Longobucco è un comune italiano di 2 517 abitanti[1] in provincia di Cosenza, posto in una vallata della Sila Greca, percorsa dal fiume Trionto. È il quarto comune più esteso della Calabria.[3] Nel suo territorio sorge, immersa nei boschi della Sila, la località Fossiata (m 1315 s.l.m.), in prossimità del lago Cecita, massimo bacino dell'altopiano silano.
Il nome del paese deriva dal latino longa bucca (ossia "lunga concavità") che a sua volta si riferisce al nome del torrente Macrocioli, dal greco bizantino makrokoilos (che significa "lunga cavità").
Nel 1487 re Ferrante d'Aragona di Napoli, grato a Ludovico il Moro per l'aiuto ricevuto nella lotta contro la congiura dei baroni, gli concesse il principato di Rossano e le contee calabre di Borrello, Longobucco e Rosarno, che venivano ad aggiungersi al ducato di Bari, già in suo possesso dal 1479.[4] Già a partire da allora ne fu altrettanto titolare la di lui moglie, Beatrice d'Este, nipote e figlia adottiva del re, per volontà dell'avo che gliela concedeva in moglie. Alla morte di quest'ultima, nel 1497, Ludovico (ormai duca di Milano) cedette Longobucco insieme all'intero ducato di Bari al loro secondogenito Sforza Francesco, ma questi non ne godette che fino al 1499, poiché a causa dell'imminente invasione francese del ducato di Milano e di una confusa e infruttuosa manovra politica del padre Ludovico, Longobucco con l'intero ducato di Bari fu occupato da Isabella d'Aragona, pur continuando a esserne titolare Francesco.[5]
Il paese rivestì un ruolo molto importante durante il brigantaggio: nativi di Longobucco erano i feroci briganti Palma, Faccione, Santoro, che si faceva chiamare Re Coremme.
Durante il fascismo vennero confinati in questo paese alcuni dignitari etiopi che avevano avuto importanti ruoli nella resistenza al colonialismo fascista.
Lo stemma e il gonfalone del comune sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 22 giugno 2005.[6][7]
«Stemma partito di rosso e di verde, al tempietto, scalinato di due, con alta cupola tondeggiante, con due colonne laterali ioniche, d'oro, finestrato con finestrella tonda, di argento, chiuso dello stesso. Sotto lo scudo, su lista bifida e svolazzante di rosso, il motto, in lettere maiuscole di argento, Temesen antiquum nomen meum. Ornamenti esteriori da Comune»
(D.P.R. 22.06.2005)
Il gonfalone è un drappo partito di verde e di rosso.
Molti luoghi del centro abitato di Longobucco hanno un'importanza storica di rilievo.
Ha sede a Longobucco nella bella cornice dell'ex convento dei Frati Francescani minori, costituisce un altro concreto passo nel cammino della diffusione della conoscenza del territorio della Sila e della sua popolazione. Il Museo si configura quale vera e propria vetrina che mette in luce le peculiarità dell'area dell'altopiano silano con particolare attenzione a tutte le tematiche connesse all'artigianato locale (la lavorazione dei tessuti, quella dei metalli e l'oreficeria, la lavorazione del legno e della pietra) e la difesa dell'ambiente.
Abitanti censiti[9]
Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2009 la popolazione straniera residente era di 56 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano:
Ogni anno nel mese di settembre si svolge la fiera di Puntadura.
Nel tardo medioevo a Longobucco si sviluppò una attività estrattiva dell'argento, la maggiore del regno di Napoli, che non resse dopo l'arrivo dell'argento dalle Americhe [10]
Le attività più sviluppate sono l'agricoltura, la tessitura dei tappeti, la lavorazione del legno e l'edilizia. Interessanti prospettive sono offerte anche dal turismo naturalistico, per i boschi e le sue montagne incontaminate facenti parte del Parco nazionale della Sila. Fra le lavorazioni artigianali si distinguono la lavorazione del ferro battuto, del legno, della pietra e la fabbricazione di tessuti di lana, cotone e seta, tessuti e ricamati a mano con un ricco repertorio di disegni antichi e moderni.[11][12] Esiste in paese una mostra permanente di tessuti artigianali. Gli anni cinquanta coincisero con uno sviluppo demografico, dovuto anche alla favorevole congiuntura a livello nazionale, rilanciando il paese dal punto di vista economico. Successivamente la popolazione ha subito un consistente flusso migratorio anche a causa di una cattiva gestione della montagna, così che gli abitanti si sono ridotti da oltre 8.000 agli attuali 3.466. Potenziale economico commerciale hanno certe specialità gastronomiche: tra queste spicca il salume denominato sacchetto di Longobucco preparato con carne di zampa del suino nero calabrese.[13]
Buona parte del suo territorio oggi fa parte del Parco nazionale della Sila.
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