Schmitt nasce in una numerosa e modesta famiglia cattolica nella Vestfaliaprussiana e protestante. Laureatosi nel 1910 e ottenuto nel 1915 il dottorato in diritto all'Università di Strasburgo (allora parte della Germania) e nel 1916 la libera docenza, pubblicò nel 1921Die Diktatur (La dittatura), sulla costituzione della Repubblica di Weimar, nel 1922Politische Theologie (Teologia politica), ostile alla filosofia del diritto, ritenuta troppo formalista, di Hans Kelsen, nel 1923 Die geistesgeschichtliche Lage des heutigen Parlamentarismus (La situazione storico-intellettuale del parlamentarismo odierno) sull'incompatibilità fra liberalismo e democrazia di massa e nel 1927 Der Begriff des Politischen (Il concetto di politico), sul rapporto amico/nemico come criterio costitutivo della dimensione del 'politico'[1]. Le posizioni espresse da Schmitt in questo periodo, sino all'inizio degli anni Trenta, sono state a volte riportate al concetto di Rivoluzione conservatrice (Konservative Revolution).[2]
Aveva aderito al partito nazista il 1º maggio 1933, e a novembre dello stesso anno era divenuto presidente della Vereinigung der nationalsozialistischen Juristen (Unione dei giuristi nazionalsocialisti); nel giugno 1934 divenne direttore della Deutsche Juristen-Zeitung (Rivista dei giuristi tedeschi).
In riferimento alla promulgazione delle discriminatorie Leggi di Norimberga del 1935, in cui si proibiscono i matrimoni e i rapporti extraconiugali tra ebrei e non ebrei in nome del mantenimento "della purezza del sangue tedesco", Schmitt osserva:
«Oggi, il popolo tedesco è ritornato ad essere tedesco, anche da un punto di vista giuridico. Dopo le leggi del 15 settembre, il sangue tedesco e l'onore tedesco sono ritornati ad essere i concetti portanti del nostro diritto. Lo Stato è ormai un mezzo al servizio della forza dell'unità völkisch. Il Reich tedesco ha un solo stendardo, la bandiera del movimento nazionalsocialista; e questa bandiera non è solamente composta di colori, ma anche di un grande e autentico simbolo: il segno del giuramento popolare della croce uncinata»
(C. Schmitt, "La costituzione della libertà", 1935[3])
Nel dicembre 1936 fu tuttavia accusato di opportunismo sulla rivista delle SSDas Schwarze Korps e dovette rinunciare a giocare un ruolo da protagonista nel regime. Nel 1937 ambienti interni al regime, in un rapporto riservato diretto ad Alfred Rosenberg, criticarono Schmitt per la sua dottrina, accusata di essere intrisa di "romanità", per i suoi rapporti con la Chiesa cattolica e per il suo sostegno al presidenzialismo.[4]
Fino alla fine del nazionalsocialismo Schmitt lavorò principalmente nel campo del diritto internazionale e in questo settore mirò a fornire al regime delle parole chiave. Così forgiò nel 1939, all'inizio della seconda guerra mondiale, il concetto di Völkerrechtliche Großraumordnung ("ordinamento dei grandi spazi nel diritto internazionale"), una sorta di dottrina Monroe tedesca, come chiave di lettura del nuovo diritto internazionale post-statale e possibile giustificazione della politica espansionistica di Adolf Hitler. Inoltre Carl Schmitt fu impegnato nella cosiddetta Aktion Ritterbusch, volta a sostenere lo sforzo bellico della Germania nazista mediante il coinvolgimento attivo delle personalità del mondo scientifico e culturale tedesco, chiamate a fornire consulenza alle politiche spaziali e demografiche del regime[5].
Catturato dalle truppe alleate alla fine della guerra, rischiò di essere processato al processo di Norimberga[6], ma fu rilasciato nel 1946 e tornò a vivere nella cittadina natale, dove continuò a lavorare privatamente e a pubblicare nel settore del diritto internazionale. Fu comunque escluso dall'insegnamento in tutte le università tedesche ed espulso dall'Associazione dei giuspubblicisti tedeschi nell'ambito del programma postbellico di denazificazione della Germania[7]. Le esperienze di questo periodo si riflettono nei saggi Risposte a Norimberga e Ex Captivitate Salus.
Schmitt oggi viene descritto dai suoi critici come un "criminale giurista", un teorico discutibile ostile alle democrazie liberali[10], ma è allo stesso tempo indicato come un "classico del pensiero politico" (Herfried Münkler), non ultimo per l'influenza esercitata sul diritto pubblico e sulla scienza del diritto nella prima Repubblica Federale Tedesca (per esempio riguardo al "voto di sfiducia costruttivo"[11], ai limiti sostanziali al potere di revisione costituzionale, alla limitazione dei diritti fondamentali dei soggetti eversivi dell'ordine costituzionale o "democrazia militante").
La comprensione di Schmitt e dei concetti della dottrina moderna dello Stato è improntata alla sua convinzione che il sistema della scienza giuridica, in particolare il diritto pubblico, non è autonomo, bensì impregnato, nel corso della secolarizzazione, della concettualità teologica. Tutti i concetti della dottrina dello Stato sono concetti teologici secolarizzati.[13] Questa trasposizione non riguarda solamente lo sviluppo storico dei concetti, ma anche la componente metafisica.[7]
La tesi di Schmitt sulla secolarizzazione si rispecchia nel suo concetto di Stato. Lo Stato è un'istanza assoluta secolarizzata, ed è la forma più intensiva di unità politica. Questa unità è andata disgregandosi all'inizio del XX secolo, con l'avvento della democrazia parlamentare, determinata dall'antagonismo di classe e dal confronto fra diversi gruppi di interesse economici e sociali che rendono difficili o impossibili decisioni politiche unitarie. Lo stesso principio di maggioranza e minoranza parlamentare non è accettabile. L'unità può essere ottenuta solamente se esiste non solo un'uguaglianza formale, ma anche una «sostanziale uniformità di tutto il popolo»[14], che si può ottenere attraverso l'esclusione o l'annientamento di qualsiasi elemento estraneo all'uniformità.[15] Uno Stato nel quale tutti i cittadini sono uguali gli uni agli altri è uno "Stato totale", che rappresenta il massimo grado di unità, poiché grazie al suo ordinamento può impedire la scomposizione in gruppi sociali conflittuali e può opporsi a tutto ciò che contraddice l'uniformità sostanziale.[7]
Lo Stato esercita un monopolio sulla decisione politica, che per Schmitt coincide con la decisione su chi è amico e nemico: è questa per Schmitt la specifica distinzione politica che definisce la sfera del "politico" e quindi dello Stato. Il nemico non è un avversario in generale, ma è «essenzialmente, in un senso particolarmente intensivo, qualcosa d'altro e di straniero»[16]. Perciò la statualità si caratterizza grazie all'individuazione dei nemici esterni ed interni allo Stato: la determinazione dei primi avviene con l'esercizio dello ius belli, quella dei secondi mediante la neutralizzazione di chi disturba «la tranquillità, la sicurezza e l'ordine» dello Stato[7]. Questa concezione del "nemico interno" fu ampiamente richiamata al convegno dei giuristi nazionalsocialisti tedeschi di Lipsia nel 1933 per giustificare la politica razziale del regime: senza tale idea di uniformità razziale, uno Stato nazionalsocialista non sarebbe potuto esistere.[17] Lo Stato di Schmitt è quindi un'unità politica suprema, fondata sull'unità sostanziale di tutti i suoi membri, e mostra la propria forza nella possibilità di disfarsi di nemici interni ed esterni[18], arrivando anche al loro annientamento se necessario.[7]
Opere
Über Schuld und Schuldarten. Eine terminologische Untersuchung. 1910.
Gesetz und Urteil. Eine Untersuchung zum Problem der Rechtspraxis. 1912.
Schattenrisse. 1913.
Der Wert des Staates und die Bedeutung des Einzelnen. 1914.
Theodor Däublers ‚Nordlicht‘: Drei Studien über die Elemente, den Geist und die Aktualität des Werkes. 1916.
Donoso Cortes in gesamteuropäischer Interpretation. 1950.
Ex captivitate salus. Erinnerungen der Zeit 1945/47. 1950.
Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft. 1950.
Gespräch über die Macht und den Zugang zum Machthaber. 1954.
Hamlet oder Hekuba. Der Einbruch der Zeit in das Spiel. 1956.
Verfassungsrechtliche Aufsätze aus den Jahren 1924–1954. 1958
Theorie des Partisanen. Zwischenbemerkung zum Begriff des Politischen. 1963.
Politische Theologie II. Die Legende von der Erledigung jeder Politischen Theologie. 1970.
Glossarium. Aufzeichnungen der Jahre 1947–1951. 1991.
Das internationalrechtliche Verbrechen des Angriffskrieges. 1993.
Staat – Großraum – Nomos. 1995.
Frieden oder Pazifismus? 2005.
Opere tradotte in italiano
I principi politici del nazionalsocialismo (con saggio introduttivo di Delio Cantimori), Sansoni, Firenze 1936.
Le categorie del «Politico»: saggi di teoria politica (a cura di Gianfranco Miglio e Pierangelo Schiera), Il Mulino, Bologna 1972.
La Dittatura. Dalle origini dell'idea moderna di sovranità alla lotta di classe proletaria, Laterza, Roma-Bari 1975 (nuova edizione, Settimo Sigillo, Roma 2006)
Il custode della Costituzione, a cura di A. Caracciolo, Giuffrè, Milano 1981.
Romanticismo politico, Giuffré, Milano 1981.
Amleto o Ecuba. L'irrompere del tempo nel gioco del dramma, il Mulino, Bologna 1983.
Dottrina della Costituzione, a cura di A. Caracciolo, Giuffré, Milano 1984.
Scritti su Thomas Hobbes, a cura di Carlo Galli. Giuffrè, Milano 1986.
Ex Captivitate Salus. Esperienze degli anni 1945-47, Adelphi, Milano 1987.
Il concetto discriminatorio di guerra, a cura di Stefano Pietropaoli, Laterza, Roma-Bari 2008.
La tirannia dei valori, Adelphi, Milano 2008 e Morcelliana, Brescia 2008.
Cattolicesimo romano e forma politica, pubblicato originariamente nel 1923, in Italia è stato pubblicato nel 1986 da Giuffrè, e nel 2010 da Il Mulino con un saggio di Carlo GalliISBN 978-88-15-13408-0.
Sul Leviatano, Il Mulino, Bologna, 2011
L'enigma della modernità. Epistolario 1971-1978 e altri materiali (con Hans Blumenberg), Laterza, Roma-Bari 2012
Dialogo sul potere, a cura di G. Gurisatti, Adelphi, Milano, 2012
Un giurista davanti a se stesso. Saggi e interviste, a cura di Giorgio Agamben, Neri Pozza, Vicenza, 2012
Il valore dello Stato e il significato dell'individuo, a cura di C. Galli, Il Mulino, Bologna, 2013
Machiavelli (con testo tedesco a fronte), a cura di G. Cospito, Il Nuovo Melangolo, Genova, 2014
La formazione dell'esprit in Francia e altri scritti sull'Europa e sullo Stato, a cura di C. Pontorieri, Il Nuovo Melangolo, Genova, 2015
La guerra di aggressione come crimine internazionale, a cura di C. Galli, Il Mulino, Bologna, 2015
Stato, grande spazio, nomos, a cura di G. Maschke e G. Gurisatti, Adelphi, Milano, 2015
Legge e giudizio. Uno studio sul problema della prassi giudiziale, a cura di Emanuele Castrucci, Giuffrè, Milano, 2016
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(ES) Sociedad de Estudios Políticos de la Región de Murcia, su sepremu.es. URL consultato il 23 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 21 dicembre 2017). società per il realismo politico, editrice de la rivista "Empresas políticas".