La Porta Alchemica è l'unica sopravvissuta delle cinque porte di villa Palombara. Sull'arco della porta perduta sul lato opposto vi era un'iscrizione che permette di datarla al 1680; vi erano poi altre quattro iscrizioni perdute sui muri della palazzina all'interno della villa.
Gli alchimisti di Palazzo Riario
L'interesse del marchese Savelli di Palombara per l'alchimia nacque probabilmente per la sua frequentazione, sin dal 1656, della corte romana della regina Cristina di Svezia a Palazzo Riario (oggi Palazzo Corsini) sulle pendici del colle Gianicolo, oggi sede dell'Accademia Nazionale dei Lincei. Dopo che la regina si convertì al cattolicesimo, abdicò al trono di Svezia e passò gran parte del resto della sua vita a Roma, dal 1655 fino alla sua morte avvenuta nel 1689.
Secondo la leggenda, trasmessaci nel 1802 dall'erudito Francesco Girolamo Cancellieri, un pellegrino chiamato stibeum (dal nome latino dell'antimonio) fu ospitato nella villa per una notte. Costui, identificabile con l'alchimista Francesco Giuseppe Borri, trascorse quella notte nei giardini della villa alla ricerca di una misteriosa erba capace di produrre l'oro. Il mattino seguente fu visto scomparire per sempre attraverso la porta, ma lasciò dietro di sé alcune pagliuzze d'oro, frutto di una riuscita trasmutazione alchemica, e una misteriosa carta piena di enigmi e simboli magici che doveva contenere il segreto della pietra filosofale.[3]
Il marchese cercò inutilmente di decifrare il contenuto del manoscritto con tutti i suoi simboli ed enigmi, finché decise di renderlo pubblico facendolo incidere sulle cinque porte di villa Palombara e sui muri della magione, nella speranza che un giorno qualcuno sarebbe riuscito a comprenderli. Forse l'enigmatica carta potrebbe riferirsi, per concordanze storiche e geografiche, attraverso il passaggio di mano fra alcuni appartenenti al circolo alchemico di villa Palombara, al misterioso manoscritto Voynich, che faceva parte della collezione di testi alchemici appartenuti al re Rodolfo II di Boemia e donati da Cristina di Svezia al suo libraio Isaac Vossius, finiti nelle mani dell'erudito Athanasius Kircher, uno degli insegnanti del Borri nella scuola gesuitica.[3]
La storia
Giuseppe Francesco Borri fu accusato dalla Santa Inquisizione di eresia e veneficio nel 1659. Datosi alla fuga, dopo una vita avventurosa passata in varie città d'Europa dove esercitò la professione medica, fu arrestato e restò recluso a Roma nelle carceri di Castel Sant'Angelo tra il 1671 e il 1677. Quando gli fu concesso il regime della semilibertà dal 1678, riprese a frequentare il suo vecchio amico Massimiliano Palombara (1614-1685) che lo ospitò nella sua villa negli anni successivi fino alla sua morte avvenuta nel 1685. Tra gli anni 1678 e 1680 Borri e Palombara fecero le iscrizioni enigmatiche, e di certo si sa che almeno una scritta della villa (quella sopra l'arco della porta in via Merulana) risale al 1680.
Borri fu di nuovo recluso a Castel Sant'Angelo dal 1691 dove sarebbe morto nel 1695; eppure a soli tre anni dopo risalirebbe la nascita presunta di uno dei più misteriosi personaggi del Settecento: il Conte di San Germano, un leggendario alchimista che avrebbe trovato il segreto dell'elisir di lunga vita, e la cui esistenza si sovrappone in parte con quello del mago Cagliostro che a sua volta dichiarava di essere vissuto due secoli. Il confronto tra i ritratti di Francesco Giuseppe Borri e del Conte di San Germano, pur separati da almeno un secolo, mostrano, secondo alcuni, lineamenti compatibili con quelli della stessa persona.[4][5]
I simboli
I simboli incisi sulla Porta Alchemica possono essere rintracciati tra le illustrazioni dei libri di alchimia e filosofia esoterica che circolavano verso la seconda metà del Seicento, e che presumibilmente erano in possesso del marchese Palombara.
In particolare il fregio sul frontone della Porta Alchemica, con i due triangoli sovrapposti e le iscrizioni in latino, rappresenta un simbolo dei Rosacroce riportato in molti testi del Seicento e compare forse per la prima volta quasi esattamente uguale sul frontespizio del libro allegorico/alchemico Aureum Seculum Redivivum di Henricus Madatanus (pseudonimo di Adrian von Mynsicht, 1603-1638).[6]
Lo stesso simbolo è stato ripreso in altri testi del Seicento, per esempio nel Viatorum (Oppenheim, 1618) di Michael Maier.
Il triangolo con l'oculus è molto simile ad un analogo simbolo di una piramide con la punta occhiuta, che compare sulle banconote statunitensi da un dollaro, fra l'altro accompagnato da una scritta in latino Novus Ordo Seclorum che richiama la scritta sul frontone Aureum Seculum Redivivum. La specifica piramide usata nel simbolo americano è tratta dalla Pyramidographia, un volume pubblicato nel 1646 a Londra da John Greaves (1602-1652) dopo un viaggio in Egitto, e pertanto è ipotizzabile un'ispirazione comune dall'immagine in questo testo sia del frontespizio del libro Aureum Seculum Redivivum, come anche del simbolo che compare sulla banconota statunitense. Tale simbologia fu adottata dagli Illuminati di Baviera, che nacquero circa cento anni dopo la pubblicazione del testo esoterico in Germania del 1677. Sia gli Illuminati sia la simbologia della banconota da un dollaro alimentano tutta una corrente di ipotesi sulla teoria del complotto.
I simboli alchemici lungo gli stipiti della porta seguono, con qualche lieve difformità, la sequenza dei pianeti associati ai corrispondenti metalli:[7]Saturno-piombo, Giove-stagno, Marte-ferro, Venere-rame, Luna-argento, Mercurio-mercurio. Tale sequenza viene forse ripresa dal testo Commentatio de Pharmaco Catholico pubblicati nel Chymica Vannus del 1666. Ad ogni pianeta viene associato un motto ermetico, seguendo il percorso dal basso in alto a destra, per scendere dall'alto in basso a sinistra, secondo la direzione indicata dal motto in ebraicoRuach Elohim. La porta si deve quindi leggere come il monumento che segna il passaggio storico del rovesciamento dei simboli del cristianesimoessoterico verso il nuovo modello spirituale che si stava sviluppando nel Seicento.
Negli anni 80 lo stipite destro (per chi guarda) fu vandalicamente danneggiato con l'asportazione del simbolo cabalistico di Venere. Successivamente un restauro lo ripristinò.
«QVI POTENTI NATVRAE ARCANA REVELAT MORTEM QVAERIT»
(IT)
«Chi svela i potenti arcani della natura, cerca la morte.[12]»
(LA)
«HODIE PECVNIA EMITVR SPVRIA NOBILITAS SED NON LEGITIMA SAPIENTIA»
(IT)
«La moneta oggi è emessa per la nobiltà del coniuge, ma non per legittima saggezza.[13]»
(LA)
«HOC IN RVRE, CAELI RORE, FVSIS AEQUIS, PHYSIS AQVIS, SOLVM FRACTVM, REDDIT FRVCTUM, DVM CVM SALE NITRI, AC SOLE, SVRGVNT FVMI SPARSI FIMI. ISTVD NEMVS, PARVVS NVMVS, TENET FORMA SEMPER FIRMA, DVM SVNT ORTAE SINE ARTE VITES, PYRA, ET POMA PVRA. HABENS LACVM, PROPE, LVCVM, VBI LVPVS NON, SED LVPVS SAEPE LVDIT; DVM NON LAEDIT MITES OVES, ATQVE AVES; CANIS CVSTOS INTER CASTOS AGNOS FERAS MITTIT FORAS, ET EST AEGRI HVJVS AGRI AER SOLVS VERA SALVS, REPLENS HERBIS VIAS URBIS.
SVLCI SATI DANT PRO SITI SCYPHOS VINI. [2] INTROVENI, VIR NON VANVS. EXTRA VENVS. VOBIS, FURES, CLANDO FORES.
LABE LOTUS, BIBAS LAETUS MERI MARE, BACCHI MORE. INTER VVAS, Sl VIS, OVAS, ET QVOD CVPIS, GRATIS CAPIS. TIBI PARO, CORDE PVRO, QVICQVID PVTAS, A ME PETAS. DANT HIC APES CLARAS OPES DVLCIS MELLIS, SEMPER MOLLIS. HIC IN SILVAE VMBRA SALVE TV, QVI LVGES, NVNC SI LEGES NOTAS ISTAS, STANS HIC AESTAS, VERA MISTA; FRONTE MOESTA NVNQVAM FLERES, INTER FLORES SI MANERES, NEC MANARES INTER FLETVS, DVM HIC FLATVS AVRAE SPIRANT, VNDE SPERANT MESTAE MENTES INTER MONTES, INTER COLLES, INTER GALLES, ET IN VALLE HVJVS VILLAE, VBI VALLVS CLAVDIT VELLVS. [3] BONVM OMEN, SEMPER AMEN ETIAM PETRAE DVM A PVTRE SVRGVNT PATRE, ITA NOTAS, HIC VIX NATVS, IN HAC PORTA, LVTO PARTA, TEMPVS RIDET, BREVI RODET.»
(IT)
«In questa villa dalla rugiada celeste, dai piani arati e dalle acque correnti, il suolo dissodato dà frutto; mentre che, nel salnitro e pel sole, dallo sparso letame s'alza fumo. Questo bosco, di poca entità, conserva sempre identico il suo aspetto; mentre sono nati spontaneamente i tralci delle viti, i peri e i meli sinceri. Vicino al lago v'è un boschetto, dove spesso scherza non già il lupo, ma la lepre; scherza senza offendere le miti pecorelle e gli uccelletti. Il cane custode de' casti agnelli, mette in fuga le fiere; e la sola aria di questa campagna ridà la salute all'infermo. Questa tenuta riempie d'erbaggi le vie della città. I solchi coltivati danno, per la sete, coppe di vino. Entra, uomo modesto! Che Venere stia lontana! A voi, ladri, chiudo le porte. Bevi allegramente, a profusione, vino puro, a mo' di Bacco. Gioisci (a stare) tra i vigneti e prendi liberamente ciò che più ti aggrada. A te preparo schiettamente quanto mi chiedi. Qui le api producono a dovizia dolce miele, sempre tenero. Salute a te, che piangi all'ombra della selva! Ora, se tu comprendessi questo, che qui l'estate è mista alla primavera, non piangeresti mestamente. Se tu restassi qui, in mezzo ai fiori, non staresti a piangere, perché qui spira l'effluvio dell'aria. Perciò le anime melanconiche sperano tra i monti, tra i colli, tra i sentieri e nella valle di questa villa, dove l'ovile recinge le pecore. Ti faccio buon augurio: che sia sempre così! Ma tu, appena ti sarai levato, segna qui, su questa [soglia di] porta, che il fango (la malta) ha generata [la porta del casino], - perché le pietre (i minerali) nascono dalla putrefazione, - che il tempo scherza noncurantemente, ma che in brev'ora tutto distrugge.[14]»
Epigrafi sul rosone
(LA)
«TRIA SVNT MIRABILIA DEVS ET HOMO MATER ET VIRGO TRINVS ET VNVS»
(IT)
«Tre son le cose mirabili: Dio e uomo, Madre e vergine, trino e uno.[16]»
Una riproduzione moderna del monumento si trova nel comune di Soveria Mannelli (CZ), presso il giardino della biblioteca “Michele Caligiuri”; nel 2019 è stato oggetto di una conferenza da parte professore dell’Università di Udine Mino Gabriele.[24]
^Cesare Lucarini, La porta magica di Roma: Le epigrafi svelate, pp. 37-38, Edizioni Nuova Cultura, 2017.
Il frontespizio dell'edizione originale del 1621 è molto diverso: infatti il disegno a cui si ispirò il Palombara compare esattamente solo nell'edizione postuma del 1677.
^Immagine tratta dall'articolo di Henry Carrington Bolton, The Porta Magica, Rome, in "The Journal of the American Folklore Society" 7, n. 24 (gennaio-marzo 1894), pag. 77.
^ Augusto Vasselli, La Porta Magica a Roma, su ereticamente.net, 2018. URL consultato il 19 gennaio 2019 (archiviato dall'url originale il 20 gennaio 2019).
Henry Carrington Bolton (gennaio-marzo 1895). "The Porta Magica - Rome". The Journal of American Folk-Lore8 (28): pp. 73–78. È il primo studio moderno sul monumento, con notevoli imprecisioni nella trascrizione e traduzione delle iscrizioni. Traduzione in italiano qui.
Pietro Bornia, La Porta Magica di Roma: studio storico, dapprima pubblicato nella rivista di studi metapsichici ed esoterici Luce ed Ombra (1915), successivamente pubblicato come estratto e più volte ristampato).
Teodoro Brescia, Il Segno del Messia: l'enigma svelato - L'Olismo Originario, la Porta Alchemica e l'archeoastronomia, Battaglia Terme (Padova), Nexus, 2012. ISBN 88-89983-24-8
Eugène Canseliet, Deux logis alchimiques en marge de la science et de l'histoire, Paris, Jean Schemit, 1945
Nicoletta Cardano (a cura di), La Porta Magica. Luoghi e memorie nel giardino di piazza Vittorio, Roma, Palombi Editori, 1990.
Maria Fiammetta Iovine, Gli Argonauti a Roma. Alchimia, ermetismo e storia inedita del Seicento nei Dialoghi eruditi di Giuseppe Giusto Guaccimanni, Roma, La Lepre Edizioni, 2014.
Mino Gabriele, La porta magica di Roma simbolo dell'alchimia occidentale, Firenze, Leo S. Olschki, 2015.
Nuccio D’Anna, La Porta Ermetica di Roma. Un itinerario spirituale fra simbolismo e alchimia, Simmetria, Roma 2015.
Su Massimiliano Palombara
Marchese Massimiliano Palombara, La Bugia: Rime ermetiche e altri scritti. Da un Codice Reginense del sec. XVII, a cura di Anna Maria Partini, Roma, ed. Mediterranee, 1983.
Mino Gabriele, Il giardino di Hermes: Massimiliano Palombara alchimista e rosacroce nella Roma del Seicento. Con la prima edizione del codice autografo della Bugia, 1656, Roma, editrice Ianua, 1986.
Maria Fiammetta Iovine, Massimiliano Palombara filosofo incognito. Appunti per una biografia di un alchimista rosacrociano del XVII secolo, Roma, La Lepre Edizioni, 2016.