Le radici sono corte, poche e non ramificate. Sono presenti dalle cinque o sei radice per pianta ed hanno una lunghezza media di 30 mm, le piante più giovani ne hanno un numero maggiore (dalle otto elle diciotto), sono poco più corte e pochissimo ramificate.
È diffusa in quasi tutti i paesi dell'Europa, in Russia, in USA e in Canada. Essendo nativa di regioni con inverni rigidi, va in ibernazione producendo degli ibernacoli, delle gemme resistenti al freddo. In Italia era presente, fino a tempi relativamente recenti, in alcune aree pedemontane e di alta pianura della Val Padana, del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia, ma è scomparsa quasi ovunque in seguito alla progressiva distruzione dell'habitat (bonifiche, captazione di sorgenti e falde), risulta ancora abbastanza diffusa, ad altitudini montane e subalpine, lungo le Alpi (dal Friuli alla Liguria) e assai più sporadica nell'Appennino settentrionale e centrale. È specie legata ad ambienti umidi, come torbiere neutro-alcaline, prati permanentemente umidi e sorgenti. Cresce inoltre preferibilmente su un substrato acido.
Nutrimento
Le foglie di Pinguicula sono dotate di ghiandole secernenti una sostanza vischiosa [2]. Quando un insetto vi si posa, questa lo trattiene, ed enzimi lo digeriscono. Come altre piante che si nutrono di insetti, P. vulgaris estrae sali minerali, specialmente nitrati e fosfati, dalle prede.
Nel passato
In passato, era talvolta usata per cagliare il latte, e si diceva che il burro ottenuto da una mucca che avesse mangiato questa pianta fosse buono per i neonati. Si pensava anche che questa pianta proteggesse la gente da fate e streghe.
Note
^(EN) Pinguicula vulgaris L., su Plants of the World Online, Kew Science. URL consultato il 23 ottobre 2024.