Attratto in giovane età dalle attività di Giuseppe Garibaldi, nel 1860 tentò invano di raggiungerlo durante i moti di Palermo, sfuggendo ai genitori. Due anni dopo, nel 1862, l'attrazione delle idee garibaldine si manifestò nuovamente, al passaggio di Garibaldi da Castrogiovanni (l'odierna Enna): per Colajanni fu questa l'occasione per arruolarsi quindicenne coi garibaldini, con i quali raggiunse l'Aspromonte, dove fu fatto prigioniero dalle truppe governative e deportato alla Palmaria.
Due anni dopo, il 26 febbraio 1869, fu arrestato a Napoli per aver preso parte da studente di Medicina a una cospirazione repubblicana. Restò in carcere fino al 20 novembre quando fu libero in seguito all'amnistia emanata in occasione della nascita dell'erede al trono Vittorio Emanuele III.
Dopo aver conseguito la laurea in Medicina partì per l'America del Sud, prima di tornare in Italia per dedicarsi allo studio della sociologia e continuare la sua attività politica, già iniziata nel 1872 con l'elezione a consigliere comunale a Castrogiovanni e proseguita nel 1882 come consigliere provinciale. Nel 1890 fu eletto per la prima volta deputato alla Camera del Regno, ma continuò la carriera accademica, diventando professore di Statistica all'università di Palermo nel 1892. Dopo avere svolto un ruolo da leader di fatto dei repubblicani in Parlamento, muovendosi da promotore di iniziative parlamentari come l'inchiesta sull'Eritrea (1891) e la denuncia dello scandalo della Banca Romana (1892), nei primi anni del decennio fu leader dei Fasci dei lavoratori siciliani, rompendo duramente con Francesco Crispi nel 1894 per lo stato d'assedio in Sicilia. Nel suo celebre pamphletNel regno della Mafia (1900) denunciò le connivenze tra mafia, politica ed autorità statali in relazione al clamoroso omicidio del marchese Emanuele Notarbartolo (1893).
Fu sempre rieletto alla Camera, per dieci legislature, fino alla morte[1].
Allo scoppio della prima guerra mondiale, nonostante le sue idee antimilitariste, fu un fervido sostenitore dello schieramento interventista, prima di condurre una vigorosa campagna contro l'Avanti, organo del Partito Socialista Italiano appena sottratto alla direzione di Benito Mussolini, e di criticare apertamente le simpatie bolsceviche di parte del PSI.
Rappresentò a lungo la tipica espressione di un sogno unitario fatto di eroico volontarismo e più tardi, come testimonia un intervento in occasione delle celebrazioni del 1911 per il cinquantenario dell'Unità d'Italia, la consapevolezza che un grande cammino unificante fosse stato compiuto.[2]
Il 4 settembre 1921, due giorni dopo la sua morte, La Voce Repubblicana lo ricordò con questo necrologio:
«In questi ultimi mesi la visione politica dell'antico combattente si era smarrita dietro alcune sue particolari interpretazioni della lotta politica italiana, alla quale ormai partecipava scarsamente con qualche articolo di giornale. Ma il suo passato è di quelli che rendono il ricordo di un uomo incancellabile nella mente dei cittadini che hanno sempre urgente bisogno di rifarsi ad un esempio intemerato»
Il suo corpo è inumato ad Enna, presso il Cimitero Comunale.
Ad Enna gli sono intitolati il Liceo Classico (intitolazione avvenuta quando il Colajanni era ancora in vita) ed una delle piazze principali della città sormontata da una statua in suo onore. Ogni anno, la sua città lo celebra con eventi culturali e commemorazioni.
Opere
La libertà e la questione sociale, 1879
La repubblica e le guerre civili, 1882
La delinquenza nella Sicilia e le sue cause, 1885
Sociologia criminale, 1889
La politica coloniale, 1891
Banche e Parlamento, 1893
Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause, 1894
Le istituzioni municipali
Un sociologo pessimista: Gumplowiz
L'alcolismo sue conseguenze morali e sue cause
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