Nacque presumibilmente nella seconda metà del XIII secolo, da una nobile famiglia di origine alemanna giunta in Sicilia in epoca normanna[1], da Giovanni Antonio, conte di Sclafani, e dalla nobildonna Antonina di Termine.[2] Altre fonti attribuiscono la paternità ad un Berardo Actarino poi divenuto Sclafani, che fu segreto di Sicilia nel 1281, marito di una Francesca.[3]
Alla morte dello zio materno Matteo di Termine poco dopo il 1300 - che fu maestro giustiziere sotto il re Federico III di Sicilia - ereditò da questi un ingente patrimonio immobiliare e fondiario che lo fece diventare uno dei più ricchi nobili siciliani.[4] Nel 1303, il Re di Sicilia lo investì del titolo di I conte di Adernò, la cui baronia situata nel Val Demone gli era pervenuta maritali nomine.[5][6] Fu descritto nella Descriptio feudorum sub rege Federico come il secondo maggior feudatario di Sicilia dopo Francesco Ventimiglia, conte di Geraci, con una rendita annuale di 1 200 onze[7] e dall'Imperatum Adohamentum sub rege Ludovico come uno dei più ricchi contribuenti, con 97 onze e 15 tarì per un numero di cavalli armati pari a 32 e mezzo.[8] Nel 1320 fondò il borgo di Chiusa Sclafani, nel 1330 fece costruire un imponente palazzo a Palermo, e nel 1344 fece erigere il Monastero di Santa Chiara.
Nel 1350, il Conte di Adernò devastò e saccheggiò con le sue milizie diverse località di campagna del Palermitano, e in risposta a ciò, Manfredi Chiaramonte Palizzi, governatore di Palermo, e nipote omonimo del precedente, organizzò una finta rivolta popolare nella città, capeggiata da Lorenzo Morra, un suo antico servitore, per attirarvi lo stesso Sclafani e Blasco II Alagona.[12] Lo Sclafani, che non cadde nella trappola tesa dal Chiaramonte ai catalani, rimase a Ciminna dove egli dimorava[13], e nel 1351, terminata la rivolta, gli furono confiscati i beni immobiliari posseduti a Palermo.[14]
Ossessionato dalla morte, fece redigere quattro testamenti tra il 1333 e il 1354[15], anno quest'ultimo in cui morì di peste.[16] Non avendo generato discendenti maschi, alla sua morte si aprì una lite per la successione che durò 43 anni, e ne furono protagonisti il nipote Matteo Moncada Sclafani (figlio di Margherita), e i generi Guglielmo Peralta (marito di Luisa) e Matteo Perollo (marito di una figlia naturale, Francesca).[16]
Matrimoni e discendenza
Matteo Sclafani, conte di Adernò, si sposò tre volte: la prima con Bartolomea de Incisa, da cui ebbe la figlia Margherita, che sposò Guglielmo Raimondo Moncada Alagona, conte di Agosta; la seconda con Agata Pellegrino, figlia di Pietro Luca, barone di Adernò, da cui non ebbe figli; la terza volta sposò Beatrice de Calvellis da cui ebbe Luisa, che fu moglie di Guglielmo Peralta dei conti di Caltabellotta.[17] Ebbe inoltre anche tre figlie naturali dalla relazione con Rosa di Patti.[17]