Il culto di Diana a Nemi si pensa secondo tradizione sarebbe stato istituito da Oreste il quale dopo aver ucciso Toante il re della Tauride si rifugiò in Italia con sua sorella portando con sé il simulacro della Diana Taurica nascosto in una fascina di legna.
Il rituale cruento tributato alla dea in Crimea assunse in Italia una forma meno sanguinaria.
All'interno del santuario di Nemi cresceva un albero di cui era proibito spezzare i rami, solo ad uno schiavo fuggito era concesso di cogliere una delle sue fronde. Se lo schiavo riusciva nell'impresa acquisiva il diritto di battersi con il sacerdote e se lo uccideva diventava di diritto il Rex Nemorensis.
Collegamenti tra leggenda e culto
Stando a quanto dicono le leggende antiche la fronda fatale che staccava lo schiavo era la medesima che per ordine della Sibilla, Enea raccolse per affrontare il pericoloso viaggio nel mondo dei morti.
La fuga dello schiavo doveva rappresentare la fuga di Oreste mentre il suo combattimento con il sacerdote adombrava il ricordo dei sacrifici umani alla dea Diana Taurica.
La norma che prescriveva di ottenere la successione con la spada rimase in vigore fino all'età imperiale, infatti l'imperatore Caligola, ritenendo che il sacerdote di Nemi fosse rimasto troppo a lungo in carica, assoldò un uomo per ucciderlo.
Fra le testimonianze scritte troviamo anche quella di un viaggiatore greco che visitò l'Italia al tempo degli Antonini dove riferisce che nel culto alla Diana Nemorensis il sacerdozio veniva ancora conferito come premio al vincitore di un duello.