Nacque a Monteforte d'Alpone, provincia di Verona, il 7 gennaio 1915, figlio di Guglielmo e Cecilia Maschi.
Giovane cattolico - superata una grave malattia che l'aveva costretto a diplomarsi quando aveva già 23 anni e a ritardare anche la laurea in Scienze economiche e politiche - aveva intrapreso, nel 1943, la conduzione di sale cinematografiche a Roma e la produzione di film a contenuto scientifico rivolti ai ragazzi.
Arrestato dalla polizia fascista e incarcerato agli Scalzi di Verona (nella stessa cella di Norberto Bobbio), Dal Cero, approfittando di un ricovero nell'ospedale di Soave, nel luglio del 1944 riesce ad evadere e a riprendere la lotta contro i nazifascisti.
Venne ucciso il 29 aprile 1945 a Masi di Gambellara da Alessandro Disconzi partigiano di Roncà (Verona), che fu responsabile il successivo 11 maggio 1945 anche della morte del partigiano Adriano Chieppe ucciso con un colpo di fucile Mauser presso la sede del CLN di Roncà.
Le indagini appurarono che Dal Cero aveva le prove di attività illecite del partigiano “Nane”, alias Giovanni Tesseiner e del Disconzi e per questo fu ucciso. Il Chieppe sarebbe stato eliminato in quanto testimone scomodo di crimini commessi dal Disconzi.
Lisetta Dal Cero consigliere comunale e sorella di Luciano testimoniò al processo e successivamente ribadì che «Luciano fu il primo a trovare i nemici e uno di loro gli sparò in testa facendolo accasciare sotto un albero dove poi arrivò subito un partigiano che lo colpì a sua volta in testa. Quel partigiano era un comunista di Roncà e si chiamava Alessandro Disconzi; sparò a mio fratello perché i suoi comandanti comunisti gli avevano promesso 500mila lire per eliminare mio fratello».
Disconzi, condannato per l’uccisione “involontaria” di Dal Cero, si diede alla latitanza.[1][2][3]
A Dal Cero, a Verona, hanno intitolato un viale. Porta il suo nome, dal 25 aprile 1975, anche l'Istituto tecnico statale di San Bonifacio.
Nel 2019 un gruppo di docenti e studenti di questo istituto hanno intrapreso una ricerca storica sulla figura di Luciano Dal Cero, ricostruendone la vita e hanno prodotto un libro e un documentario.
«Portava nella lotta di resistenza al tedesco invasore l’entusiasmo della sua giovinezza e della sua anima ardente di patriota organizzando, potenziando e guidando sempre personalmente le formazioni da lui comandate e presso le quali aveva fatto rifulgere le sue doti di capo. Catturato nel corso di un’azione di guerra, per più giorni veniva sott posto alle più atroci torture perché rivelasse i nomi dei compagni di lotta e l’entità delle forze partigiane, ma nessun nome, nessuna notizia uscì mai dalle sue labbra. Dopo duri mesi di prigionia che compromisero seriamente la sua salute già minata da una grave malattia riusciva, grazie ad un abile stratagemma, ad evadere e da questo momento, riparato in montagna riprendeva la lotta, a capo di una Brigata, con rinnovata fede ed energia. Le radiose giornate dell’insurrezione lo vedevano sempre primo alla testa dei suoi uomini incalzare da presso le forze tedesche in ritirata, sinché colpito a morte cadeva da prode nel nome d’Italia. Verona, settembre 1943 - 29 aprile 1945.[4]» — Decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1950.[5]