2 caldaie a vapore monofronti Ramage & Fergusson Ldt con motore a triplice espansione da 3 cilindri. 126,9 5 Cavalli nominali e 1.000 Cavalli indicati.
Elettra fu la nave-laboratorio su cui Guglielmo Marconi effettuò numerosi dei suoi esperimenti di radiofonia tra le due guerre mondiali.
Storia
La storia dell'Elettra è lunga e travagliata. Venne costruita nei primi anni del novecento in Scozia dai cantieri Ramage & Ferguson Ltd. con il nome di Rovenska. Dopo vari passaggi di proprietà passò sotto la proprietà di Marconi che nel 1921 la chiamò con lo stesso nome che anni dopo diede alla figlia avuta in seconde nozze[1].
Costruzione e allestimento a panfilo
La costruzione avvenne nei cantieri Ramage & Ferguson Ltd. di Leith presso Edimburgo su progetto degli ingegneri Cox e King di Londra, varata il 27 marzo 1904, per conto di Carlo Stefano d'Austria, con il nome di Rovenska, a ricordo della località di Rovensca sull'isola di Lussino dove l'arciduca aveva una lussuosa villa in cui amava soggiornare. La nave innalzò la bandiera dell'Imperial-Regia Marina Austro-Ungarica fino al 1909.
Nel 1910 lo yacht venne venduto a Sir Maxim Waechter passando sotto bandiera del Regno Unito, mantenendo lo stesso nome e nel 1914 venne rivenduto all'industriale Gustav H.F. Pratt.
Con la fine delle ostilità la nave, messa in disarmo, venne portata a Southampton e messa all'asta, e nel 1919 acquistata da Guglielmo Marconi per 21.000 sterline.
Nave laboratorio di Marconi
La nave, salpata da Londra nel luglio 1919, giunse a Napoli in agosto e quindi portata a La Spezia per i lavori di trasformazione in laboratorio scientifico.
La nave, ribattezzata Elettra, venne iscritta nel Registro Navale Italiano il 27 ottobre 1921, mentre il suo passaggio definitivo sotto bandiera italiana venne ratificato il 21 dicembre successivo.
Particolarmente importanti gli esperimenti effettuati nel golfo del Tigullio, in contatto con la stazione di terra posta alle torri Gualino, sulla penisola di Sestri Levante. In onore di ciò, nelle carte ufficiali della marina italiana, il golfo del Tigullio aveva assunto il nome ufficiale di "golfo Marconi".
Negli anni venti e trenta l'Elettra solcò le acque di tutti i mari del mondo[2] fino a che nel 1937, alla morte dello scienziato, la nave venne acquistata dal Ministero delle comunicazioni per la cifra di 820.000 lire.
Nave da guerra durante la seconda guerra mondiale e affondamento
La nave Elettra partì da Trieste il 28 dicembre 1943 per una missione di pattugliamento lungo le coste della Dalmazia. Il 21 gennaio 1944 la nave giunse nelle acque di Diclo (Diklo), vicino a Zara, dove la mattina successiva venne individuata da alcuni cacciabombardierialleati da cui venne colpita. Il comandante, prima che la nave affondasse, scelse di arenarla.
Recupero del relitto e smantellamento
Con il trattato di pace il relitto della nave divenne proprietà della Jugoslavia, le cui autorità solo nel 1959 permisero l'effettuazione dei rilievi tecnici sulle possibilità di recupero della nave, consentendone poi la restituzione, grazie all'intervento diretto di Tito su sollecitazione dell'allora ministro degli esteri, il futuro presidente della RepubblicaSegni.
La nave, restituita all'Italia, nel 1962 venne riportata a galla e rimorchiata nel Cantiere San Rocco di Muggia, presso Trieste.
Il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni fece predisporre uno studio per la ricostruzione della nave, ma gli alti preventivi di spesa rimandavano i lavori. Nel 1972, a seguito dell'interessamento dell'allora presidente del ConsiglioAndreotti, intervenuto su sollecitazione dell'ammiraglio Virgilio Spigai, presidente del Lloyd Triestino, vennero stanziati per la sua ricostruzione 2 miliardi e 400 milioni di lire e la nave venne trasportata presso il vicino cantiere navaleSan Marco di Trieste. Un nuovo progetto di ricostruzione con preventivo di lavori di circa 7 miliardi di lire, che superava ampiamente quanto in precedenza stimato e stanziato dal Governo, bloccò nuovamente il tutto ed il progetto fu accantonato e venne presa la decisione di demolire la nave.
Il 18 aprile 1977 il relitto venne di nuovo messo in bacino e lo scafo tagliato in varie porzioni, con le varie parti della nave distribuite a vari musei.
In seguito a queste vicende, nel 1979 si costituì, per iniziativa privata di Onofrio Giovenco di Bogliasco (GE), un "Comitato per la Reintegrazione della Elettra di Marconi" (CREM), che si prodigò nel tentativo di ricostruire la nave.[3]
Le parti più grandi si trovano attualmente a:
Trieste: La prua è conservata all'AREA Science Park a Padriciano presso Trieste, dove nel palazzo ex campo profughi si trovano i due alberi della nave, con l'albero di bompresso che è utilizzato come asta di bandiera nel campo dell'Accademia Marittima Internazionale; sempre nel capoluogo giuliano altri resti della nave sono conservati presso il Museo Postale e Telegrafico della Mitteleuropa e presso il Civico museo del mare, dove sono conservati il tasto con cui lo scienziato trasmise l'impulso che accese le luci a Sydney, l'ecometro, un'ancora e due ordinate della sezione maestra della nave.
Muggia: nella sede dell'associazione "Fameia Muiesana" è conservato il tornio di bordo.
Pontecchio Marconi: nel giardino della villa Grifone, sede della Fondazione Marconi, è stata portata una sezione dello scafo con alcune ordinate e parte dell'opera viva.
Roma: la dinamo a vapore è al Museo delle Poste e Telecomunicazioni; all'EUR è stata restaurata ed è in mostra la cabina in cui lo scienziato effettuava i suoi esperimenti.
Santa Margherita Ligure: a villa Durazzo, su di un piedistallo, vi è la sezione di trinchetto con parte del fasciame e di una paratia.
Sydney: il Circolo Marconi ha in mostra una sezione dello scafo.
Reale Circolo Canottieri Tevere Remo - sede di Anzio- utilizza la scala esterna dell'Elettra per accedere al piano superiore
La Marina Militare ha battezzato con il nome Elettra una nave di supporto, entrata in servizio nel 2003.