La ferrovia, nota come BrS (Bruneck-Sand in Taufers), venne costruita nei primi anni del XX secolo, quando il Tirolo faceva parte dell'Impero austro-ungarico, per collegare il paese di Campo Tures (Sand in Taufers), che già a quel tempo era una meta di villeggiatura molto amata, alla già esistente ferrovia della Val Pusteria[1].
L'iniziativa nacque dal dottor Hans Leiter e dall'industriale locale Josef Beikircher (1850-1925)[2], che fondarono un comitato promotore il quale nel luglio 1907 riuscì ad ottenere l'autorizzazione alla costruzione e il finanziamento statale[1].
Il progetto di massima dell'opera fu approvato con decreto ministeriale del 1904[3] e, ottenuti i fondi dallo Stato e dai Comuni interessati, la costruzione della linea fu affidata alla ditta dell'ingegner Josef Riehl[4]; l'inaugurazione si tenne il 20 luglio 1908[1].
Fino alla fine della prima guerra mondiale il servizio venne espletato dalla Südbahn, che gestiva altresì la ferrovia del Brennero e la ferrovia della Val Pusteria. Dopo il passaggio del territorio all'Italia, nel novembre 1919 la gestione della ferrovia fu affidata alle Ferrovie dello Stato[1]; il processo di sviluppo della linea, che prevedeva il prolungamento di 11 km fino a Cadipietra, si era nel frattempo però arrestato[3].
Con l'avvento della motorizzazione su gomma e a causa dello stato sempre più precario del materiale di trazione e della linea stessa, dal 1º febbraio 1957 l'attività ferroviaria fu sostituita da corse con gli autobus; il materiale rotabile fu trasferito a Merano e venduto per la demolizione nel settembre del 1958. Dopo la chiusura la linea venne smantellata assieme a parte dei fabbricati[5].
Studi di fattibilità per la sua ricostruzione[4] non condussero ad alcun risultato concreto. La pista ciclabile Brunico-Campo Tures ricalca in minima parte il tracciato originario.
Caratteristiche
La linea era a binario unico, a scartamento mm. 1435, elettrificata in corrente continua a 800 V[3] e superava un dislivello di 38 m con un percorso di 15,240 km[3] caratterizzato da una pendenza massima del 18 per mille e da curve con raggio minimo di 150 m[1]. L'armamento era di tipo leggero, con caratteristiche di tipo tranviario e permetteva un carico assiale di sole 10 tonnellate[6]. Lungo il percorso si contavano 74 passaggi a livello[3].
L'energia elettrica per l'alimentazione della linea, che era elettrificata sin dall'apertura, era fornita dalla centrale idroelettrica di Rio Molino - Mühlbach con una linea a 3 kV in corrente alternata che alimentava la sottostazione elettrica di Villa Ottone, equipaggiata con un convertitore rotante per abbassare la tensione e convertirla in corrente continua a 750 V[6].
I primi due binari e due binari tronchi della stazione di Brunico erano dotati della linea aerea di tipo tranviario a servizio dei treni da/per Campo Tures.
La ferrovia, subito dopo avere lasciato questa stazione, superava assieme alla ferrovia della Val Pusteria il ponte del fiume Rienza; raggiungeva quindi le stazioni di San Giorgio, Gais e Villa Ottone, località servita da due impianti e caratterizzata dalla presenza della sottostazione elettrica. Uscendo dalla stazione attraversava il ponte in ferro lungo 33 metri sull'Aurino, opera d'arte più significativa della linea.
Servite Molini di Tures e Caminata di Tures, i treni giungevano infine alla stazione capolinea di Campo Tures[6].
Erano previste sei corse giornaliere con un tempo di viaggio da 45 a 50 minuti[1].
Materiale rotabile
Il servizio viaggiatori veniva assicurato con materiale con caratteristiche prettamente tranviarie, che comprendeva due elettromotrici a due assi con cassa in legno marcate BrS 101-102, o BCD 101-102 secondo altre fonti[7], (dal 1918 FS MACD 701-702[3]) e due carrozze marcate BrS 151-152 (poi FS RC 73000-73001)[6].
I trasporti merci venivano assicurati, in caso di necessità, con carri trainati dalle elettromotrici[7][8].
Le elettromotrici BrS 101-102 appartenevano ad un tipo unificato austriaco e facevano parte di un lotto di cinque macchine costruite dalla Grazer Waggon und Maschinenfabrik vorm. J. Weiter e dalla AEG, nel 1908, per la BrS e la ferrovia locale Neumarkt-Weizenkirchen-Peuerbach, dove furono immatricolate come NWP 21.001-003[6]. Tali veicoli disponevano della frenatura elettrica reostatica e della frenatura a mano. Non essendo disponibile la frenatura pneumatica, i ceppi dei freni delle carrozze BrS 151-152 venivano azionati per mezzo di un solenoide[6]. L'organo di presa di corrente era del tipo "a racchetta"[7][9]. Ogni motrice, con rodiggio Bo, disponeva di due motori che sviluppavano una potenza continuativa di 96 kW (2x48 kW) e permettevano una velocità massima di 25 km/h[7]. Le motrici comprendevano un compartimento di 1ª classe a 12 posti e uno di 3ª classe a 20 posti, separati da un vano per il trasporto bagagli. Le carrozze avevano 50 posti di 3ª classe disposti in un unico ambiente[10].
Le locomotive a vapore della ferrovia della Val Pusteria non erano adatte all'armamento leggero della Brunico-Campo Tures. Come spintore per il carro spartineve o per il traino di eventuali treni cantiere veniva usata la locomotiva nº 1 "Meran" della società Bozen-Meraner Bahn, che eserciva la Ferrovia Bolzano-Merano, passata nel 1906 alle IR Ferrovie dello Stato Austriache come kkStB 294.09 e alle FS come 899.006[5]; secondo altra fonte si trattava della locomotiva nº 10 "Töll" della BMB, reimmatricolata come 294.13 nelle kkStB e quindi 899.008 nelle FS[11].
^ Andrea Canale, Locomotive e automotrici, in Il treno in Val Venosta, collana Il libro dei treni nº 4, Salò, ETR - Editrice Trasporti su Rotaie, 2005, p. 30.
Bibliografia
(DE) Ivo Ingram Beikircher, Josef Beikircher (1850-1925). Ein Mann der Gründerjahre in Tirol, Innsbruck-Vienna-Bolzano, Studienverlag, 2008, ISBN978-3-7065-4602-7.
Angelo Nascimbene, Aldo Riccardi, Ferrovie italiane anni '50 - Seconda parte, trazione elettrica, in Tutto treno tema, n. 9, 1996.
Davide Nesi, La linea Brunico Campo Tures, in Tutto Treno & Storia, n. 4, novembre 2000, pp. 36-45.
Helmut Petrovitsch, Da Brunico a Campo Tures, in Tutto treno, n. 250, marzo 2011, pp. 58-61.