Fu membro del consiglio del Collegio Reale delle Fanciulle in Milano. Fra le sue satire, composte sulla scia di quelle di Giuseppe Giusti, la più nota è “Re Tentenna”, allusione all'indecisione e ai frequenti cambiamenti di Carlo Alberto. L'epiteto affibbiato al re, che da allora in poi diventò popolare e passò alla storia, gli procurò l'esilio, e lo costrinse a spostarsi prima a Roma e poi a Firenze[1]. Significative sono anche le composizioni “Sono Italiano”, che lo colloca nell'ambito del patriottismo mazziniano, e “Don Ciccia al congresso di Villanovetta”, che prende in giro il clero reazionario.
Oltre che del Giusti, egli sentì l'influenza d'altri poeti, quali Giovanni Berchet, Francesco Dall'Ongaro e Giovanni Prati. Importante è pure il suo carteggio. Alcune sue opere sono state pubblicate postume.
Sono Italiano: canto popolare / poesia di Domenico Carbone; musica di Ermanno Picchi (Guidi, Firenze, 1856)
All'esercito italiano reduce di Crimea: canto (Rossi, Tortona, 1856)
Il libro del profeta Pippo: ditirambo (Rossi, Tortona, 1857)
Le due sorelle / Il cavaliere italiano / N. Vineis! (Galimberti, Cuneo, 1860)
Il Novellino, ossia Libro di bel parlar gentile ridotto a uso delle scuole e riveduto sui manoscritti per cura di Domenico Carbone; con aggiunta di dodici novelle di Franco Sacchetti e con note di vari (Barbera, Firenze, 1868 e successive edizioni)
L'educazione dello spirito: discorso detto nella premiazione degli alunni delle scuole elementari addì 15 gennaio 1875 (Botta, Torino, 1875)
L'educazione del cuore: discorso detto nella premiazione degli alunni delle scuole elementari il 12 gennaio 1876 (Botta, Torino, 1876)
Amedeo di Savoia duca d'Aosta (Capaccini, Roma, 1890)
Carteggio dal 1845 al 1850, a cura della figlia Bice e del nipote Domenico Carbone (Cogliati, Milano, 1922)
Note
^Fonte: U. Rozzo, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in Collegamenti esterni.
^Lo si può leggere in Carducci, Opere, ed. naz., Bologna, Zanichelli, vol. XXX, p. 368.