La biografia del pittore è poco nota nei dettagli, a partire da dove egli si sia formato. Nel 1510 ottiene l'atto di emancipazione dal comune di Caravaggio, che gli consente di abbandonare la terra patria e dirigersi verso Brescia, dove soggiorna a lungo, pur mantenendo una certa mobilità tra le due città. Sono forse da ipotizzare anche un viaggio a Cremona e uno a Padova[2].
Dal 1520 in poi prosegue l'alternanza tra Brescia e Caravaggio, facendo registrare l'ultima presenza a Brescia nel 1527. Non si hanno in seguito più notizie circa la morte del pittore o altri viaggi compiuti[2].
Opere e stile
Dal linguaggio espresso nelle poche opere note (solamente cinque documentate) è innegabile una profonda vicinanza con lo stile del Romanino, benché non si abbia modo di risalire a come, dove e quando il Prata abbia avuto modo di lavorare a fianco del maestro tanto da apprenderne la maniera così dettagliatamente[2][3].
La prima opera a lui attribuita dal punto di vista cronologico è la Pala Sabauda nella Galleria Sabauda di Torino, di provenienza bresciana, databile al 1511. Posteriori sono alcuni affreschi frammentari a Cremona a lui riconducibili, città nella quale potrebbe essersi recato a causa del sacco di Brescia del 1512. Segue forse un viaggio a Padova, nel 1513-1514, dove ha modo di studiare la Pala di Santa Giustina del Romanino in corso d'opera[2].
Sebbene la produzione appaia limitata e il suo operato non abbia mai ottenuto una certa fortuna critica (era sconosciuto a Giovanni Battista Cavalcaselle, che non lo nomina nella sua History of Painting in North Italy del 1912), stupisce come invece, all'epoca, dovette rivestire una personalità artistica di spessore. È registrato tra i partecipanti al Collegio cittadino dei pittori tenutosi a Brescia nel 1517 nella chiesa di San Luca assieme a Moretto, Romanino, Floriano Ferramola e altri e in più d'un atto notarile è espressamente nominato "pictore". Le opere che ha lasciato, in ogni caso, consentono di leggere questa personalità, anche solo nella grande capacità di interpretare il Romanino e rielaborarlo mediante aggiunte e modifiche originali, anche dal punto di vista luministico, con un risultato che va molto oltre la pura e semplice copia[2][3].
^abcdef Alberto Zaina, Una Sant'Agata e due Salomé. Proposte per una revisione cronologica dell'attività bresciana di Francesco de Prato da Caravaggio (PDF) (abstract), in Civiltà Bresciana, n. 1-2, Brescia, Fondazione Civiltà Bresciana, 2008, pp. 77-116, ISSN 1122-2387 (WC · ACNP). URL consultato il 18 aprile 2023.
^ab Pietro Tirloni, Pittori caravaggini del Cinquecento, Bergamo, Monumenta Bergomensia, 1963, p. 98, OCLC248979386, SBNTO00753252.
«[...] la Pietà della parrocchiale di Manerbio, seguita, nello schema generale, dalla Pietà della parrocchiale di Isorella, più unitaria e toccante. [...]»
^abAntichità viva, anno XV, n. 4, Firenze, Edam, luglio-agosto 1976, p. 60, SBNLO11614537.
«[...] Così, se di fronte allo ' Sposalizio ' di Brescia (scheda 2), alle ' Pietà ' di Brescia (scheda 4), Isorella (scheda 7) e Manerbio (scheda 8), al ' Martirio di S. Agata ' (scheda 3) nell'omonima chiesa bresciana [...]»
«Sulla parte destra sta una bella Pietà di Francesco di Prato da Caravaggio»
^Vittorio Sgarbi e Mario Lucco (a cura di), Natura e Maniera tra Tiziano e Caravaggio. Le ceneri violette di Giorgione, Milano, Skira, 2004, p. 218, ISBN9788884916082.
«La Pietà di Manerbio, firmata, è una delle opere di riferimento del pittore caravaggino»
«[...] pittore non indegno di ricordo, che lavorò tra i seguaci del Romanino, come appare da una pala d'altare [...], da una Pietà della parrocchia di Manerbio e dall'affresco [...]»
«[...] il Caravaggino è documentato dal 1522, anno in cui dipinse il « Martirio di S. Agata tra S. Pietro, Santa Lucia e S. Apollonia e S. Paolo » dell'omonima chiesa di Brescia. [...] Altre opere sono le « Pietà » della parrocchiale di Isorella e della parrocchiale di Manerbio (firmata), [...]»
^ Lino Marzocchi, Francesco Prata da Caravaggio. Deposizione, in Con Venezia: fra gente perduta sulla terra (confraternite, vicinie, estimi e Isorella nei secoli XVI-XVIII), Montichiari, Zanetti Editore, 2001, p. 69, OCLC878528705, SBNRAV0823673.
«15. "Compianto sul Cristo morto" o "Deposizione" di Francesco Prata da Caravaggio, commissionata all'artista dalla Scuola del Corpo di Cristo di Isorella (anni trenta del '500).»
^ Sandro Guerini, Guida artistica, in Angelo Chiarini, La Signora e l'Ancella. Isorella e le sue chiese, Montichiari, Ciessegrafica, aprile 1988, p. 114, ISBN non esistente, OCLC955485947, SBNCFI0155460.
«[...] Sull'altare della Scuola del Corpo di Cristo, nella primitiva chiesa cinquecentesca, era collocato il dipinto più importante di Isorella, e cioè la "Deposizione", ancora conservata, ed attribuita a Francesco Prato da Caravaggio [...] La nostra tela, nel viso di S. Giovanni, ricorda il beato Filippo Benizzi della pala romaniniana un tempo in S. Alessandro a Brescia ed ora a Londra. Questa similitudine può fornire un buon indizio per la datazione del quadro di Isorella intorno al 1530. [...]»
Bibliografia
Massimiliano Capella, Novità a margine della produzione giovanile di Francesco Prata da Caravaggio in "Artes", 7, 1999
Paola Castellini, Il misterioso proto-Caravaggio, in StileArte, 108, 2007
Gaetano Panazza, Camillo Boselli, Pitture a Brescia dal '200 all'800, Brescia, 1946.