Con la proclamazione della Repubblica Sociale Italiana divenne federale di Roma[4] dove fu chiamato inizialmente a svolgere l'incarico di ispettore dei Fasci e in seguito a sostituire il federale Gino Bardi, il quale aveva costituito una banda dedita a rapine e di cui aveva guidato l'arresto dopo un'irruzione in Palazzo Braschi il 26 novembre 1943[7]. Il 18 febbraio 1944 subì, uscendone illeso, un attentato gappista nel corso del quale morirono tre agenti di scorta, l'autista e il vice segretario federale Serafini[8].
Nel novembre 1944 divenne alto commissario per il Veneto fino alla fine della guerra in questo periodo appoggiò l'azione del ministro dell'Interno volta a riorganizzare le forze di polizia della RSI e i reparti autonomi ponendoli tutti sotto il comando delle questure[13]. A tal fine in una riunione tenuta a Padova il 5 gennaio 1945 alla presenza dei questori del Veneto, degli uffici provinciali della Guardia Nazionale Repubblicana e degli stati maggiori delle Brigate Nere tentò inutilmente di portare sotto l'esclusiva responsabilità delle questure la tutela dell'ordine pubblico scontrandosi però con la GNR e le Brigate Nere che non nutrivano fiducia nella polizia[13]. Pizzirani, scontento del clima di reciproca sfiducia, trovò comunque un compromesso in Veneto delegando l'ordine pubblico alle questure e i reati politici agli UPI della GNR mentre le Brigate Nere avrebbero avuto ruolo esclusivamente militare[14]. La sera del 27 aprile 1945 firmò la resa delle autorità civili di Padova al CLN[15].
Nel dopoguerra organizzò alcuni gruppi neofascisti clandestini. Referente a Roma dei Fasci di azione rivoluzionaria fece parte del direttorio e il 21 giugno 1947 nell'ambito di una estesa serie di perquisizioni svolte in tutta Italia fu arrestato dalle forze dell'ordine[18][19]. Nonostante la perdita di Pizzirani la guida dell'organizzazione rimase intatta anche se alcuni mesi più tardi si sciolse[19]. Lo storico Giuseppe Parlato definisce Pizzirani «personaggio non marginale nelle vicende del passaggio dalla RSI al neofascismo»[20].