È un rospo di medie dimensioni che può raggiungere gli 8 cm di lunghezza nelle femmine, circa 6,5 cm nei maschi.
Presenta corpo globulare con arti non molto sviluppati. Gli arti posteriori sono caratterizzati dalla presenza di
speroni metatarsali particolarmente sviluppati, denominati "vanghe", che gli consentono di scavare nel terreno.
Il dorso è di colore bruno con macchie olivastre o giallastre; il ventre è biancastro talora con macchie bruno-grigiastre. Ha grosse mascelle arrotondate. La pupilla è ellittica con asse verticale. L'assenza delle ghiandole parotoidi consente di distinguerlo dai rospi del genere Bufo.
I girini misurano alla nascita pochi millimetri ma si accrescono rapidamente sino a raggiungere dimensioni da 10 fino a 18 cm. Alla nascita hanno pelle translucida con sfumature metalliche, che, col progredire dello sviluppo, diventa più opaca e scura, con macchie chiare sui fianchi. La bocca è dotata di un becco corneo scuro. La coda è ben sviluppata e appuntita; sul lato inferiore della pinna caudale è ben visibile l'orifizio cloacale.
Biologia
Il pelobate fosco è una specie criptica con abitudini fossorie, trascorre cioè gran parte dell'anno interrato in gallerie anche molto profonde, dalle quali emerge solo per nutrirsi e riprodursi. Tra i maggiori predatori degli adulti di pelobate vi sono varie specie di mammiferi (ricci e mustelidi), di uccelli (ardeidi, strigiformi, corvidi e falconiformi) e di rettili (testuggini palustri, natrici), oltreché specie alloctone, come le tartarughe d'acqua esotiche (Trachemys spp.) o la rana toro (Lithobates catesbeianus). Per difendersi il pelobate rigonfia il corpo, secerne sostanze di odore repellente ed emette degli stridii. Per difendersi il pelobate fosco produce una secrezione il cui odore ricorda l'aroma dell'aglio, oppure si gonfia per sembrare più minaccioso.[4][5]
La stagione riproduttiva va da marzo a maggio. Alla fine dell'inverno si risvegliano dallo stato di ibernazione invernale, riemergono in superficie e migrano verso le pozze d'acqua dove avviene la riproduzione.
L'amplesso è di tipo inguinale, il maschio cioè cinge la femmina all'attaccatura delle zampe posteriori (e non all'altezza delle ascelle anteriori, come avviene in gran parte degli anfibi). In fin dei conti durante l'accoppiamento entrambi i sessi emettono vocalizzazioni. Le 10-500 uova vengono deposte in cordoni gelatinosi lunghi alcune decine di cm, avvolti a spirale sulla vegetazione sommersa. Si schiudono dopo 2-3 giorni dalla deposizione.[6]
Si ritrova in habitat differenti (boschi di latifoglie o conifere, prati, campi coltivati, risaie, stagni, paludi, canali d'irrigazione) purché caratterizzati dalla presenza di un suolo soffice, con una discreta componente sabbiosa.
Tassonomia
Tradizionalmente a questa specie sono attribuite due sottospecie: la sottospecie nominale (P. fuscus fuscus), ampiamente distribuita in Europa centrale e in Asia occidentale, e una seconda (P. fuscus insubricus), endemica dell'Italia settentrionale. In realtà, il valore tassonomico di questa seconda entità viene attualmente messo in dubbio, in mancanza di chiari caratteri diagnostici.[8].
Conservazione
In considerazione del suo ampio areale la lista rossa IUCN cataloga P. fuscus come specie a basso rischio (Least concern).[1]
La specie è elencata in Appendice II della Convenzione di Berna e nell'Annesso IV della Direttiva Europea "Habitat" (CEE 92/43 del 21.05.1992). La specie è protetta dalla legislazione nazionale in molti paesi europei.
Per la sua conservazione sono state istituite apposite aree protette inserite nei progetti di Life Nature e LIFE Insubricus[9],[10]: in Piemonte le oasi WWF, la baraggia di Bellinzago e la Bula, ed in Lombardia il SIC delle Paludi di Arsago Seprio nel Parco del Ticino [11].