Aïcha Goblet

Félix Vallotton, Aïcha, 1922, Amburgo, Kunsthalle

Aïcha Goblet, pseudonimo di Madeleine Julie Gobelet (Renescure, 28 febbraio 1894Parigi, 27 giugno 1972), è stata una modella, attrice teatrale e danzatrice francese, molto nota nella Parigi degli anni folli.

Biografia

Primi anni

Madeleine Julie Gobelet nacque a Renescure, nel Nord, nel 1894, gemella di suo fratello Henri, che era nato qualche ora prima di lei. Essi erano i figli di Jules Améry Gobelet, morto in Brasile il primo settembre del 1893, e di Marthe Joseph Calin, sua vedova, un'operaia tornata dal Brasile un mese prima di partorire. I Gobelet, entrambi originari di Renescure, erano rispettivamente un domestico e una lavoratrice giornaliera quando si erano sposati, nel 1880. Oltre ai gemelli, la coppia aveva avuto un figlio, Jules Charles, nato due mesi dopo il loro matrimonio, e altre due figlie, Marie Antoinette e Marie Julienne, nate nel 1885 e nel 1887 a Clairmarais, nel Passo di Calais.

Nel 1911, Madeleine si trasferì con sua madre e sua sorella maggiore a Nœux-les-Mines. In seguito, molte notizie false o difficilmente verificabili sulla sua giovinezza circolarono sulla stampa: pertanto, si raccontava (o lei stessa lo raccontò) che ella nacque ad Hazebrouck[1] o a Roubaix,[2] che i suoi genitori ebbero dieci figli,[3] oppure che lei aveva cominciato a lavorare come cavallerizza in un circo all'età di sei anni.[4] Per quanto riguardava le sue origini, spesso si diceva che sua madre fosse fiamminga, e talvolta che suo padre fosse sudamericano,[5] argentino[6] o martinicano.[7][8] Nel 1950, nel suo libro Montparnasse, André Salmon ipotizzava che suo padre fosse un artista in un circo ambulante.[9] Aïcha diceva di essere l'unica donna nera della sua famiglia[1] e disse che suo fratello gemello era "biondo come il grano".[10]

Carriera

Aïcha Goblet raccontò più versioni degli inizi della sua carriera, nel 1911: secondo una versione, sarebbe stata notata per strada dal pittore Jules Pascin che poi avrebbe incontrato al café de l'Ogive, a Parigi;[10] oppure, mentre stava lavorando a un circo di Clamart, due uomini le si sarebbero avvicinati per proporle di diventare una modella, lei avrebbe accettato di andare al café du Dôme e lì avrebbe incontrato Pascin. In questo periodo ella posò solo per questo pittore, ma non posò mai nuda per lui.

Dopo un anno, Aïcha smise di posare per Pascin, ma gli rimase vicina fino alla sua morte, nel 1930. Si rese indipendente dalla sua tutela e, con il nome di Aïcha, divenne un'icona del quartiere di Montparnasse,[11] allora dominato dalla grande figura di Alice Ernestine Prin, detta "Kiki". Altri grandi artisti la presero come modella, come Félix Vallotton, Man Ray, Henri Matisse o Moïse Kisling.[8][12] Aïcha appariva più spesso mentre indossava un turbante dai colori scintillanti. Ella organizzava anche vari dibattiti e varie riunioni,[13] come il "dîner Aïcha" a La Coupole.[14]

Nel 1920, ispirò lo scrittore di romanzi André Salmon per la protagonista del suo romanzo La Négresse du Sacré-Cœur.[15][16] Nello stesso anno, ella cominciò a lavorare sia come attrice che come danzatrice degli spettacoli di varietà.[17] In particolare, interpretò vari ruoli in alcune delle opere teatrali messe in scena da Gaston Baty, assieme al comico nero Habib Benglia, del quale divenne amica: Le Simoun (1920), Haya (1922), À l'ombre du mal (1924) di Henri-René Lenormand. Nel 1925, nell'opera teatrale La Cavalière Elsa di Paul Demasy, tratta dal romanzo di Pierre Mac Orlan, Aïcha Goblet recitò a petto nudo:[18] allora la nudità non era ancora accettata sul palco, soprattutto se si trattava di artiste bianche.[15] Secondo la storica Sylvie Chalaye, i critici dell'epoca la lodarono solo per la "[sua] figura e la [sua] nudità".[17] Come per Habib Benglia, era il suo aspetto, piuttosto che la sua recitazione, a interessare la stampa e il pubblico. Nel 1928, recitò nuovamente svestita in Départs di Simon Gantillon, il che suscitò dei commenti ambigui: se è pur vero che per molti ella meritava gli applausi, come gli altri comprimari dell'opera, la si presentava come "una mulatta la cui frenesia è pari alla mancanza di pudore"[19] o che "mostra il suo seno con una soddisfazione evidente".[20]

Nel 1926, Aïcha Goblet abitava all'11 bis di rue Jules-Chaplain. Divenne la compagnia e la modella del pittore Samuel' Hranovs'kyj.[21]

A cavallo degli anni 1930, quando la sua carriera da modella terminò, ella continuò a frequentare i caffè di Montparnasse e a raccontare i suoi ricordi ad alcuni giornalisti, come Henri Broca o Emmanuel Bourcier.[3][4][5][22][23] André Salmon la mise in contatto con il direttore di una rivista alla quale portò un riassunto delle sue memorie.[9] Salmon racconta: "Finita la lettura, Aïcha venne invitata cortesemente a passare nello studio attiguo all'ufficio letterario, con il fine preciso di spogliarsi di ogni vestito e posare dinnanzi all'obiettivo con la stessa semplicità come nello studio, sulla pedana da modella. Il risultato furono due scatti affascinanti."[9] Quel che emerse da questa intervista fu un articolo breve, illustrato da tre fotografie di nudo, pubblicato su Mon Paris.[24]

Nel 1935, Aïcha Goblet recitò per l'ultima volta in un'opera teatrale, Hôtel des masques di Albert-Jean. Lasciò il quartiere di Montparnasse per recarsi a Montmartre,[25] e non si parlò più di lei.

Aïcha Goblet morì nel 1972, nella sua casa parigina al numero 100 di rue Lamarck.[26]

Eredità

Secondo Michel Fabre, malgrado l'oblio nel quale era finita, Aïcha Goblet, assieme ad altre artiste nere come Lucy (Julie Luce) o D'al-Al (Simone Luce), ha aperto la strada a Joséphine Baker.[7]

Nel 2018, la villa Le Fleur, un museo privato polacco, espose dei ritratti di Aïcha Goblet durante una mostra intitolata Kobiety Montparnassu ("Le donne di Montparnasse").[13] L'anno seguente, molte opere che la ritraevano vennero esposte alla mostra Le Modèle noir, de Géricault à Matisse al museo d'Orsay.[27]

Lista (non esaustiva) di opere per le quali fece da modella

Dipinti e disegni

Edgar Chahine, Ritratto di Aïcha, 1920 circa, Parigi, museo armeno di Francia

Fotografie

  • Man Ray, Le Modèle Aïcha, 1922, collezione privata
  • Marc Vaux, Portrait d'Aïcha, 19??, Parigi, Centro Pompidou-MNAM/CCI-Biblioteca Kandinskij, fondo Marc Vaux, inv. MV2551[36]
  • Marc Vaux, Portrait d'Aïcha, modèle de Montparnasse, 19??, Paris, Centre Pompidou-MNAM/CCI-Biblioteca Kandinskij, inv. CRE 8.44

Sculture

Teatro

Note

  1. ^ a b Goblet 1936, p. 7.
  2. ^ (FR) Au pays du café crème, in L'Intransigeant, 22 aprile 1935, p. 5. URL consultato il 7 novembre 2024.
  3. ^ a b (FR) Henri Broca, La princesse Aïcha et le mage Pascin, in Paris Montparnasse, 15 agosto 1929, pp. 17-20. URL consultato il 7 novembre 2024.
  4. ^ a b (FR) Henri Broca, Aïcha, modèle préféré de Pascin, évoque quelques souvenirs..., in L'Intransigeant, 5 settembre 1933, p. 6. URL consultato il 7 novembre 2024.
  5. ^ a b Bourcier 1931, p. 2.
  6. ^ (FR) Emmanuel Bourcier, Système D. VI Chez les modèles de Montparnasse, in L'Intransigeant, 20 dicembre 1933, pp. 1-2. URL consultato il 7 novembre 2024.
  7. ^ a b (EN) Michel Fabre | S&F Online | Josephine Baker: A Century in the Spotlight, su sfonline.barnard.edu. URL consultato il 7 novembre 2024.
  8. ^ a b Jiminez 2013, p. 233.
  9. ^ a b c Salmon 1950, pp. 223-224.
  10. ^ a b (FR) X. de Hautecloque, L'idole sombre ressuscite les morts, in Le Petit Journal, 28 dicembre 1929, pp. 1, 5. URL consultato il 7 novembre 2024.
  11. ^ (FR) Henri Broca, T'en fais pas, viens à Montparnasse ! : enquête sur le Montparnasse actuel, 1928, p. 15. URL consultato il 7 novembre 2024.
  12. ^ (FR) Les artistes et la figure noire au musée d'Orsay : six modèles et leurs peintres, su Franceinfo, 2 aprile 2019. URL consultato il 7 novembre 2024.
  13. ^ a b (FR) VILLA LA FLEUR - L’art de l’école de Paris, su lepetitjournal.com. URL consultato il 7 novembre 2024.
  14. ^ (FR) Le dîner Aïcha, in Paris Montparnasse, 15 settembre 1929, p. 26. URL consultato il 7 novembre 2024.
  15. ^ a b (FR) De la Vénus hottentote à Joséphine Baker, voyage dans l’« éroticolonialisme », su Le Nouvel Obs, 28 novembre 2021. URL consultato il 7 novembre 2024.
  16. ^ (FR) André Salmon, La négresse du Sacré-Coeur, Paris, Nouvelle revue française, 1920. URL consultato il 7 novembre 2024.
  17. ^ a b (FR) Sylvie Chalaye, Race et Théâtre : Un impensé politique, Actes Sud Théâtre, 2020.
  18. ^ a b Goblet 1936, p. 9.
  19. ^ (FR) William Speth, La Revue mondiale, 15 dicembre 1928, p. 517. URL consultato il 7 novembre 2024.
  20. ^ (FR) Étienne Rey, Comœdia, 28 novembre 1928, pp. 1-2. URL consultato il 7 novembre 2024.
  21. ^ (FR) Gisèle Pineau, Ady, soleil noir, Philippe Rey, 2021.
  22. ^ (FR) Georges Omer, Femmes de Montparnasse. Aïcha la mûlatresse, modèle favori de tous les grands peintres, in Paris-midi, 8 agosto 1929, p. 2. URL consultato il 7 novembre 2024.
  23. ^ (FR) Jean Amoretti, De Montmartre à Montparnasse. Les modèles sont pour le genre « pompier », in L'Œuvre, 13 febbraio 1930, pp. 1-2. URL consultato il 7 novembre 2024.
  24. ^ Goblet 1936, pp. 7-9.
  25. ^ (FR) Marius Richard, Mais où sont les Montparnos d'antan ?, in Paris-soir, 6 gennaio 1942, p. 2. URL consultato il 7 novembre 2024.
  26. ^ (FR) Certificato di morte, n. 1571, 27 giugno 1972, su archives.paris.fr. URL consultato il 7 novembre 2024.
  27. ^ a b c d (FRENES) Le Modèle noir de Géricault à Matisse, dossier de presse de l'exposition (PDF), su epmo-musees.fr, musée d'Orsay, 2019, p. 59.
  28. ^ (EN) Portrait d'Aïcha, su www.artnet.fr. URL consultato il 7 novembre 2024.
  29. ^ (FR) Edgar CHAHINE (1874-1947) - Lot 33, su Oger - Blanchet. URL consultato il 7 novembre 2024.
  30. ^ (FR) Sylvie Buisson e Dominique Buisson, Léonard Tsuguharu Foujita, www.acr-edition.com, 2001, p. 580, ISBN 978-2-86770-149-8. URL consultato il 7 novembre 2024.
  31. ^ (EN) Aicha, su www.artnet.com. URL consultato il 7 novembre 2024.
  32. ^ (FR) Beaussant Lefèvre & Associés, Tsuguharu Léonard FOUJITA (1886-1968) - Lot 25, su Beaussant Lefèvre & Associés. URL consultato il 7 novembre 2024.
  33. ^ (FR) Edgar Chahine (1874-1947) - Collection Peintures – Pastels, su Musée Arménien de France. URL consultato il 7 novembre 2024.
  34. ^ (FR) Nu (Aicha), 1925 - Samuel Granovsky (Ukrainien, 1882-1942), su AnticStore. URL consultato il 7 novembre 2024.
  35. ^ (EN) Aïcha allongée, su www.artnet.com. URL consultato il 7 novembre 2024.
  36. ^ (FR) Portrait d'Aïcha - Réunion des Musées Nationaux-Grand Palais, su www.photo.rmn.fr. URL consultato il 7 novembre 2024.
  37. ^ (FR) Haya, su Les Archives du Spectacle, 21 febbraio 1922. URL consultato il 7 novembre 2024.
  38. ^ (FR) La Cavalière Elsa, su Les Archives du Spectacle, 3 giugno 1925. URL consultato il 7 novembre 2024.

Bibliografia

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