Beniamino era il secondo figlio di Renato II, visconte di Rohan (1550 – 1586), e di Caterina di Parthenay (1554 – 1631), figlia ed erede del generale ugonotto Jean de l'Archévêque, signore di Soubise. Fu pari di Francia.
Combatté sotto Maurizio d'Orange nella campagna di Olanda e si unì al Principe di Condé, contro Maria de' Medici. Durante le guerre di religione, che ripresero nel 1621 sotto il regno di Luigi XIII, guidò le truppe ugonotte nelle province del Poitou, della Bretagna e dell'Angiò con avvedutezza e dimostrò particolare valore nella difesa di Saint-Jean-d'Angély, ma dovette indietreggiare nel 1622 fino a La Rochelle a causa della superiorità nemica.
All'inizio del 1625 si impossessò delle Isole di Ré e di Oléron e nel porto sul Blavet, sulla costa bretone, di una flotta reale consistente in 15 navi, ma la sua spedizione nel Médoc fu un fallimento. Il 15 settembre 1625 fu sconfitto in una battaglia navale al largo de La Rochelle dall'ammiraglio del re Enrico II di Montmorency, che gli strappò anche il possesso dell'isola di Oléron.
Rohan-Soubise intraprese un secondo viaggio in Inghilterra, dove convinse il re Carlo I ad inviare tre flotte, una dietro l'altra, in soccorso della città assediata di La Rochelle, tuttavia questo baluardo ugonotto cadde nell'autunno del 1628.
Sebbene incluso nell'atto di grazia di Alès del 27 giugno 1629,[1] il Soubise preferì rimanere in Inghilterra per promuovere di là il sostegno agli ugonotti francesi, ove morì senza aver avuto figli. I suoi beni ed il titolo furono ereditati da uno dei suoi parenti in linea collaterale, Francesco di Rohan (1630–1712), il cui discendente più famoso fu Carlo di Rohan-Soubise (1715–1787), Pari e Maresciallo di Francia.
^Dopo la resa di La Rochelle, il Richelieu volse le sue attenzioni alla ribellione in Linguadoca, in cui anche il Rohan-Soubise era implicato, avendo assistito il fratello Enrico II di Rohan, capo dei rivoltosi, ed in breve tempo la domò. Ad Alés il re Luigi XIII, dietro suggerimento del Richelieu, firmava un “atto di grazia” con il quale a tutti ribelli veniva appunto concessa la grazia.