Elaborò una sua personale filosofia, definita 'elementi d'una metafisica dell'età contemporanea', presente nel libro Die Bauhütte ("Il cantiere", 1925),[4] ampliata nel successivo testo Die Philosophie der Bauhütte ("La filosofia del cantiere", 1952), dove la parola 'cantiere' rappresenta la società contemporanea in tutta la sua attività e capacità. Si può definire un'etica, oltre che una metafisica, basata su condizioni etniche, germaniche e anticristiane.[5] Nel suo libro Neuland (1935), Kolbenheyer evidenzierà un'interpretazione prevalentemente biologica dei problemi della vita.[2]
Anche nella sua narrativa, rappresentò personaggi emblematici contemporanei della storiaculturale germanica, descritta come l'età eroica della nazione.[5]
Dato che il suo biologismo metafisico diventò la base delle dottrine razzistiche, Kolbenheyer diventò lo scrittore prediletto dai seguaci del nazionalsocialismo.[4][5]
Nel 1933 diventò membro dell'Accademia prussiana delle arti.[1]
I suoi romanzi e drammi si caratterizzarono per una concezione mistica ed irrazionale dell'uomo germanico, contraria a quella tradizionale cristiana, liberale, umanistica; per la peculiarità del linguaggio ispirato alle parlate antiche e soprattutto medioevali;[1] per l'espressione e la comunicazione di nozioni, di messaggi; per i ricordi d'infanzia e autobiografici.[5]
Tra le sue opere drammatiche più significative si possono annoverare i drammi storici Giordano Bruno (1903),[4]Gregor und Heinrich ("Gregorio VII e Enrico IV", 1934), incentrati su riflessioni filosofiche, contrasti ideologici e razziali.[5]
I romanzi storici scritti da Kolbenheyer si contraddistinsero per i simbolismi, per la grande erudizione, per gli approfondimenti della vita di filosofi che studiarono attorno alle tematiche di Dio e della natura, come nei libri Amor Dei (1908) su Spinoza,[4]Meister Joachim Pausewang ("Mastro Joachim Pausewang, 1910) sulla mistica di Jacob Böhme, e soprattutto il notissimo Paracelsus,[4] formato da una trilogia: Die Kinheit des Paracelsus ("L'infanzia di Paracelso", 1917), Das Gestirn des Paracelsus ("La costellazione di Paracelso", 1922), Das dritte Reich des Paracelsus ("Il terzo regno di Paracelsus", 1926), dedicati al famoso medico, alchimista e teosofosvizzeroPhilippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, descritto con modalità faustiane.[5]
Kolbenheyer scrisse anche romanzi dedicati agli eventi attuali, tra i quali annoveriamo: Montsalvasch (1912); Das Lächeln der Penaten (1926); Reps, die Persönlichkeit (1931); le novelleAhalibama (1922); Karlsbader Novelle, sulla partenza di Goethe per l'Italia (1929); Die Begegnung auf dem Riesengebirge (1933); le liriche del Lyrisches Brevier (1929).[2] In tutte queste opere il denominatore comune è lo sviluppo di una potente personalità, sospinta dalle forze oscure, che affermando sé stessa, evolve, trasforma la società,[2] metafora del popolo germanico che trova sempre le guide in grado di indicargli la strada, in modo da giustificare la sua 'missione', tendente al servizio della glorificazione dell'anima germanica e dell'intera umanità.[6] Kolbenheyer cercò di spiegare con una miscela di biologia e di mistica la storia di popoli e gruppi etnici, vicino alla visione del mondo darwinista e biologistica.[3]
(DE) C. Wandrey, Erwin Guido Kolbenheyer, Monaco di Baviera, 1935.
M. Pensa, La letteratura tedesca contemporanea, Bologna, 1935.
B. Tecchi, Scrittori tedeschi del Novecento, Firenze, 1941.
(DE) Ingeborg Drewitz, Die dichterische Darstellung ethischer Probleme im Werke Erwin Guido Kolbenheyers, Berlino, 1945.
(DE) Ernst Frank, Jahre des Glücks, Jahre des Leids. Eine Kolbenheyer-Biographie, Velbert, Bild Verlag Kappe, 1969.
(DE) Waldemar Grosch, Erwin Guido Kolbenheyer, in Biographisch-Bibliographisches Kirchenlexikon (BBKL), IV, Herzberg, Bautz, 1992, pp. 331–336.
(DE) Christian Jäger, Eigenart und Eigentum. Erwin Guido Kolbenheyers Politik des Arkanum, in Minoritäre Literatur. Das Konzept der kleinen Literatur am Beispiel prager- und sudetendeutscher Werke, Wiesbaden, Deutscher Universitäts-Verlag, 2005, pp. 119–178.
(DE) Herbert Seidler, Kolbenheyer, Erwin Guido, in Neue Deutsche Biographie (NDB), XII, Berlino, Duncker & Humblot, 1980, pp. 453–455.
(DE) Siegfried Wagner, Wer war Erwin Guido Kolbenheyer?, in Literatur in Bayern, n. 15, Monaco di Baviera, 1989, pp. 2-11.
(DE) F. Koch, Erwin Guido Kolbenheyer, Göttingen, Göttinger Verlag-Anstalt, 1953.
(DE) Eberhard Knobloch, Die Wortwahl in der archaisierenden chronikalischen Erzählung. Meinhold, Raabe, Storm, Wille, Kolbenheyer, Göppingen, Kümmerle, 1971.
(DE) Thomas Vordermayer, Bildungsbürgertum und völkische ideologie. Konstitution und gesellschaftliche Tiefenwirkung eines Netzwerks völkischer Autoren (1919–1959), Berlino, De Gruyter Oldenbourg, 2016.
(DE) Martina Wagner-Egelhaaf, Mystik der Moderne. Die visionäre Ästhetik der deutschen Literatur im 20. Jahrhundert, Stoccarda, Metzler, 1989.