La rivoluzione conservatrice (Konservative Revolution) è una definizione formulata da alcuni studiosi per indicare nel loro complesso una serie di movimenti politico-culturali nati in Germania a cavallo tra le due guerre mondiali.
Storia
Il termine Konservative Revolution viene utilizzato per la prima volta il 10 gennaio 1927 dallo scrittore austriaco, di origine ebraica, Hugo von Hofmannsthal durante una conferenza a Monaco di Baviera il cui tema era "La letteratura come spazio spirituale della nazione".[1] Tuttavia nella riorganizzazione organica e bibliografica di questo complesso movimento messa a punto da Armin Mohler con il saggio del 1950Die konservative Revolution in Deutschland 1918-1932[2] viene fatta iniziare nel 1918. Il movimento unì tutti quegli intellettuali, non di sinistra, oppositori della Repubblica di Weimar.[3]
Secondo alcuni studiosi la "Rivoluzione conservatrice tedesca" fu quell'humus culturale da cui si sviluppò il nascente Nazionalsocialismo[4] tuttavia dopo il 1933 (nomina di Adolf Hitler a Cancelliere del Reich) solo alcuni esponenti della "Konservative Revolution" aderirono al nazionalsocialismo (per un breve periodo Carl Schmitt), molti altri presero infatti le distanze da esso, ritirandosi a vita privata (Ernst von Salomon, Gottfried Benn, Ernst Jünger) o divenendone oppositori (Thomas Mann, Edgar Julius Jung). In Italia, Julius Evola, teorico del cosiddetto tradizionalismo integrale oltre che di un razzismo spirituale, fu fortemente influenzato dalla Konservative Revolution.
Il movimento nasce da un senso di rifiuto del regime politico liberal-democratico e borghese creatosi in Germania in seguito alla sconfitta nella Grande Guerra ed alla caduta del kaiserismo. In esso si esprimono una critica sferzante al parlamentarismo e alla democrazia, definiti "la tirannia del denaro", nonché la nostalgia per i valori tradizionali della vecchia Germania. In esso si possono ravvisare tre tendenze:
prussianesimo: esso prendeva a modello la Germania guglielmina e la Prussia federiciana che ne era alle origini, i cui eredi erano gli Junker;
Alain de Benoist, Moeller van den Bruck o la rivoluzione conservatrice, Lo Rocca di Erec, 2005.
Henning Eichberg: Il non senso della rivoluzione conservatrice. Storia delle idee, nazionalismo e habitus', in: Trasgressioni, 12, 1997, 23: 3-37.
Ernst Nolte, La rivoluzione conservatrice, a cura di Luigi Iannone, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2009.
Orazio Maria Gnerre, Materiali. Reinterpretare la Rivoluzione conservatrice, Editoriale Scientifica, Napoli 2021.
Luigi Iannone, Junger e Schmitt. Dialogo sulla modernità, Armando editore, Roma, 2009.
Adriano Romualdi, Correnti politiche e ideologiche della destra tedesca dal 1918 al 1932, L'Italiano, 1989; Settimo Sigillo, Roma, 2013, ISBN 978-88-614-8109-1.
G.S. Azzarà, Pensare la rivoluzione conservatrice. Critica della democrazia e «Grande politica» nella Repubblica di Weimar, La città del sole, 2000, ISBN 978-88-829-2051-7.
G.A. Balistreri, Filosofia della Konservative Revolution: Arthur Moeller van den Bruck, Lampi di Stampa, 2004, ISBN 978-88-488-0267-3.
Marcello Veneziani, La rivoluzione conservatrice in Italia. Dalla nascita dell'ideologia italiana alla fine del berlusconismo, Sugarco, 2012 (I ediz., 1994), ISBN 978-88-719-8631-9.
(FR) Hans Thomas Hakl, Julius Evola et la « révolution conservatrice » allemande, Deux Etendards, 2002. (sotto lo pseudonimo di H.T. Hansen)