Dopo aver passato un periodo di malattia a causa di un'infezione contratta in Libia, opta per aderire fervidamente al fascismo, divenendo cappellano della 12ª legione "Monte Bianco" ad Ivrea della MVSN.[1]
Nel 1936, a seguito della morte di Padre Reginaldo Giuliani, si offre per partire verso l'Africa Orientale, abbandonando la sua professione di docente di religione e latino.[2]
Il prigioniero Peccei documenterà nel processo contro i seviziatori di via Asti:
«Fra gli agenti bastonatori ricordo il De Amicis che fu il più accanito (...)»
(Deposizione del prigioniero Peccei al Pm in merito alle torture di Via Asti, Cfr.: C. Greppi, Uomini in grigio)
Dopo l'armistizio dell'8 settembre, prosegue comunque in De Amicis la volontà di sostenere il fascismo e diviene un esponente di spicco della propaganda radiofonica, tramite discorsi diffusi per via dell'EIAR il venerdì, del fascismo repubblicano.[3]
L'attentato e la morte
A seguito della notorietà acquisita con i suoi discorsi favorevoli al fascismo tenuti presso la sede dell'EIAR di Torino, il 30 agosto 1944 resta colpito da un attentato davanti alla sede dell'Associazione Volontari di Guerra, che da lui era presieduta.
Nel mese di gennaio dell'anno successivo, a fronte del fatto di esser stato presidente di detta associazione, viene nominato di diritto membro del Direttorio del Partito Fascista Repubblicano, per quanto riguarda la sezione provinciale torinese.[1]
Il giorno 24 aprile 1945, sulla soglia della sua abitazione nel quartiere Crocetta, viene raggiunto dai colpi sparati da due giovani sconosciuti in bicicletta.