Nel 1931 fondò la rivista L'Universale, che incontrò un rapido successo. Interessato lettore del quindicinale, Mussolini fece sapere a Berto Ricci, tramite l'Ufficio Stampa coordinato da Galeazzo Ciano, che avrebbe voluto che collaborassero ad Il Popolo d'Italia,[7] in cui scrissero in una rubrica denominata "Bazar"[8]. Furono poi, nell'estate del 1934, invitati dal Duce a Palazzo Venezia.[9] Mussolini intervistò i singoli componenti e domandò delucidazioni a Berto Ricci sulla sua critica anti-idealista e sul suo passato anarchismo[10]. Le posizioni quasi "di sinistra" de L'Universale vennero in compenso criticate da Roberto Farinacci, che vi vide un attentato al diritto di proprietà e accusò Ricci di "bolscevismo"[11]. L'ultimo numero de L'Universale uscì il 25 agosto 1935 con la giustificazione che allo scoppio della guerra d'Etiopia - nella quale Ricci combatterà come volontario - "non è più tempo di carta stampata".[12]
Nel 1940 partecipò al primo convegno nazionale della Scuola di mistica fascista sostenendo che "la mistica fascista ripropone al Partito, alla Milizia, agli Organi dello Stato, agli Istituti del Regime, di continuo il tema della unità sociale, dinamica unità che non si limita all'assistenza economica e al miglioramento delle condizioni di chi lavora, insomma a una pratica demofila, ma punta sulla civiltà del lavoro, tende a realizzare una più elevata moralità e insieme un maggior rendimento collettivo (governo della produzione e del consumo, graduale ridistribuzione della ricchezza, bonifica e autarchia, il produttore compartecipe e corresponsabile dell'azienda, il lavoratore proprietario) e per questo, come ogni mistica chiamata a operare in concreto sulla storia e ad ergervi fondazioni durevoli, soddisfa anche requisiti razionali”.[13]
Ricci partì volontario per la Seconda guerra mondiale. Partendo da Napoli confidò a Indro Montanelli, che gli confessava il proprio disincanto verso il fascismo: "Nella vita si può smettere di credere una volta. E io l’ho già fatto ripudiando la mia militanza anarchica. Non posso rifarlo: diventerebbe un mestiere".[14] Nel gennaio 1941 scrisse ai genitori: “Ai due ragazzi penso sempre con orgoglio ed entusiasmo. Siamo qui anche per loro, perché questi piccini vivano in un mondo meno ladro; e perché la sia finita con gl'inglesi e coi loro degni fratelli d'oltremare, ma anche con qualche inglese d'Italia”.[15] Verso le 9 di mattina del 2 febbraio 1941, il suo plotone fu attaccato vicino a Bir Gandula, in Libia, da uno Spitfire inglese, che lo falciò di netto.[16] Ricevette nel 1950 la medaglia di bronzo al valore militare ed alla memoria.[17] Oggi è sepolto nel Sacrario dei caduti d'oltremare di Bari con il nome di "Roberto Ricci".
Berto Ricci non navigò mai particolarmente nell'oro, tanto che in molti - l'aneddoto verrà narrato più volte da Indro Montanelli - hanno ricordato l'episodio del "banchetto" nuziale composto unicamente di sette cappuccini offerti da Ricci ai pochi convenuti[18][19].
«Detestato da molti Federali, sospettato di sovversivismo dai Ministri che parlavano di andare verso il popolo, il Ricci fu sempre letto e, entro certi limiti, protetto da Mussolini al quale doveva apparire la personificazione del tipo d'uomo che il fascismo avrebbe dovuto creare per adempiere davvero le proprie speranze.»
«Crediamo nell'assoluto politico, che è l'impero: aborriamo chi lo nomina invano»
(Berto Ricci, L'Universale, Anno 1, n. 1, 3 gennaio 1931)
Di formazione anarchica, Ricci propose sempre una sua versione del fascismo a forte impronta sociale e intransigente nei confronti della borghesia (intesa come categoria dello spirito e non come classe socio-economica).[21] Si fece sostenitore di «una modernità italiana 'da venire', condizione primissima della potenza nostra nazionale» e affermatore «d'una tradizione nostra civile, arricchita di millenaria cristianità ma sostanzialmente e robustamente pagana».[22] Il suo interesse per il sociale e per la rivoluzione anti-borghese fece sì che Ricci non avesse remore ad affermare di guardare di buon occhio o, comunque, in modo non aprioristicamente negativo il mondo bolscevico: «la Russia con la rivoluzione dei comunisti ha fatto bene a se stessa [...] L'Anti-Roma c'è ma non è Mosca. Contro Roma, città dell'anima, sta Chicago, capitale del maiale. La lotta è dunque tra noi e loro, tra loro che sono bestie progredite e noi che siamo civilissimi uomini primitivi. Ecco perchè l'America ci invade e ci avvelena con la sua civiltà senza sale. Sulla via del primato c'è John Bull e Uncle Sam e Cesare dovrà levarseli dai piedi».[23] Inoltre, sebbene sia stato tacciato di antisemitismo da parte del mondo ebraico italiano[24] è visto dagli storici come esempio di quel filone fascista che si oppose alla penetrazione in Italia del razzismo e dell'antisemitismo nazionalsocialista.[25][26]
Anche negli "anni del consenso" non si stancò di invocare una "rivoluzione perpetua" che combattesse quanti, di mentalità sostanzialmente a-fascista o addirittura antifascista, avevano trovato posto nel regime portandovi, secondo Ricci, una mentalità borghese estranea allo spirito della Rivoluzione fascista. Ovvero, per lo scrittore fiorentino, si trattava di accompagnare la lotta agli "inglesi di dentro" a quella puntata contro "gli inglesi di fuori".[15][27]
Questa visione marcatamente sociale e votata a continuare la rivoluzione anche all'interno del regime è ben visibile in articoli come questo:
«Differenze. Finché il controllore ferroviario avrà un tono coi viaggiatori di prima classe, e un altro tono, leggermente diverso, con quelli di terza; finché l'usciere ministeriale si lascerà impressionare dal tipo “commendatore” e passerà di corsa sotto il naso del tipo a “povero diavolo”, magari dicendo torno subito; finché l'agente municipale sarà cortesissimo e indulgentissimo con l'auto privata, un po’ meno col taxi e quasi punto con quella marmaglia come noi, che osa ancora andare coi suoi piedi; finché il garbo nel chiedere i documenti sarà inversamente proporzionale alla miseria del vestiario; eccetera eccetera eccetera; finché insomma in Italia ci sarà del classismo, anche se fatto di sfumature spesso insensibili agli stessi interessati per lungo allenamento di generazioni; e finché il principal criterio nello stabilire la gerarchia sociale degli individui sarà il denaro o l'apparenza del denaro, secondo l'uso delle società nate dalla rivoluzione borghese, delle società mercantili, apolitiche ed antiguerriere; potremo dire e ripetere che c’è molto da fare per il Fascismo. Il che poi non è male. Non è male, a patto che lo si sappia bene»
Filosoficamente, si mise in contrasto con Giovanni Gentile pubblicando il 10 gennaio 1933 (assieme a Romano Bilenchi, Gioacchino Contri, Ottone Rosai)[29], in contrapposizione all'idealismo del filosofo siciliano, un “Manifesto Realista” che suscitò l'interesse di Julius Evola, anch'egli impegnato negli stessi anni in una battaglia filosofica anti-idealista.[30]
Opere
Opere dell'autore
Berto Ricci, Poesie, 1930, Ed. Vallecchi.
Berto Ricci, Lo scrittore italiano, (ripubblicato per Ciarrapico editore, 1986, con prefazione di Indro Montanelli), 1931.
Berto Ricci, Errori del nazionalismo italiano, Firenze, Edizioni fiorentine, 1931.
Berto Ricci, Corona Ferrea, 1933.
Berto Ricci, Tempo di sintesi, (perduto in guerra)[31], 1940.
Berto Ricci, Lettere alla moglie dalla campagna d'Etiopia, a cura di Claudio Mariotti, Modena, Mucchi, 2023.
Opere in collaborazione
AA. VV., Il Rosai, 1930, L'Economica Firenze.
O. Goldsmith, Il vicario di Wakefield, (traduzione dell'opera), 1931, Ed. Vallecchi.
Francesco Petrarca, Il meglio del Petrarca, (commento all'opera), 1931, Ed. Vallecchi.
AA. VV., Processo alla borghesia, 1939, Ed. Roma.
Antologie
AA. VV., Avvisi, 1943, Ed. Vallecchi.Palazzo dei Congressi
Diano Brocchi, Antologia de "L'Universale", 1961, Casa editrice Giardini Pisa.
Diano Brocchi, Prose e Ritmi, 1967, Giovanni Volpe Editore.
Diano Brocchi, L'Universale, 1969, Ediz. del Borghese.
Diano Brocchi, L'Universale. Contributi per un'atmosfera, 2019, Oaks editrice.
Berto Ricci, La rivoluzione fascista. Antologia di scritti politici, 1996, Società editrice Barbarossa.
Berto Ricci, La rivoluzione fascista, 2014², AGA Editrice.
Mario De Fazio, Stoccate, 2021, Passaggio al Bosco.
^Le sensazioni destate dall'incontro vennero riportate nel giornale in un articolo intitolato "Il Duce" nel luglio 1934. Vedi L'Universale, a cura di Diano Brocchi, cit., pagg. 71-72. Vengono anche ricordate da Diano Brocchi nella presentazione del libro: ibidem, pagg. 14-15.
^ Giovanni Ansaldo e Marcello Staglieno, Dizionario degli italiani illustri e meschini, Milano, Longanesi, 1980.
^Si veda al riguardo il capitolo Categoria spirituale e categoria sociale in La rivoluzione fascista, AGA Editrice, 2014², pagg. 91-101.
^L'Universale, Anno II, n. 8-9, agosto-settembre 1932, citato in La rivoluzione fascista, AGA Editrice, 2014², pagg. 63-64.
^ Nicola Tranfaglia, Berto fascista universale, in Corriere della Sera, 2 settembre 1984. URL consultato il 4 agosto 2014.. Tratto da "Roba da chiodi" in "Il Selvaggio", 15 dicembre 1927, 23, p. 3. Cfr. anche l'Avviso su "L'Universale", anno IV, n. 8, 25 aprile 1934 XII: Mosca rossa può farci riflettere e farsi odiare, i suoi plagiari mediterranei possono tutt'al più farci sorridere e farsi compatire, in La rivoluzione fascista, AGA Editrice, 2014², pag. 80 e l'articolo Del 'più' e del 'meno' in "Critica fascista", n. 15, 1º giugno 1937: Il problema non è o è solo secondariamente quello di abbattere il bolscevismo, ma è in primissima linea quello di abbattere un mondo, una struttura economica e morale che ha reso il bolscevismo possibile e inevitabile. [...] La lotta è per la Rivoluzione mondiale [...] Roma e Mosca solo se ne contendono il comando, in La rivoluzione fascista, AGA Editrice, 2014², pagg. 122-23.
^Gianni Rossi, La destra e gli ebrei: una storia italiana, Rubbettino Editore, 2003, pag. 43.
^Vedi anche la lettera del 3 aprile 1938 inviata agli ex-collaboratori de "L'Universale" in La rivoluzione fascista, AGA Editrice, 2014², pagg. 169-87, in particolare: "Il Nazionalismo [...] o si risolve in Universalismo o si decompone in Razzismo. [...] Rispetto e simpatia per la nazione tedesca e per la rivoluzione nazionalsocialista; avversione assoluta all'ideologia razzista e specialmente a qualunque sua introduzione in Italia" (pag. 182). Vedi anche pag. 162: "Uno dei punti sui quali ci dobbiamo impegnare è la lotta al razzismo perché, in una visione universale del fascismo, l'ascaro fedele è uguale a noi, è nostro fratello. [...] In una visione imperiale la discriminazione razziale non è concepibile.