Dapprima avviato alla carriera ecclesiastica, si volse successivamente allo studio delle arti divenendo professore di lettere. Nel 1777 avviò una propria attività editoriale, fondando la Tipografia Patria (cfr. Faccio - Chicco - Vola, Vecchia Vercelli, Vercelli 1961, II, p. 403). Dopo lo scoppio della rivoluzione francese divenne sostenitore dei principi rivoluzionari. Preparò una rivolta a Vercelli ma, scoperto, riuscì a riparare dapprima in Svizzera, a Lugano, e successivamente in Francia. Nel 1793 diede vita al Monitore italiano politico e letterario, uno dei primi giornali italiani filo-francesi[1]. Fu arrestato a Nizza e vi rimase, in carcere, dal settembre 1794 al marzo del 1795, dove scrisse l'"Esame della confessione auricolare della Chiesa di Cristo". Sostenne un'alleanza franco-piemontese contro l'Austria. Durante la campagna francese del 1796 in Piemonte, organizzò un moto repubblicano ad Alba[1].
Fu attivo durante i moti "giacobini" del 1796, durante i quali ideò il tricolore repubblicano rosso, blu, arancione (detto anche tricolore di Alba e oggi adottato per il gonfalone della Regione Piemonte)[2]. Dopo l'armistizio di Cherasco riparò a Milano, dove diresse il giornale L'amico del popolo italiano[1].
Auspicò il ritorno della Chiesa alla semplicità e purezza evangelica in cui conciliare gli ideali del Cristianesimo con quelli della rivoluzione francese[1]. La sua coscienza era tuttavia diversa da quella dei patrioti più radicali; riprendendo infatti le idee dei fisiocratici francesi sosteneva che il diritto di cittadinanza appartenesse solo a chi fosse proprietario terriero[3]. Propose inoltre la formazione in Italia di una federazione[4] come embrione di un'entità statuale che comprendesse anche il Canton Ticino, la Corsica e Malta[1].
Riprendendo idee federaliste già espresse nel XVIII secolo da pensatori come Antonio Genovesi e Gian Francesco Galeani Napione, al Concorso di idee indetto nel 1796 a Milano dal governo francese su «Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità d'Italia?» Ranza propose una sua idea di confederazione italiana di repubbliche autonome aventi politica estera, militare e commerciale in comune, da decidere in un Congresso generale delle Repubbliche federate, da riunire a Pisa, città più facilmente raggiungibile da tutta l'Italia. Nel 1797 fece stampare, sempre a Milano, un opuscolo intitolato Vera idea del Federalismo, in cui perfezionava meglio la sua proposta, suggerendo che all'assemblea federale ogni repubblica inviasse due rappresentanti.
A Vercelli esiste un circolo culturale che si ispira alle sue opere.[5]
La città ha anche onorato il suo illustre concittadino dedicando una targa in corso Libertà davanti alla casa dove nacque.[6]