Questo pensatore iconoclasta, nella sua ostilità all'istituzione confuciana, taccia l'ortodossia, specie quella di Zhu Xi, d'ipocrisia, e mette in dubbio l'infallibilità dei Classici, il che gli varrà gli strali di Wang Fuzhi. Proclama la legittimità dei desideri in due opere-manifesto: il Libro da bruciaree il Libro da nascondere. Furono vietati e Li Zhi si suicidò in prigione.
Vicino a Wang Yang-Ming, Li Zhi s'ispirò al buddismo: poiché ogni essere possiede la natura di Budda, basta liberarsi dalle costrizioni sociali per raggiungere la liberazione.[2]
Mettendo lo spirito polemico e lo spontaneismo del Chan al servizio della contestazione sociale e culturale, Li Zhi è uno dei primi pensatori e il più radicale nella sua rimessa in discussione della tradizione cinese e dell'ideologia confuciana che le serve da fondamento.
Commentatore di opere dell'Antichità (lo Yijing, lo Laozi, lo Zhuangzi...), Li Zhi fu anche un amante della letteratura in lingua volgare, e scrisse commentari su più opere di questa letteratura, come la commedia teatrale La storia del padiglione occidentale o il romanzo I briganti. Il suo Discorso sul cuore di bambino è particolarmente conosciuto: vi tiene un elogio dell'« espressione spontanea » (ziwen) dei sentimenti, opponendosi agli emuli degli Antichi. Autenticità e sincerità non hanno per lui migliore esempio che il romanzo I briganti, che elegge a uno dei cinque più grandi capolavori di tutti i tempi[3].
^ Edoarda Masi, Cento capolavori della letteratura cinese, Macerata, Quodlibet, 2009, pp. 305-306, ISBN978-88-7462-628-1.
^Rainier Lanselle, in André Lévy (dir.), Dictionnaire de littérature chinoise, Presses universitaires de France, coll. « Quadrige », 1994, ried. 2000, p. 180-181