I lavori della chiesa, successivi a quelli del monastero, cominciarono nel 1340 e terminarono nel 1375.
La chiesa è stata uno dei luoghi di affermazione del nuovo linguaggio rinascimentale fiorentino, con la collocazione sull'altare maggiore, intorno al 1445, della tavola con l'Incoronazione della Vergine, Santi olivetani e due donatori, commissionata da Carlo Marsuppini a Filippo Lippi, oggi conservata nella Pinacoteca Vaticana. Secondo il Vasari, Piero della Francesca, in data non precisabile, affrescò un San Vincenzo Ferreri oggi perduto.[1] Dietro l'altare, nel coro, era invece un ciclo di affreschi di Bicci di Lorenzo con Storie di San Bernardo, databile agli anni quaranta del Quattrocento ma ancora legato ad un gusto tardogotico.[1]
L'edificio ha subito gravi danni durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale nei quali la facciata è stata la parte meno danneggiata.
L'interno, un tempo ricchissimo di opere d'arte andate perdute, si presenta ad una sola navata completamente ricostruita dopo la Seconda guerra mondiale. La Madonna con Bambino tra i santi Benedetto e Bernardo è di Angelo di Lorentino (1511), mentre la tela seicentesca con San Giovanni Battista nel deserto è attribuibile a scuola aretina della prima metà del secolo.
^ab Paola Refice, Filippo Lippi ad Arezzo: il ritorno della pala Marsuppini, in Liletta Fornasari e Paola Refice (a cura di), Rinascimento in terra d'Arezzo. Da Beato Angelico e Piero della Francesca a Bartolomeo della Gatta e Luca Signorelli in Val di Chiana, catalogo di mostra, Firenze, 2012, pp. 60-64.