Imitazione

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L'imitazione (dalla parola latina imitatio -onis , che discende a sua volta dal verbo imitāri - imitare) è un'attività di produzione o un comportamento non originale, basati su un modello preesistente che si ritiene valido e che si cerca di eguagliare intenzionalmente o casualmente.

La parola può avere sia valenza positiva, se il modello è preso solo come punto di partenza e stimolo, che negativa, quando la riproduzione è solo una sterile e pedissequa copia dell'esempio esistente.[1]

Un macaco neonato imita la linguaccia

L'imitazione nelle scienze umane

L'imitazione in filosofia ricorre sotto il termine greco mimesi che vuole spiegare il rapporto tra il principio primo e gli effetti materiali di questo.

Lo stesso argomento in dettaglio: Mimesi.

Dell'imitazione si è occupata anche la pedagogia in quanto questo comportamento, prima istintivo poi riflesso, costituisce una modalità fondamentale dell'apprendimento infantile[2] e in genere di quello degli animali.[3][4]

L'analisi psicologica ha messo in rilievo il pericolo di usare il termine imitazione in senso generico ed astratto riferendolo ad ogni tipo di atteggiamenti che si riferiscono a funzioni ed attività diverse: così se il bambino con l'imitazione acquista l'uso del linguaggio e si introduce nella cultura a cui appartiene, nell'adulto è la suggestione[5] e l'identificazione[6] che lo spinge ad imitare.

La psicologia dell'età evolutiva ha descritto la socializzazione infantile e la formazione della personalità come un processo durante il quale il bambino si rivolge a modelli privilegiati che egli trova nell'ambiente sociale in cui vive. Questa "socializzazione secondaria", com'è stata chiamata, è soprattutto un fenomeno di identificazione.

Secondo la psicologa Susan Blackmore la capacità di imitare è stata la caratteristica distintiva fondante del processo culturale umano e non il linguaggio[7].

Gabriel Tarde

Gabriel Tarde è colui che per primo, ha preteso di studiare scientificamente il fenomeno sociale dell'imitazione, studiandone le "leggi" nella sua opera fondamentale sulle "Leggi dell'imitazione". L'imitazione, per Tarde, è il fenomeno sociale elementare, così che la società viene definita "un gruppo di persone che presentano tra loro molte somiglianze prodotte per imitazione". La sua è una vera e propria antropologia mimetica: "l'essere sociale, in quanto sociale, è essenzialmente imitatore".

Jean Piaget

Jean Piaget si è interessato dell'imitazione collegandola allo sviluppo mentale del bambino quando, intorno al secondo anno d'età, dal livello senso-motorio, dove è già presente una primitiva semiotica (gioco simbolico, disegno, linguaggio...)[8] passa a quello rappresentativo mentale dove raggiunge la padronanza dell'imitazione anche senza più il modello da imitare ("imitazione differita").[9]

Questo comportamento imitativo riguarda non solo l'individuo isolato ma anche colui che entra in rapporto con la società tramite l'imitazione di gesti, modi di dire, azioni che vengono condivisi come accade ad esempio in un rapporto di amicizia.

Il concetto di imitazione infatti costituisce il nucleo della psicologia sociale di Gabriel Tarde (18431904) che ha considerato questo fenomeno psicologico fondamentale nella costituzione dei rapporti sociali.

Karl Jaspers

Karl Jaspers

La psicanalisi considera l'imitazione un fenomeno di identificazione per lo più con i propri genitori e si è interessata di particolari aspetti patologici come l'imitazione isterica originata dal fenomeno della suggestione che genera anche, come ha messo in rilievo Karl Jaspers, quella imitazione per contagio involontaria nelle masse:

«Nel senso più vasto appartengono ai fenomeni suggestivi le imitazioni involontarie… L'individuo perde nella folla la padronanza di se stesso. Non perché si entusiasmi da sé, ma perché la folla lo contagia, così si propagano le passioni; le mode e le usanze hanno la loro origine in questa imitazione… Noi giudichiamo, valutiamo, prendiamo posizione, riprendendo semplicemente, contro la volontà e senza saperlo, i giudizi e le valutazioni di altri. Non abbiamo affatto valutato, giudicato, preso posizione da noi, e tuttavia abbiamo il sentimento della presa di posizione personale. Questa adozione dei giudizi altrui senza un giudizio proprio, si chiama suggestione del giudizio... Ma le suggestioni possono essere anche intenzionali[10] [come quelli causati da affetti vissuti in modo eccessivo e morboso come nel caso del plagio[11]. In ogni relazione (tra maestro e allievo, tra terapeuta e paziente, tra direttore spirituale e fedele) possono intervenire elementi di manipolazione. Ma i rischi aumentano quanto più ci si allontana da una relazione naturale (o un gruppo si differenzia dalle comunità naturale)][12]»

René Girard

René Girard

Anche l'antropologia ha rivolto la sua attenzione al fenomeno dell'imitazione che è stato sviluppato e assunto come istanza fondamentale dell'agire umano nella teoria mimetica dell'antropologo francese René Girard che afferma che tutte le azioni dell'uomo sono determinate dal suo desiderio di emulare e imitare (desiderio mimetico) qualcuno che gli appare felice, perché egli spera di arrivare a possedere la stessa felicità.[13]

Imitando l'altro, però, spesso l'uomo trasforma il suo modello in un rivale e inizia a provare per lui sentimenti di invidia e odio.

Le relazioni personali risultano quindi un intreccio di micro-conflitti generalmente insanabili e sfociano in un conflitto generalizzato del tutti contro tutti.

Da questa situazione potenzialmente distruttiva i gruppi umani possono uscire in modo spontaneo solo se emerge, più o meno per caso, un unico rivale collettivo che attira involontariamente l'odio di tutti, reciprocamente imitato. Su tale essere si sfoga la frustrazione collettiva in forma generalmente di espulsione o eliminazione violenta.

Liberi da colui che è stato identificato come "il male", i membri del gruppo si trovano (temporaneamente) riappacificati tra loro, e gli attribuiscono ora anche la responsabilità di questa soluzione liberatrice.

Ben presto però, il desiderio imitativo torna a fomentare l'intreccio di conflitti e porterà a una nuova soluzione violenta ai danni di un nuovo innocente. Nasce così il concetto di "sacro" primitivo, con il suo doppio volto di dio malevolo-benigno e la sua ciclica sete di vittime.

Secondo Girard esiste solo un'istanza culturale in grado di proporre agli uomini un'alternativa pacifica alla conclusione violenta delle loro crisi, e questo è il messaggio cristiano.

Cristo, accettando di divenire il capro espiatorio[14] di turno, entra nel meccanismo dell'odio collettivo e, da dentro, lo scardina e lo svela in modo razionale con la sua predicazione, con i gesti da lui compiuti, e con l'evento della Risurrezione.

Il racconto della risurrezione degli dei primitivi è dunque frutto del meccanismo di capro espiatorio, perché non svela l'innocenza della vittima ma anzi nasconde il fatto stesso che la vittima è stata uccisa dagli uomini, ed è solo la manifestazione del fatto che la violenza umana ritorna. Al contrario, la Risurrezione di Cristo, che è la risurrezione di una vittima esplicitamente innocente e uccisa in modo arbitrario, produce l'annullamento del meccanismo di capro espiatorio e rende giustizia alle vittime di tutti i tempi.

Note

  1. ^ Vocabolario Treccani alla voce corrispondente
  2. ^ P.Guillaume, L'imitation chez l'enfant, Paris, 1926
  3. ^ P. Guillaume, La psychologie animale (Colin, 1940)
  4. ^ Tra gli animali si verifica il fenomeno del mimetismo dove l'imitazione è però un fenomeno biologico fisico evolutivo con cui l'animale imita l'aspetto fisico di un altro animale o di un oggetto al fine di dare un'immagine virtuale di sé che lo preservi da attacchi predatori.
  5. ^ H.J. Eysenck, Dimensions of Personality (1947)
  6. ^ identificazione psicologica Archiviato il 2 giugno 2012 in Internet Archive. in Dizionari Simone online.
  7. ^ La macchina dei memi
  8. ^ J. Piaget, La rappresentazione del mondo nel fanciullo. Edizione italiana : 1966, Bollati Boringhieri
  9. ^ J. Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino. Edizione italiana: 1967, Einaudi
  10. ^ Karl Jaspers, Psicopatologia generale, Il pensiero scientifico editore. pag. 406 e sgg.
  11. ^ M. Di Fiorino, La persuasione socialmente accettata, il plagio e il lavaggio del cervello, Forte dei Marmi, Psichiatria e Territorio vol. I, 1990.
  12. ^ M. Di Fiorino, L'illusione comunitaria. La costruzione moderna delle comunità artificiali, Bergamo, Moretti & Vitali, 1998. ISBN 88-7186-107-8.
  13. ^ R. Girard, Mensonge Romantique et Vérité Romanesque, (Menzogna romantica e verità romanzesca), 1961.
  14. ^ R. Girard, Le bouc emissaire (1982), trad. it. Il capro espiatorio, a cura di Christine Leverd e F. Bovoli, Adelphi, Milano 1987

Bibliografia

  • Luigi Volpicelli, Lessico delle scienze dell'educazione, Firenze, Vallardi, 1978.

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Collegamenti esterni

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