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Motivo: Il testo sorvola sul ruolo del soggetto nel regime nazista agli Affari Esteri e come diplomatico, non accenna minimamente al suo alto grado nelle SS , nello stato maggiore di Himmler, cercando di ritrarlo piuttosto come un pacifista, fondandosi sulla mancanza di riferimenti bibliografici autorevoli
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Dal 1908 poté alzare la bandiera di capitano di fregata sulla nave SMS Hannover e poi sulla SMS Deutschland, entrando però dal 1912 nel Ministero della Marina a Berlino. Durante la prima guerra mondiale comandò la fregata SMS Markgraf e, facendo parte della flottiglia dell'ammiraglioScheer, partecipò alla Battaglia dello Jutland sulla nave SMS Friedrich der Große, durante la quale fu ferito da una scheggia a seguito di un'esplosione sulla propria nave. Tornato in Germania venne curato all'ospedale militare di Lubecca, per poi essere dimesso dal servizio attivo. Fu successivamente addetto militare tedesco a Copenaghen.
Diventato un personaggio in vista nella gerarchia diplomatica tedesca, intraprese anche la carriera politica, sostenendo il regime conservatore di Paul von Hindenburg e poi di Kurt von Schleicher, legandosi successivamente a von Neurath, altro svevo, e quindi alla causa nazista. Pur non avendo vere e proprie convinzioni politiche, sebbene di estrazione conservatrice, si iscrisse al Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi solo nel tardo 1936, quando era ormai obbligatorio.
Al servizio e contro il Regime
Nel 1937 ottenne il posto di direttore della sezione contatti esteri al ministero degli esteri e più tardi fu segretario di Stato per gli esteri[1], e cercò di proteggere invano la Germania dalla guerra, specialmente contro la Russia. Il barone partecipò in qualità di segretario alla Conferenza di Monaco, e fu allora, quando divenne evidente il pretesto di una nuova guerra mondiale, possibilmente rovinosa per lo Stato tedesco, che si unì ad un certo numero di diplomatici e militari ex nazisti, tra i quali Erich Kordt, Wolf-Heinrich von Helldorf e altri al gruppo di resistenza tedesco capitanato da Goerdeler, von Treskow e Helmuth James Graf von Moltke[2].
Insieme al capo dell'Abwehr, ammiraglio Wilhelm Canaris[3], e al capo di stato maggiore dell'esercito, il generale Ludwig Beck, Weizsäcker in quel momento non era necessariamente impegnato nel rovesciamento del regime[4], ma era vagamente alleato con un altro gruppo più radicale, la fazione "antinazista" incentrata sul colonnello Hans Oster e Hans Bernd Gisevius, che voleva usare la crisi come pretesto per l'esecuzione di un putsch per rovesciare il regime nazista[5].
In ogni caso, Weizsäcker fu promosso SS-Brigadeführer il 30 gennaio1942.
Dopo la sconfitta tedesca nella battaglia di Stalingrado nel 1943 e la mutazione delle fortune belliche del Reich[6], su sua richiesta Weizsäcker abbandonò la carica di segretario di stato e fu nominato ambasciatore tedesco presso la Santa Sede, ufficio che mantenne dal 1943 al 1945[7].
Il barone continuò a servire il governo tedesco[8], presentando al Vaticano slogan anticomunisti[9], per sollecitare un'iniziativa di pace papale per fermare la guerra in Occidente in modo che la Germania potesse fermare il comunismo a est[10].
Nello stesso tempo, come molti altri funzionari tedeschi, Weizsäcker tentò di utilizzare la carica detenuta per negoziare la sopravvivenza di alcuni segmenti del governo e di evitare la "resa incondizionata" della Germania: i suoi sforzi per sollevare il tema di "un governo di transizione" tedesco (e la probabilità del suo esserne membro), fallirono[11].
Improntata alla ambiguità e alla doppiezza [12] quindi fu la sua gestione diplomatica con il Vaticano durante l'occupazione tedesca di Roma[13]: Weizsäcker fece ben poco per fermare la deportazione degli ebrei[14]. Tuttavia, insistette che la città non ospitasse Roma basi militari tedesche, nel tentativo di scoraggiare i bombardamenti alleati della città[15]. "I suoi messaggi e documenti a Berlino non erano altro che bugie", avrebbe detto in seguito il suo collega Albrecht von Kessel, perché in essi avrebbe volutamente dipinto papa Pio XII come mite, diplomatico, indeciso e filo-tedesco, allo scopo di aiutarlo[16]
ma anche per evitare che una reazione anticattolica di Hitler infiammasse il sentimento antitedesco in Italia.
Inoltre furono proprio lui e il console a Vancouver, Georg Kostantin von Alvensleben, che elaborarono un'interessante modalità - probabilmente ispirata dall'ammiraglio Canaris[17] - per permettere ai segreti diplomatici nazisti venuti in possesso dell'Abwehr di essere conosciuti dagli alleati: da Berlino essi venivano spediti a Vancouver, da dove il console li mandava tramite telegrafo a Londra o a Washington. Il metodo fu poi supplito dai viaggi segreti di agenti della resistenza a Londra o a Stoccolma[18].
Il processo
Durante gli ultimi anni di guerra Ernst fu però allontanato da tutte le cariche diplomatiche, e quando gli Alleati entrarono in Germania, si consegnò volontariamente al primo corpo britannico entrato a Paderborn, dove allora risiedeva. Inizialmente fu trattato come un prigioniero di carattere secondario; successivamente si venne a conoscenza del fatto che il barone fosse colpevole del permesso di internamento di numerosi ebrei francesi al campo di concentramento di Auschwitz e di aver permesso il mettere in atto della Legge Lutero, legge nazista che si rifaceva al trattato scritto da Martin Lutero contro gli ebrei, che aveva ispirato i nazisti. Inoltre fu riconosciuto come responsabile del lavoro di alcuni Einsatzgruppen in Ucraina, in modo particolare nelle regioni di Kiev e di Žytomyr, dove furono rastrellati rispettivamente 2 000 e 33 000 ebrei, deportati poi nel campo di concentramento di Auschwitz.
Venne condannato a dieci anni di carcere da scontare a Landsberg am Lech, ma la testimonianza di Fabian von Schlabrendorf, Gisevius e altri sopravvissuti della congiura del 20 luglio 1944, tra i quali anche la contessa Nina von Stauffenberg, e una successiva amnistia fecero liberare il barone, che si dedicò interamente allo scrivere una considerevole biografia nella quale proclamò le sue colpe e il suo pentimento.
Condusse un pellegrinaggio sulle tombe degli ebrei uccisi ad Auschwitz.
Discendenza
Suo figlio Richard von Weizsäcker, tra l'altro, fu presidente della Repubblica Federale Tedesca; curò la pubblicazione delle memorie del padre e di altri romanzi dei quali l'ex diplomatico era stato autore, molti di questi ambientati durante la Belle Époque e rappresentanti il gusto di decadenza dell'epoca, caratterizzati dalla spettrale paura di una fine imminente del mondo dorato d'anteguerra.
^Blasius, Rainer A. “RÉVISION ET EXPANSION PAR LA FORCE OU EN CONTREPARTIE DE LA PAIX? RIBBENTROP ET WEIZSÄCKER: L'ÉVOLUTION DÉCISIVE DE LA POLITIQUE EXTÉRIEURE (1937-1939).” Guerres Mondiales Et Conflits Contemporains, no. 154, 1989, pp. 79–98
^Hoffmann, Peter. “Peace through Coup D'État: The Foreign Contacts of the German Resistance 1933-1944.” Central European History, vol. 19, no. 1, 1986, pp. 3–44.
^Hill, Leonidas. “Three Crises, 1938-39.” Journal of Contemporary History, vol. 3, no. 1, 1968, pp. 113–144.
^Lo storico Eckart Conze ha dichiarato in un'intervista del 2010: "Un rovesciamento di Hitler era fuori discussione. Il gruppo voleva evitare una grande guerra e le potenziali conseguenze catastrofiche per la Germania. Il loro obiettivo non era quello di sbarazzarsi del dittatore ma, come lo vedevano, di portarlo al suo sensi" (Conze, Eckart (October 27, 2010). "Hitler's Diplomats Historian Calls Wartime Ministry A 'Criminal Organization'". Der Spiegel).
^(EN) Müller, Klaus-Jürgen, "The Structure and Nature of the National Conservative Opposition in Germany up to 1940", in Aspects of the Third Reich, ed. H.W. Koch, London: Macmillan, ISBN 978-0-333-35272-4, pp. 133–78, pp. 162–63, 166–67.
^Papeleux, L. “LA DIPLOMATIE VATICANE ET L'ITALIE APRÈS STALINGRAD.” Revue D'histoire De La Deuxième Guerre Mondiale, vol. 27, no. 106, 1977, pp. 19–36.
^Dietro il Portone di bronzo il suo nome già era noto perché, mentre era a Berlino, aveva rifiutato di accettare una nota papale di protesta contro il trattamento della Polonia occupata: Blet, Pierre, Pius XII and the Second World War: According to the Archives of the Vatican, tr. Lawrence J. Johnson, New York: Paulist Press, 1999, pp. 89–90.
^(EN) Hill, Leonidas E. “The Vatican Embassy of Ernst Von Weizsäcker, 1943-1945.” The Journal of Modern History, vol. 39, no. 2, 1967, pp. 138–159.
^Quando fu ricevuto dal cardinale segretario di Stato Luigi Maglione il 6 gennaio 1944, Weizsäcker dichiarò: "Se la Germania come baluardo contro il comunismo dovesse cadere, tutta l'Europa diventerebbe comunista". A questo, il cardinale rispose: "Che sventura, che la Germania con le sue politiche antireligiose abbia suscitato tali preoccupazioni". Slogan simili furono ripetute da Weizsäcker a monsignore Giovanni Battista Montini (in seguito Papa Paolo VI), ma lo scopo di acquisire il sostegno pontificio alle politiche di Berlino è dimostrato dall'alternanza di queste blandizie con minacce, come quella che prefigurava addirittura una pace separata russo-tedesca (Blet, Pierre, Pius XII and the Second World War: According to the Archives of the Vatican, tr. Lawrence J. Johnson, New York: Paulist Press, 1999, ISBN 978-0-8091-0503-8, p. 256).
^"Notes de Mgr. Tardini", Actes et Documents du Saint Siège, p. 505.
^Rothfels, Hans. “The German Resistance in Its International Aspects.” International Affairs (Royal Institute of International Affairs 1944-), vol. 34, no. 4, 1958, pp. 477–489.
^Deutsch, Harold C. “The German Resistance: Answered and Unanswered Questions.” Central European History, vol. 14, no. 4, 1981, pp. 322–331.
^Gariboldi, Giorgio Angelozzi. “Pio XII e Il Nazismo.” Rivista Di Studi Politici Internazionali, vol. 64, no. 2 (254), 1997, pp. 183–197.
^Si sarebbe limitato ad informare il Ministero degli Esteri che la deportazione di ebrei avrebbe avuto maggiori probabilità di suscitare una protesta papale del loro invio in "campi di lavoro" siti all'interno del territorio nazionale italiano: Richard J. Evans, The Third Reich at War, London: Allen Lane, 2008, repr. New York: Penguin, 2009, ISBN 978-1-59420-206-3, p. 475. Vi si legge anche che Weizsäcker condivideva l'opinione di Ulrich von Hassell, secondo cui la soluzione finale era una "campagna diabolica".(p. 630).
^Blet, Pierre, Pius XII and the Second World War: According to the Archives of the Vatican, tr. Lawrence J. Johnson, New York: Paulist Press, 1999, pp. 219–24.
^Come il comandante generale delle Waffen-SS in Italia Karl Wolff, Weizsäcker era chiaramente contrario al piano di Hitler di occupare il Vaticano, durante il quale, temeva Weizsäcker, il Papa avrebbe potuto essere colpito da un colpo di fucile esploso dai tedeschi con il pretesto di fermarlo "mentre fuggiva per evitare gli arresti": von Kessel, Albrecht, "Der Papst und die Juden", in Summa iniuria, oder, Durfte der Papst schweigen? Hochhuths "Stellvertreter" in der öffentlichen Kritik, ed. Fritz J. Raddatz, Rororo Taschenbuch 591, Reinbek bei Hamburg: Rowohlt, 1963, p. 168.
^Hill, Leonidas E. “The Genesis and Interpretation of the Memoirs of Ernst Von Weizsäcker.” German Studies Review, vol. 10, no. 3, 1987, pp. 443–480.
^Mirabile, F. (1999). La Resistenza tedesca e le responsabilità anglofranco-americane. Rivista Di Studi Politici Internazionali, 66(2 (262)), 234-244.
^Lippman Matthew, The Good Motive Defense: Ernst Von Weizsaecker and the Nazi Ministeries Case, Touro International Law Review, Vol. 7, pp. 57-176.
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Margret Boveri: Der Diplomat vor Gericht. Minerva Verlag, Berlin/ Hannover, 1948.
Christopher R. Browning: The Final Solution and the German Foreign Office. A Study of Referat D III of Abteilung Deutschland 1940-43. Holmes & Meier, New York/London 1978, ISBN 0-8419-0403-0
Gerald Reitlinger: Die Endlösung. Hitlers Versuch der Ausrottung der Juden Europas 1939 – 1945. Colloquium Verlag, Berlin 1956; erneut 1992, ISBN 3-7678-0807-2
Stephan Schwarz: Ernst Freiherr von Weizsäckers Beziehungen zur Schweiz (1933 – 1945). Ein Beitrag zur Geschichte der Diplomatie. Lang, Bern [u. a.] 2007, ISBN 978-3-03911-207-4 (dissertazione all'Università di Zurigo)
Jobst Knigge: Der Botschafter und der Papst. Weizsäcker und Pius XII.. Die deutsche Vatikanbotschaft 1943-1945. Verlag Dr. Kovac, Hamburg 2008, ISBN 978-3-8300-3467-4
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Hermann Weiß (Hrsg.): Biographisches Lexikon zum Dritten Reich, Fischer-Verlag, Frankfurt am Main, 1998, ISBN 3-10-091052-4
Marion Thielenhaus: Zwischen Anpassung und Widerstand: Deutsche Diplomaten 1938-1941. Die politischen Aktivitäten der Beamtengruppe um Ernst von Weizsäcker im Auswärtigen Amt. Schöningh, 2., durchges. Aufl. Paderborn 1985, ISBN 3-506-77467-0