le temperature glaciali della notte potessero aver danneggiato lo scudo termico del sistema di protezione dello Space Shuttle[10]. Il lancio venne effettuato lo stesso, il 28 gennaio 1986, e si concluse con il famoso disastro, che determinò la morte di sette astronauti e uno stop al programma spaziale. L'incidente fu effettivamente dovuto alle temperature polari ma la causa intermedia dell'incidente del Challenger non fu quella indicata da Petrone: il freddo polare non danneggiò lo scudo termico ma causò l'irrigidimento degli o-ring elastici posti a giunzione e sigillo dei segmenti che costituivano gli stadi a propellente solido[3].
Morte
Rocco Petrone morì a Palos Verdes Estates, in California, all'età di 80 anni, il 24 agosto 2006, per complicanze legate al diabete mellito di cui soffriva, lasciando la moglie Ruth Holley e quattro figli[3][11].
^(EN) Shelby G. Spires, Dr. Rocco Petrone, MSFC director in 1973-74, dies at 80, in The Huntsville Times, 31 agosto 2006, p. 1A.: «Il Dr. Rocco Petrone, già direttore del Marshall Space Flight Center e del Programma lunare Apollo, era ricordato dai colleghi della NASA come una guida ferma e sicura nella corsa dell'uomo verso lo spazio. Petrone è morto a 80 anni, il 24 agosto, nella sua casa di Palos Verdes Estates, California».
^Rocco Petrone, 1926-2006, in NASA Event News, 30 agosto 2006. URL consultato il 24 maggio 2009 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
Renato Cantore, La tigre e la Luna. Rocco Petrone. Storia di un italiano che non voleva passare alla storia, Roma, RAI-ERI, 2009, ISBN 978-88-397-1481-7.
Rocco A. Petrone, Il sistema di lancio delle missioni Apollo, in Scienza & tecnica 70. Annuario della EST. Enciclopedia della scienza e della tecnica, Milano, Edizioni scientifiche e tecniche Mondadori, 1970, p. 71-84.