La prima chiesa paleocristiana risale al VI secolo e fu intitolata originariamente San Salvatore in Portico (con riferimento al vicino Portico di Ottavia). Tra il XII e il XIII secolo venne restaurata e ripavimentata , con tarsie di tipo cosmatesco. Ricostruita nel 1482, venne data nel 1575 all'"Università dei Sarti" e dedicata al patrono dei farsettai, sant'Omobono appunto. Nella stessa chiesa presero residenza la Confraternita dei Calzettai e quelle dei Sartori e dei Giubbonari.[1] L'ultimo restauro, con ripavimentazione, risale al 1940.
Il dislivello tra il piano stradale dell'area archeologica e il piano di costruzione della chiesa - che oggi si presenta rialzato di un paio di metri rispetto al livello stradale moderno, al quale lo collega una scala recente - è un esempio interessante e di plastica evidenza di come il piano di calpestio di Roma antica sia stato sommerso, nei secoli, da quattro / cinque metri (in alcuni casi anche di più) di macerie e detriti, sui quali si è continuato a costruire ininterrottamente, e poi si è tornati a scavare.
Dintorni
Dopo le demolizioni del Novecento e la costruzione dei muraglioni del Tevere l'area circostante la chiesa è oggi quasi disabitata, salvo il piccolo isolato residenziale sopravvissuto tra via di San Teodoro sotto il Palatino, il Foro romano, via della Consolazione e il Foro Jugario e l'attuale via Petroselli.
La zona era invece, fino all'inizio del '900, costruita, sia pur modestamente, e popolata, essendo uno dei punti d'accesso al mercato romano dei produttori provenienti dalla via Appia e dalla via Ostiense, che confluivano a Piazza Montanara (anch'essa scomparsa), al Teatro di Marcello. La sua rilevanza commerciale era testimoniata dal fatto che a metà dell'Ottocento la via di S. Omobono, dalla Bocca della Verità a Monte Caprino, contava ben 6 osterie, una locanda e un caffè.[2]
^Benché la chiesa sia chiusa, l'Arciconfraternita di Sant'Omobono (detta dei Maestri Sarti) ha avuto un primicerio in carica fino al 1997, ha oggi una sede in Laterano (cfr. [1][collegamento interrotto]) e una "casa" (albergo) in via Aurelia.
^Si veda in Alessandro Rufini, "Notizie storiche intorno alla origine dei nomi di alcune osterie, caffè, alberghi e locande esistenti nella città di Roma" (1855) (consultabile a Copia archiviata, su www2.comune.roma.it. URL consultato il 13 marzo 2008 (archiviato dall'url originale il 30 agosto 2006).).