Monetazione delle Ible

Con monetazione delle Ible si intende l'insieme di monete che si attribuiscono alle antiche colonie sicule che recano il toponimo di Ibla.

Monetazione

La ubicazione di tali località è estremamente incerta, tranne che per Megara Iblea le cui rovine sono situate nell'area dell'odierna Augusta, nel siracusano.

Non sono state rinvenute monete di Megara Ibla nel suo periodo arcaico;[1] una testimonianza numismatica proveniente dal sito la si ritrova solo nel periodo ellenistico e senza che figuri mai la dicitura di Megara Iblea. Seguono una serie di monete con il monogramma YB e ME (e MEΓA) (sul dritto testa femminile e sul rovescio ape in corona), attribuite a Megara e quelle di una Ibla, l'ultima nominata da Stefano che si rifà a Filisto, appellata Styella (Στυελλα) e definita «rocca della megaride»[2] (vd. sezione di appr.) la quale emise due serie di monete argentee (dracme e hemidracmi) anch'esse attribuite dai moderni a Megara Iblea[3] oppure ad una Ibla vicina ad essa, sui monti, data la parola «rocca», o ancora a una località sita molto più a nord degli Iblei: odierna Francavilla di Sicilia nel messinese, il cui sito ha restituito, unicamente, due monete di cui una di Naxos e l'altra di Styella.[4]

Infine la controversia maggiore si ha su una serie di monete, d'epoca tardiva (III sec. a.C.; Barclay Vincent Head data la moneta di Ibla al 210 a.C.), che recano l'incisione ΥΒΛΛΣ ΜΕΓΑΛΑΣ[5] = Ibla Megala, Ibla Magna.[6] La serie sul dritto esibisce la testa femminile di una divinità con un'ape vicino al collo, al rovescio una figura slanciata con bastone o scettro in una mano e nell'altra reca un'anfora, ai suoi piedi un cane e il motto sopracitato. Tra gli studiosi vi è chi sostiene che la legenda sia da riferire all'Ibla sede del re Iblone, il cui territorio era così vasto da poterlo anche donare, per altri era la stessa Megara identificata con la "maggiore" anonima menzionata da Pausania, mentre per altri ancora era la Gereatide.[7]

Il numismatico Ignazio Cazzaniga d'altro canto sostiene che la figura incisa sul dritto della moneta sia la personificazione della città di Ibla, la quale diventa quindi una divinità di nome Ibla; un lume che in epoca romana diviene una Demetra, equivalente a Cerere, luminare dei fertili campi di cereali che attoriniavano Ibla; dea della terra ma non solo, e che il motto ΜΕΓΑΛΑΣ sia un attributo dato alla dea, non un aggettivo che sancisce l'ampiezza della città, ma l'attributo di una dea: una Magna Mater Ceres, (da qui la legenda monetale: Ibla = divinità, Magna = epiteto della divinità)[8] una Soteira (salvatrice, protettrice della città). Ma il termine Soteira, così come l'incisione dell'ape non si addicono ad un'Afrodite o ad una Venere, che sono le dee che molti cercano di identificare nella moneta di Ibla (per conciliare probabilmente la lapide della Veneri Hyblensi)[9] piuttosto sono i simboli di Artemide e delle ninfe: così come il cane presente nell'effigie di Ibla è un altro simbolo della dea delle stelle e della sua protezione,[10] così l'anfora è il simbolo delle ninfe dell'acqua (anticamente chiamate api); è nell'anfora che l'ape deposita il miele; ed è dall'acqua, una fonte o un ruscello, che le api traggono il maggiore nutrimento.[11]

L'ape di Ibla - tenendo presente che l'incisione di api nel metallo era una pratica diffusa nell'antichità[12] - secondo alcuni rappresenterebbe la soavità del miele che produceva[13] e il cane i fertili terreni adibiti alla caccia;[14] secondo altri la dea di Ibla era una dea della natura: una Potnia Theron (Signora degli animali).[15]

Note

  1. ^ Così Georges Vallet in Megara Hyblaea, in Enciclopedia dell'arte antica, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana..
  2. ^ Filisto nel IV libro delle Cose Sicule in Stefano di Bisanzio, in due diversi passaggi alla voce Στυελλα e Yβλαι Τρεις. Cfr. Alberto Campana, p. 3.
  3. ^ Identificano Styela con Ibla Megara, tra gli altri: Ignazio Cazzaniga, pp. 135-136; Sebastiana Consolo Langher, Contributo alla storia della antica moneta bronzea in Sicilia, 1964, p. 140;
  4. ^ Alberto Campana, p. 3.
  5. ^ Vd. immagine della moneta da link esterno: moneta di Ibla url consultato il 20 settembre 2016.
  6. ^ Come nota Ignazio Cazzaniga, a p. 135 «Il nome di Hybla Magna usato da Head, è arbitrario e non ha documentazione». A sostegno di ciò aggiunge che l'aggettivazione data alle tre Ible in Stefano di Bisanzio è personale e non ufficiale e che in Pausania solamente l'Ibla maggiore - che egli colloca a Megara Iblea - viene resa con un aggettivo che ne indica la dimensione, mentre in Tucidide è assente qualsiasi metro di comparazione tra le Ible.
  7. ^ Per le varie interpretazioni vd. es.: Ettore Pais, Studi storici per l'antichitá classica, vol. II, 1909, p. 179; ; La Libreria dello Stato, Bollettino d'arte, vol. 65-67, 1991, p. 20; Annali, 1956, ed. 3-4, p. 251.
  8. ^ Ignazio Cazzaniga, p. 137.
  9. ^ Cfr. La Libreria dello Stato, Bollettino d'arte, vol. 65-67, 1991, p. 20
  10. ^ Non concorda in questo caso Cazzaniga che sul retro della moneta vede il culto di Dioniso: il cane è per lui una pantera; animale simbolo di Dioniso.
  11. ^ Elémire Zolla, I Mistici dell'Occidente: Mondo antico pagano, 1976, p. 175; Antonio Calabrò, L'apificio rischiarato o sia Istruzione pratica pel governo delle api..., 1837, p. 86.
  12. ^ Ad esempio la vicina Siracusa ve le incideva e molti sostengono che non lo facesse per attestare la produzione di miele. Cfr. Ignazio Cazzaniga, p. 137, n. 1.
  13. ^ Ignazio Cazzinaga sostiene che l'emblema dell'ape nelle monete di Ibla arrivò dopo la fama assunta presso le popolazioni latine per il suo miele, il quale veniva contrapposto a quello dell'Attica. Cfr. Ignazio Cazzaniga, p. 137.
  14. ^ Vito Amico, Dizionario topografico della Sicilia, 1858, p. 558.
  15. ^ Eugenio Manni citato in Il breviario miniato dei Carmelitani di Sutera (a cura di Calogero Ferlisi), 2004, p. 75.

Bibliografia

  • Luigi Pareti, I Galeotai, Megara Iblea, ed Ibla Geleatide in Studi siciliani ed italioti, con tre tavole, F. le Monnier, 1920.
  • Ignazio Cazzaniga, Una moneta di Hybla ed il V. 45 del Pervigilium Veneris: nec ceres nec bacchus absunt, Studi Classici e Orientali, 1954.
  • Kókalos, vol. 20, Banco di Sicilia, 1974.
  • Litterio Villari, Ibla Geleate, la Villa Romana di Piazza Armerina, D. Guanella, 1985.
  • Carmelo Ciccia, Il mito d'Ibla nella letteratura e nell'arte, Pellegrini Editore, 1998, ISBN 9788881010431.
  • Lorenzo Braccesi (a cura di), Hesperia 9, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 1998, ISBN 9788882650087.
  • Concetta Muscato Daidone, Avola. Storia della città. Dalle origini ai nostri giorni, CMD EDIZIONI,, 2011, ISBN 9788890227097.
  • Federica Cordano, Massimo Di Salvatore, Il Guerriero di Castiglione di Ragusa: greci e siculi nella Sicilia sud-orientale : atti del Seminario, Milano, 15 maggio 2000, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2002, ISBN 9788882651633.

Collegamenti esterni