Architetto primario del senato di Palermo, completò poi a Roma la sua educazione alla scuola di Carlo Fontana. Influenzato dall’architettura locale di Palermo, in particolare da Tommaso Maria Napoli, architetto di formazione austriaca e quindi della scuola del barocco austriaco. Vaccarini entrò a far parte dell'entourage del cardinale Pietro Ottoboni, mecenate di Händel, Corelli e Juvarra. A Roma studiò con Carlo Fontana[1] che proponeva l'arte di Bernini e Borromini, secondo l'idea di una sintesi tra le opposte maniere dei due architetti. Per la sua formazione furono assai importanti anche gli esempi di Nicola Michetti, Alessandro Specchi, Francesco de Sanctis e Filippo Raguzzini.
Tornato in Sicilia intorno al 1730, Vaccarini lavorò principalmente a Catania[2], dando un importante contributo alla ricostruzione dell'impianto urbanistico dopo il devastante terremoto del 1693. Nella piazza del Duomo, in cui è collocato il palazzo comunale (Palazzo senatorio o Palazzo degli Elefanti), anch'esso opera di Vaccarini (costruito tra il 1732 e il 1750), l'architetto fece collocare anche un obelisco egittizzante, appoggiato sulla statua tardoantica di un elefante in pietra lavica (la cosiddetta Fontana dell'Elefante). L'iconografia dell'elefante che sostiene l'obelisco presenta reminiscenze della Hypnerotomachia Poliphili (romanzo allegorico stampato da Aldo Manuzio alla fine del Quattrocento), da cui trasse ispirazione anche Gian Lorenzo Bernini per il celebre Pulcin della Minerva.
Nel restauro della cattedrale di Sant'Agata (1732-1768) la parte che meglio mostra lo stile di Vaccarini è la facciata, movimentata da colonne e specchiature alternate di marmo bianco e pietra lavica.
Nella più piccola chiesa della Badia di Sant'Agata, adiacente alla cattedrale (1735), l'architetto svolse con originalità alcuni spunti borrominiani presenti nella chiesa di Sant'Agnese in Agone (Roma), evidenti nella pianta centrale sormontata da un'alta cupola e nella delicata fronte, mossa da leggere increspature concave e convesse e caratterizzata da paraste con originalissimi capitelli. Proprio la finezza dei dettagli (cornici, balaustre, finestre) fu una caratteristica sempre presente nelle sue opere, anch'essa derivata dal periodo di formazione romana.
Gli esiti di questo aggiornamento sono visibili nelle sue ultime architetture catanesi con influenze neoclassiche vanvitelliane, come il Collegio Cutelli (1754) e la collaborazione al progetto di San Nicolò l'Arena.
facciata del duomo di Catania (più prospetto laterale e facciata dell'edificio destinato al Capitolo e alla Sagrestia): il progetto riceverà l'imprimatur dell'Accademia di San Luca nel 1734 e di nuovo nel 1753;
Salvatore Boscarino, Sicilia Barocca. Architettura e città 1610-1760, Roma, Officina Edizioni, 1986.
Santo Daniele Spina, L'obelisco “egittizzante” di Catania in Agorà, n. 13/15, aprile-dicembre 2003, pp. 12–23.
Spina, Santo Daniele, Der rätselhafte Obelisk in Catania in Kemet, n. 3, Berlin, Juli 2007, pp. 64–67.
Santo Daniele Spina, L'obelisco "egittizzante" dell'elefante di Catania. Storia degli studi e nuove prospettive di ricerca in Memorie e Rendiconti dell'Accademia di Scienze lettere e belle arti degli Zelanti e dei Dafnici, serie V, vol. V, (2006), Acireale, dicembre 2007, pp. 191–270.
Eugenio Magnano di San Lio, Giovan Battista Vaccarini, architetto siciliano del Settecento, Lombardi Editori, 2010.
Santo Daniele Spina, Il misterioso obelisco dell'elefante di Catania, Catalogo della mostra, Biblioteche Riunite «Civica e A. Ursino Recupero», refettorio piccolo, 11 aprile-31 luglio 2012, Lulu edizioni, ottobre 2012.